SITO ANARCOLIBERALE A CURA DI DOMENICO LETIZIA. Laboratorio per un Neo-Anarchismo Analitico che sia Liberoscambista, Volontarista, Possibilista e Panarchico con lo sguardo verso i valori del Liberalismo Classico, del Neo-mutualismo e dell'Agorismo. Un laboratorio che sperimenti forme di gestione solidali, di mercato dencentralizzato e di autogestione attraverso l'arma della non-violenza e lo sciopero fiscale, insomma: Disobbedienza Civile

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domenica 28 settembre 2008

Il ''Cretinismo Anarchico''


Un bellissimo ''pezzo'' dal Cretinismo Anarchico di Corvaglia:

Mi appresto, con insolita pazienza, e col pensiero rivolto a ciò che Berneri definiva il “cretinismo anarchico”, a spiegare che non esiste concezione libertaria che non contempli la libertà. Dato l’anarcocretinismo imperante, la cosa non è così scontata come potrebbe apparire.

Cominciamo dai miei sulfurei rende vouz col demonio capitalista. Intanto, vorrei cominciare con alcune precisazioni. Innanzitutto, scindiamo liberalismo da “capitalismo”. Le mie simpatie vanno al primo, non al secondo. Ulteriore messa a fuoco: a cosa mi riferisco quando parlo di “liberalismo”? Forse allo zarismo monopolistico e mediatico col quale abbiamo dimestichezza? Niente affatto. In buona compagnia di personaggi che ai preti dell’ordine radical-chic non dovrebbero dispiacere (Merlino, Chomsky, Goodman, Ward, ecc.), mi riferisco con questa etichetta allo spirito di autodeterminazione dell’individuo, alla lotta contro ogni totalità, ogni assolutismo, politico come religioso, all’ethos che ha sovvertito la staticità pre-moderna fondata sul dato immutabile, sulla gerarchia, sul privilegio per rivendicare autonomia e libera scelta. Insomma, a tutto ciò che funse da motore per le rivoluzioni liberali che hanno portato l’occidente nella modernità (e la cui mancanza ha lasciato parte del mondo al medioevo della teocrazia). Ovvio che un libertario non può considerarsi soddisfatto dalla libertà che abbiamo, però, se non si riconosce che la relazione fra il liberalismo e le istanze di cui i cosiddetti anarchici si fanno portavoce è una relazione incestuosa, tutta compiuta all’interno delle medesime mura domestiche, vuol dire che si appartiene ad un’altra famiglia.

