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domenica 13 gennaio 2008

Particolarità dal mondo libertario U.S.A: I libertarians, né di destra né di sinistra.


I libertarians americani non sono né di destra né di sinistra o, meglio, li trovi all’estrema destra quando parlano di politica economica e all’estrema sinistra sui diritti civili. Antonio Martino e Marco Pannella in un’unica persona, anche se a differenza loro non avrebbero mandato un soldato né speso un soldo per la democrazia in Iraq. Sono liberisti come il premio Nobel Milton Friedman e dissacratori come Parker e Stone, i due creatori del cartone animato politicamente scorretto “South Park” e del film “Team America”. Criticano i repubblicani, snobbano i democratici e più di ogni altri detestano i neoconservatori. Probabilmente sono l’altra faccia della medaglia ideologica dei neocon. Entrambi stanno a metà strada tra la destra e la sinistra, anche se nella carreggiata opposta. Gli uni vorrebbero ridurre al minimo lo Stato sociale, gli altri lo difendono. I libertari non sono interessati a esportare la libertà americana, i neocon ne hanno fatto un’ossessione.
Esiste un minuscolo partito libertario, ma non riesce mai a superare lo zero virgola. La voce dei libertari, però, è presente nel dibattito politico grazie ai documenti e alle analisi di un prestigioso think tank, il Cato Institute. Ma anche con gli articoli di un’arrembante rivista mensile – Reason – che secondo qualche conservatore minaccia la “Right Nation” molto più di quanto non facciano i più brillanti liberal di sinistra. Ora i libertarians dispongono anche di una voce sul New York Times, quella dell’editorialista John Tierney, che scrive regolarmente sulle pagine delle opinioni del giornale della 43 esima strada.
E’ difficile riconoscere un libertarian, proprio perché sfugge ai più consueti luoghi comuni e a ogni pregiudizio politico. Il presidente nonché fondatore del Cato, Ed Crane, e il direttore di Reason, Nick Gillespie, non potrebbero essere più diversi di come appaiono. L’uno sembra un businessman milionario, l’altro un artista alternativo. Il Cato Institute ha 105 dipendenti, un budget di 17 milioni di dollari annui, 60 mila sottoscrittori e un palazzotto con facciata di vetro al numero 1000 di Massachussetts Avenue. Reason vende 45 mila copie e il suo direttore vive e lavora in un monocale da studente fuori corso, a pochi isolati dal Cato. Gillespie è una via di mezzo tra l’attrice pacifista Jane Fonda e il banchiere liberista Alan Greenspan. Sostiene la legalizzazione delle droghe, il diritto dei gay a sposarsi e si batte perché lo Stato non metta becco sulla sfera individuale dei cittadini, qualunque essa sia. Questo è il suo lato sinistro. Sul lato destro, considera una iattura per la società ogni dollaro speso dallo Stato, anche per i più nobili motivi. “Free minds e free markets. Siamo menti libere e sosteniamo l’assoluta libertà del mercato”, dice Gillespie al Foglio.
Il fondatore del Cato, Ed Crane, spiega che “in America un libertario è colui che in Europa è definito un liberale classico, mentre i liberal sono coloro che vedono nel governo e nello Stato la soluzione di ogni problema. Eppure il significato tradizionale della parola ‘liberale’ è proprio quella della difesa dell’individuo e della sua libertà. Questa è la nostra filosfia, questa è la filosofia su cui sono stati fondati gli Stati Uniti. La sinistra – continua Crane – si preoccupa per le libertà civili ed è scettica sull’America come poliziotto del mondo, ma è anche contraria al capitalismo liberista. La destra invece è l’opposto: tende a restringere le libertà civili, tendenzialmente è favorevole a una politica estera interventista, ma sostiene politiche a favore del mercato. Noi siamo una combinazione tra le due cose. In realtà sosteniamo che la sinistra non difende i diritti civili come dovrebbe e che la destra non sostiene il sistema di libera impresa come dovrebbe”.Crane e Gillespie giudicano un grave errore l’intervento in Iraq e ancora peggio la gestione del conflitto e del dopoguerra, ma soprattutto non credono che sia dovere dell’America promuovere la democrazia in giro per il mondo perché “è già molto faticoso mantenere una società libera in casa, figuriamoci all’estero dove incontriamo culture di cui non sappiamo nulla”, dice Crane.
“Non c’è nessun democratico da sostenere.”
I libertari criticano Bush anche sul fronte interno, salvo la riduzione delle tasse che, comunque, vorrebbero ancora più consistente e, soprattutto, permanente. Gillespie dedica pagine su pagine della sua rivista a un dato che ha dell’incredibile dal punto di vista di un libertario, ma in realtà anche di un liberal e di un conservatore: “Bush è il presidente che ha ampliato l’intervento dello Stato più di ogni altro suo predecessore, più ancora di Lyndon Johnson che creò la “Great society”. Bush ha speso più soldi di tutti, anche senza considerare il budget militare. Il paradosso è che il presidente che ha tagliato di più non è un repubblicano, ma il democratico Bill Clinton”. Crane vorrebbe privatizzare la previdenza sociale, un progetto che negli ultimi mesi Bush ha portato avanti con scarso successo: “Noi sosteniamo questa cosa da 25 anni e, ora che finalmente è diventata argomento di dibattito politico, siamo esterrefatti dal disastro compiuto dall’Amministrazione. Nonostante i sondaggi svelino che la stragrande maggioranza degli americani è favorevole a una società di proprietari, Bush non è stato in grado di spiegare il suo progetto. E c’è ancora chi crede al mito secondo cui Karl Rove sarebbe un genio della politica. E’ un disatro”.
Le critiche ai repubblicani sono feroci. Alla fine gli unici nomi che vengono risparmiati sono un senatore del New Hampshire (John Sununu), un deputato dell’Indiana (Mike Pence) e un governatore della South Carolina (Mark Sanford). Sia Ed Crane sia Nick Gillespie non sopportano John McCain, il principale candidato repubblicano alle elezioni presidenziali del 2008, temutissimo dai liberal. Per entrambi McCain è il principale nemico, il peggior candidato per un libertario. Gli imputano la battaglia per limitare i finanziamenti alle campagne elettorali. Secondo Crane e Gillespie, la legge McCain-Feingold viola il Primo emendamento alla Costituzione, riducendo il diritto alla libertà di parola. Sul fronte dei democratici, i libertari non vedono alternative plausibili. Gillespie spende qualche buona parola per il senatore Russ Feingold, perché è stato l’unico senatore a opporsi al Patriot Act e uno dei pochissimi ad aver detto subito “no” all’intervento in Iraq, ma poi se ne pente e ricorda come Feingold sia il cofirmatario della legge di McCain che limita il diritto di parola: “Non abbiamo eroi, noi libertari”. Crane, sconsolato, conclude: “Non conosco nessun democratico che potrei sostenere alle prossime elezioni, così come non sosterrò nessuno degli attuali candidati repubblicani di prima fila”. I libertari americani cercano il Thomas Jefferson del futuro, ma non lo trovano.

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"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )