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sabato 12 gennaio 2008

Campania, immondizia e buoni affari. La discarica della politica


Sono preoccupati, eccome se sono preoccupati. Qui non siamo di fronte alle spallate tutte mediatiche di Berlusconi e ai suoi setto, otto, dieci… milioni di firme per far cadere il governo. Qui il problema è reale: si tratta di mantenere il potere in una Regione chiave come la Campania governata da più di dieci anni dal centro-sinistra che rischia di franare miseramente di fronte all'emergenza rifiuti. È preoccupato Prodi, non delle conseguenze sanitarie sulla popolazione campana, ma perché "tutto il mondo ci guarda e non voglio che l'Italia dia questa immagine negativa". È quindi una questione di immagine. È preoccupato anche Napolitano, che questa faccenda la conosce bene, non perché è nato a Napoli ma perché come ministro dell'Interno firmò l'ordinanza del 31 marzo 1998 che segnò l'inizio della soluzione dell'emergenza rifiuti che ha spianato la strada al disastro di questi giorni. Sulla base di quell'ordinanza la soluzione, escogitata dall'allora ministro dell'ambiente Ronchi, un verde ex demoproletario successivamente transitato fra i DS e ora fra i PD, in collaborazione con il potere locale rappresentato dall'ex-missino Rastrelli, allora presidente della Regione, prevedeva il lancio della raccolta differenziata, la produzione di CDR (combustibile derivato dai rifiuti) e la costruzione di inceneritori dove bruciare quelle che furono definite "ecoballe". Ronchi cercò di applicare quello che stabiliva il suo "Decreto" sui rifiuti, cioè il ciclo integrato che iniziava con la raccolta differenziata e finiva con l'incenerimento. Il piano dei rifiuti campano venne messo in pratica dall'amministrazione di sinistra e in particolar modo dal governatore Bassolino. Forse non casualmente la società vincitrice dell'appalto fu la Impregilo, allora controllata dai fratelli Romiti, che coltivava ottimi rapporti con la sinistra ulivista. La Impregilo, utilizzando tecnologia tedesca e grazie ad una offerta al ribasso, si assicurò la costruzione degli impianti per il CDR e dei due inceneritori previsti. Nel giro di pochi anni furono costruiti ben sette impianti per la produzione delle ecoballe-CDR. La soluzione impiantistica non andava però di pari passo con lo sviluppo delle raccolte differenziate, che a Napoli come in gran parte della Campania rimanevano su percentuali prossime allo zero. D'altra parte a chi gestisce l'affare rifiuti in Campania (una commistione fra potere politico bipartisan, come usa dire oggi, potere industriale di provenienza "nordista" e potere mafioso, l'unico ben radicato sul territorio) la raccolta differenziata interessava ben poco.
Oggi sappiamo, sulla base della ricostruzione fatta dai giudici napoletani che hanno rinviato a giudizio 28 fra politici, come l'attuale presidente della Regione, il PD Bassolino, imprenditori, come Cesare Romiti, e tecnici, le ecoballe prodotte in quantità enorme (si parla di 5 milioni di ecoballe per un peso complessivo di circa 6,5 milioni di tonnellate) non sono in grado di essere incenerite poiché la loro composizione è fuori legge. Come è possibile che nessuno si sia accorto che le ecoballe erano fuori norma? Semplicemente perché nessuno controllava e lo stoccaggio delle ecoballe è un enorme affare per chi gestisce la filiera del trasporto e della messa in discarica "temporanea" di questa spazzatura, appena un poco alleggerita della parte umida negli stabilimenti che la Impregilo gestiva in giro per la regione. Oggi costa più conferire le ecoballe in discarica che inviarle all'incenerimento in Germania. Naturalmente è facile intuire perché nessuno, a cominciare da Bassolino, controllava la qualità delle ecoballe: chi è quel politicante che ha interesse a mettersi contro la mafia? Sembra che di fronte ai giudici, Bassolino si sia giustificato dicendo che non aveva letto con attenzione i contratti che aveva firmato con Cesare Romiti…
Con il tempo si sono così esaurite tutte le discariche, anche quelle riaperte in via eccezionale dai vari commissari che dopo i quattro anni di commissariato Bassolino si sono alternati a far finta di risolvere il problema. Le discariche sono esaurite ma lo Stato continua a pagare ai proprietari delle discariche per lo "stoccaggio provvisorio" fior di quattrini: 150 euro per tonnellata che bisogna aggiungersi ai 120 euro a tonnellata pagati a Impregilo. Aggiungete a queste cifre almeno 20 euro a tonnellata per il trasporto, considerate che queste cifre sono spesso inferiori di tre volte a quelle pagate realmente, e moltiplicate per i 6,5 milioni di tonnellate di ecoballe che attualmente si trovano in giro per la Campania e le regioni limitrofe e vi renderete conto dell'enormità dell'affare rifiuti e perché in 14 anni nessuno abbia avuto l'interesse a risolverlo.