In soldoni, se indice relativo di libertà è la scelta (di oggetti, stili di vita, di condotte sessuali, di sistemi economici, di riferimenti morali, di servizi, di organizzazioni sociali e così via), è chiaro che l’esistenza di un ente centrale e monopolistico di produzione di norme e/o di beni comporta una forte riduzione della libertà. Allora tutto ciò che va nella direzione opposta a questa è liberatorio, ergo “libertario”. Cosa va in direzione contraria al monopolio e all’assolutismo centralista? Il decentramento, il federalismo, il confronto, la libera sperimentazione. Ora, tutto ciò è possibile solo se la proposta alternativa non è un altro monopolio confezionato in un pacchetto “all inclusive”, tipo l’abolizione della proprietà e, faccio per dire, il lavoro a rotazione o l’abolizione del lavoro stesso. E’ vero che, se, utopisticamente, tutti gli abitanti del pianeta fossero concordi, quella sarebbe realmente una condizione “anarchica”, perché anarchismo, alla fine della fiera, è socialismo liberamente scelto; ma, oltre a prevedere un mutamento antropologico dell’uomo, questa concezione non ci spiega come si gestirebbe l’eventuale ribelle che decidesse di abbandonare la società anarchica e proponesse ad altri dodici congiurati di diffondere il vangelo della produzione e dello scambio. Una volta, un noto rivoluzionario di professione (di professione intellettuale, perché di mestiere fa il ragioniere) mi rispose citando la soluzione prospettata dal “magnifico Bakunin”: “cappio, veleno e coltello”. Insomma si è tutti liberi di scegliere quello che l’avanguardia anarchica ha scelto per voi
( Una nuova vita vi attende nelle colonie Extra-Mondo.) L’ occasione per ricominciare in un Eldorado di buone occasioni e avventure, un nuovo clima, divertimenti ricreativi…” recitava un cartello pubblicitario nel film "distopico" Blade Runner. Non sembri strano, però, perché ciò è tipico di ogni concezione “democratica”, cioè di quella che il massone Constant (quello di “impiccheremo l’ultimo re alle budella dell’ultimo prete”) definiva la “libertà degli antichi”, ossia quella della polis ateniese, poi ripresa dai giacobini, in cui le libertà non preesistono alla organizzazione sociale ma sono prodotte di questa, pertanto, chi si trova fuori dalle mura della polis è escluso dal godimento di questo diritto calante dall’alto.
Che fine ha fatto la libera sperimentazione con la quale ci si sciacquava la bocca negli “spazi occupati”? Fabbri e Gori? Berneri e Merlino? Proudhon e Goodman? Spooner e Tucker? A ballare il twist nei rispettivi sacelli, immagino. Perfino Malatesta non avrebbe apprezzato (si leggano i passi sulla libera sperimentazione) , ma è meglio non dirlo per non scatenare crisi d’identità in molti nichilisti di professione (sempre intellettuale, of course). Ecco perché, come altrove ho avuto modo di esprimere, concordo con Ibanez, che è un anarchico, mica un portavoce del ministro degli Interni, quando dice che quella anarchica, se male intesa, è una concezione totalitaria, perché idea “che non tollera altra da sé”. Nulla da stupirsi, quindi, se questi signori, nell’unica occasione fornitagli dalla storia di gestire qualcosa di più della propria camera, cioè durante la rivoluzione spagnola del ’36, hanno prodotto ben quattro ministri, vari tribunali che sarebbero stati apprezzati dagli anarco-capitalisti più conservatori e si siano distinti anche per la persecuzione degli omosessuali.

Vediamo, invece, un’altra situazione. In una condizione in cui gli uomini non si propongono in esibizioni intellettuali che distinguano libertà “civili”, da salvaguardare, e libertà “economiche”, da abolire sulla base di un moralismo tutt’altro che laico, è possibile immaginare vari gruppi umani che si organizzano in base alla convergenza di preferenze, “gruppi di affinità” ( per usare un’espressione in voga fra certi “compagni”), e si danno a modalità concordate di conduzione delle interazioni e delle proprie esistenze, sperimentando e riservandosi l’opzione di spingere per modificare gli equilibri sistemici di cui sono elementi, come di uscirne e entrarvi a piacimento. In questo caso ci troviamo in una condizione di libera sperimentazione, di confronto e concorrenza fra diverse opzioni. Insomma, in una situazione “liberale”, in cui non esiste una unica Verità, totale, grande, stabile e immutabile, bensì minuscole verità individuali e temporanee. Il primo caso ha gli stigmi della religione, il secondo, della laicità. Questa situazione non è democratica e, sempre secondo il Constant, ha a che vedere con la “libertà dei moderni”. E’ tenendo conto di tale differenza che un grande pensatore anarchico del passato, Rudolf Rocker, mica un ragazzino di un centro sociale, ha potuto pronunciare la famosa frase “molte strade portano alla dittatura dalla democrazia, nessuna dal liberalismo”. Tale quadro può essere definito Mercato, laddove quello precedente può essere definito Monopolio.
Ma abbracciare una concezione “liberale” significa contemplare l’aberrazione della proprietà privata, sbotterà qualcuno. Si. Come abbracciare la concezione di restare in vita contempla l’aberrazione del defecare. Per forza. L’unica alternativa ad un sistema centralizzato di allocazione delle risorse, che ripropone l’istanza centrale e totalitaria, è il libero gioco di interazioni, di reciproche scelte, l’autopoietico equilibrio di relazioni, pretese ed aspettative fra individui e fra comunità. Però c’è una bella differenza fra il fare una apologia del capitalismo e limitarsi a notare il fatto sotto gli occhi di tutti che può anche darsi capitalismo senza libertà, come nel Cile di Pinochet, ma mai libertà, per quanto relativa, senza il capitalismo. Che l’esistenza del mercato sia condizione tutt’altro che sufficiente, ma sicuramente necessaria, per la libertà è concetto espresso recentemente, per esempio, da un noto intellettuale anarchico, nonché docente universitario, senza che il “politburo” libertario gli revocasse la patente di anarchico (credo che gli abbiano solo tolto una decina di punti) , probabilmente per il prestigio di cui gode il professore. Del resto, lo stesso signore che ebbe a dire che “la proprietà è un furto”, cioè Proudhon – che non è certo un Carneade per gli anarchici -, affermò anche che questo furto era comunque “uno strumento di garanzia, di libertà, di giustizia, di ordine”. Cosa spetta, allora, ai libertari? Sfruttare e mantenere le potenzialità liberatorie e impedire quelle autoritarie implicite in ogni forzatura dell’esistente, in ogni atto di violenza, quale appunto la proprietà è. Come disse Goodman, fare in modo che le libertà passate non si tramutino nelle schiavitù di oggi.

Immaginiamo, ancora, che, nella condizione pluralistica descritta, un più o meno vasto gruppo di individui condivida l’idea di vivere fuori dalla logica dello scambio, in una condizione di socialismo liberamente scelta e sempre rivedibile. Bene, come si era detto, non è forse l’anarchismo il socialismo consensuale in assenza di autorità centrale? Dov’è, allora, la differenza con la situazione precedentemente considerata? Non ci sarebbe differenza nella situazione in cui l’opzione anarco-socialista fosse accolta da tutti. Enorme differenza nel più probabile caso in cui non tutti fossero entusiasti sostenitori del mutuo appoggio e della messa in comune del mondo. Nell’anarchismo “tradizionale”, a carattere religioso, non esiste spazio per opzioni appena meno libere della libertà totale, al punto da vietare la schiavitù liberamente scelta (extra ecclesiam nulla salus); nella società “liberale”, laica e “di mercato”, ognuno sceglie ciò che vuole. Basti pensare che nella società di mercato è possibile vivere senza mercato, mentre nella comunità anti-mercato è impossibile vivere producendo e scambiando per capire quale delle due opzioni sia la più “libertaria”. Lo scambio contiene il non scambio, ad esempio. Che il “più” contenga il “meno” dovrebbe essere acquisizione ovvia per chiunque abbia visto una matrioska. Molti gesuiti della “A cerchiata” non l’hanno mai vista. Il pluralismo è base della libertà. Il grande liberale Isaiah Berlin, autore della celeberrima distinzione fra “libertà di” (democratica) e “libertà da” (liberale), proponeva un parallelismo fra il monismo delle concezioni democratiche, inclusa quella pseudo-anarchica precedentemente considerata, e l’agorafobia, cioè fra la ricerca di una unità compatta, sicura e includente e la ricerca nevrotica di un luogo chiuso e rassicurante. Il pluralismo è figlio di una irrefrenabile claustrofobia.


Dalla rivista Tarantula

Blog del Movimento per l'Anagrafe degli Eletti: http://anagrafedeglieletti.blogspot.com/

venerdì 26 settembre 2008

Crisi economica e Statalismo selvaggio


Dopo il fallimento della Lehman Brothers, l'attenzione si è concentrata sul settore bancario, che a detta dei più sarebbe un mondo scarsamente e malamente regolato. Prodotti finanziari sempre più complessi rendono in effetti difficile l'individuazione di norme "universali" che siano in grado di risultare efficaci nel tempo, e le truffe ed i raggiri sono sempre dietro l'angolo.
Ma è lo Stato la soluzione? E soprattutto, è davvero così libero questo mercato finanziario, ossia, per usare le parole di Francesco Carbone, "un sistema i cui processi SONO fortemente INFLUENZATI, COMANDATI, MANIPOLATI, ALTERATI, DIRETTI da un pianificatore CENTRALE e monopolista del CREDITO e della MONETA in COLLUSIONE con un ristretto numero di ENTITA' FINANZIARIE e lo STATO?
La depressione economica sembra piuttosto il risultato di uno statalismo, questo si selvaggio, alle cui storture il mercato sta semplicemente ponendo rimedio; un rimedio doloroso, certo, ma pur sempre salutare.