Il risultato fallimentare della politica del commissariamento, iniziata nell'ormai lontano 1994, è stato solo quello di inasprire le popolazioni delle città che ciclicamente vedono cumuli di spazzatura formarsi sotto le loro case e quelle di tante località periferiche alle quali si impone di sopportare i disagi creati dal business dei rifiuti.
Comunque, adesso ci penserà Prodi. In un conato di orgoglio ha comunicato che lunedì 7 gennaio il governo prenderà in mano la questione e la risolverà, una volta per tutte. Prodi si avvarrà, fra l'altro della preziosa collaborazione di Pecoraro Scanio, ministro dell'ambiente, che da parte sua ha annunciato il varo di un piano urgente per la riduzione dei rifiuti prodotti e per la raccolta differenziata. C'è però da domandarsi dove erano questi due statisti quando il loro collega ministro dell'interno, Giuliano Amato, alla fine del consiglio dei ministri del 28 dicembre aveva assicurato che l'emergenza rifiuti sarebbe stata risolta nel giro di 11 mesi. Si erano forse distratti un attimo?
È evidente che Prodi farà nuovi danni. La soluzione non arriverà né da palazzo Chigi né da qualche altro palazzo della politica.
L'emergenza rifiuti in Campania viene utilizzata in tante località quale ammonimento verso popolazioni, comitati di cittadini e associazioni che si battono contro la proliferazione di inceneritori e discariche. Il messaggio è: "O accettate impianti inquinanti o finirete con i rifiuti per strada come in Campania". Questo ricatto è inaccettabile e poggia su di una vera e propria falsificazione della realtà, volutamente accentuata dai mezzi di informazione. In Campania come nelle altre regioni, non è la mancanza di costosissimi e nocivi inceneritori e di discariche ad impedire la soluzione del problema rifiuti, ma la colpevole assenza di qualsiasi politica di riduzione alla fonte, di riutilizzo, di riciclaggio, di serie e diffuse raccolte differenziate. Come sosteniamo da anni, c'è un solo modo per uscire dal problema rifiuti e quindi anche dal "tunnel della cosiddetta emergenza Campania": - Investire da subito in forme generalizzate di raccolte "porta a porta", a partire dalla frazione putrescibile; - Chiudere con le fallimentari gestioni dei commissari straordinari, costosissime e antidemocratiche; - Restituire - dovunque sia stato calpestato - il potere di programmazione e di gestione alle comunità e agli enti locali, attraverso un percorso di reale partecipazione che veda nelle popolazioni il momento centrale della decisione; - Chiudere da subito e totalmente - senza deroghe di sorta - con la truffa dei sussidi all'incenerimento (Cip 6 e Certificati Verdi ); - Far decollare davvero produzioni pulite, progetti estesi di riciclaggio e di compostaggio in grado, tra l' altro, di creare molti più posti di lavoro.
L'obiettivo, lo ripeteremo fino alla noia, è quello di "rifiuti zero". È di questi giorni la notizia che la città di Los Angeles, una metropoli di più di 3 milioni e mezzo di abitanti, ha raggiunto il 62% di raccolta differenziata, anzi per dirla all'inglese ha il 62% di "diversion" dalla discarica. "Se a Los Angeles si raggiunge il 62% di recupero di materiali – commentano gli estensori del bollettino Ambiente e futuro - francamente non riusciamo a capire perché non si possa guidare Napoli fuori dalla cosiddetta (impropriamente) "emergenza campana". O meglio si capisce: è proprio questa classe politica insieme al capitalismo assistito dell'industria sporca italiana (FIAT, gruppo Falk, Ansaldo, gruppo Marcegaglia, ecc.) ed espressione dell'affarismo rampante nostrano legato alle "multiutilities" (le ex municipalizzate di HERA, ACEA e compagnia) che incoraggia la "deregulation" dei rifiuti ed auspica "mille emergenze" come quelle di Napoli per "mettere a segno" gli inceneritori tentando cosi di mettere il "bavaglio" alle "buone pratiche" che tuttavia, numerosissime, si vanno diffondendo qui ed ora anche in Italia".

(Umanità Nova)

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