Il sistema bancario a riserva frazionaria, scosso dal fragoroso crack dei giorni scorsi, dà quotidianamente luogo alla creazione dal nulla di depositi bancari cui non corrisponde alcun attivo reale, depositi bancari a vista che non sono cioè coperti da unità monetarie fisiche (ad esempio di oro) custodite nei forzieri della banca, e che vengono comunemente denominati “mezzi fiduciari”. E' questo il punto focale di tutte le depressioni economiche: la creazione ex novo di mezzi fiduciari aumenta l'offerta monetaria, spingendo gli imprenditori ad investire in progetti produttivi che sembrano convenienti perché il sistema bancario, per collocare sul mercato i mezzi fiduciari di nuova creazione, deve offrirli a condizioni più attrattive delle precedenti. Ma la riduzione dei tassi di interesse che ne consegue è del tutto artificiale: come ha brillantemente evidenziato Mises, la riduzione del tasso d'interesse indotta dall'espansione creditizia falsifica il calcolo economico eseguito dagli imprenditori. Tali investimenti sono destinati pertanto a rivelarsi, prima o poi, per quello che sono: un fallimento.
L’aumento dell’offerta monetaria, inoltre, fa sì che il potere d’acquisto della moneta, in nome della mitica legge della domanda e dell’offerta, diminuisca: i soldi che abbiamo in tasca, banalizzando, sono vera e propria carta straccia.
Gli istituti di credito riescono a tenere un simile truffaldino comportamento grazie al sistema delle Banche Centrali: come scrive Rothbard in “La Scuola Austriaca contro Keynes e Cambridge”, “se le banche fossero veramente competitive, ogni espansione del credito da parte di ciascuna porterebbe velocemente i suoi debiti nelle mani dei suoi concorrenti, e questi ultimi reclamerebbero presto la restituzione del contante”, il che stroncherebbe sul nascere l’inflazione.
La Banca Centrale fa sì invece che tutto questo non accada: le sue banconote aumentano infatti il circolante dell’intero sistema, consentendo alle banche commerciali di espandere il credito potendo contare su una più ampia base di contante. Vero e proprio braccio armato dello Stato, la Banca Centrale è dunque il cancro mortale di questo sistema economico.
Chi parla di Banche Centrali “private” – avendone a mente gli azionisti – o indipendenti, è vittima di un clamoroso abbaglio: basti pensare che il governatore della Banca d’Italia (ruolo tutt’altro che di facciata tanto che ad esso sono rimesse in via residuale tutte le competenze non specificamente attribuite ad altri organi) viene nominato dal Consiglio Superiore dello stesso Istituto Centrale, ma la sua nomina deve esse approvata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del premier, di concerto col ministro dell’Economia e sentito il Consiglio dei Ministri.
O che la Banca Centrale svolge il servizio di tesoreria per il Tesoro, può sottoscrivere titoli di Stato già collocati o circolanti e finanziare gli intermediari che si impegnino a sottoscrivere titoli pubblici, emanare atti normativi ed emettere moneta in regime di monopolio: tutta una serie di legami collusivi e di poteri strettamente intrecciati che pare folle sottovalutare. Anche la Banca Centrale Europea non è da meno: il suo Consiglio Direttivo è composto fra l’altro dai Governatori delle Banche Centrali nazionali, ed i membri del Comitato Esecutivo sono nominati dai governi degli stati membri previa consultazione del parlamento europeo.

Che il settore sia scarsamente regolamentato è un’altra clamorosa falsità: vigilanza informativa, regolamentare e strutturale impegnano il 30% circa dei dipendenti di ogni banca 365 giorni l’anno, con la Banca d'Italia che arriva addirittura a stabilire altisonanti “requisiti di onorabilità” per i partecipanti al capitale delle banche e per i soggetti che svolgano funzioni di amministrazione, direzione e controllo e che può negare l'autorizzazione all’esercizio dell’attività qualora non risulti garantita una “sana e prudente gestione”. Altro che scarsa regolamentazione, ipertrofia legislativa casomai!
Potremmo continuare all’infinito nell’elencare norme, regole, intrecci aventi per protagonista lo Stato falsario...liberismo selbaggio...magari!

Articolo da: http://www.movimentolibertario.it/home.php

mercoledì 24 settembre 2008

Intervista a un left-libertarian


Riporto di seguito l'intervista che mi ha gentilmente concesso Luigi Corvaglia, definito da Guglielmo Piombini un ultra-left-libertarian. Un'intervista, questa, che si propone di stimolare il dibattito all'interno del libertarismo italiano troppo spesso appiattito su posizioni "dogmatiche" non sempre condivisibili.

Si parla tanto di right/left-libertarian, libertarismo, anarchismo di destra e di sinistra. Tu ti definisci (o ti hanno definito) un left-libertarian. Questa dicotomia destra-sinistra all'interno del libertarismo stesso dipende soltanto da una visione diversa riguardo la redistribuzione dei diritti di proprietà (chi vi vede un fallimento del mercato e chi no) o v'è qualcosa di più?

Come con tutte le etichette, che sono scorciatoie semantiche, il senso è più chiaro in chi le emette. E' però necessario cercare di fare comunque un pò di ordine. Una cosa è parlare di anarchismo "di destra" e "di sinistra", altro di right o left "libertarianism". Infatti, è invalso l'uso di schematizzare la cosa nei seguenti termini: gli anarchici "tradizionali" (intendo l'anarchismo europeo di tradizione socialista, collettivista, ecc.) definiscono tutti gli "anarco-capitalisti" (anche questa etichetta è piuttosto insulsa e ristretta) come anarchici "di destra", e quindi non autenticamente anarchici. Non stanno troppo a sottilizzare su eventuali differenze all'interno del libertarianism di ascendenza yankee e liberale. Non gli interessa. All'interno, invece, di quest'ultimo filone, si usa definire "left-libertarian" un individuo che concorda con la loro prospettiva del liberismo integrale ma che, nello stesso tempo, sia interessato a preservare un certo egualitarismo e ad evitare sperequazioni ingiustificate. In realtà, un tipo così non può essere definito nè "anarchico" (nel senso europeo), nè "anarco-capitalista", perchè, come mi faceva notare Fabio Nicosia, non esiste in nessuno scritto di autori "left-libertarian" cenno sulla loro concezione dello stato.
Quanto a me, la definizione affiabbiatami da Guglielmo Piombini è nuova: "ultra-left-libertarian". Ne colgo il senso. Vuol dire che, pur appartenendo ad un ambito culturale che lui definirebbe "socialista", le mie concezioni sul mercato configurano una posizione di tipo "liberale" e anti-collettivista. Ritengo che non ci sia bisogno di rivolgersi a Rothbard per arrivare a questo. Bastano Proudhon, Berneri, Tucker, Merlino e, perchè no, anche Armand o Nettlau, se li leggi bene. Tieni conto che molti di questi autori si definivano socialisti. Quindi non sono "promosso" (o "bocciato", dipende da chi mi giudica) al rango di anarco-capitalista perchè rimango ostile ad alcuni dei pilastri della teoria "paleo-libertaria" (ancora un'etichetta); fra questi, che lo sfruttamento sia un concetto senza senso, o che il libertario debba per forza di cose abbracciare una visione conservatrice, laddove non addirittura papista, oppure che le "nazioni per consenso" immaginate da Rothbard e che hanno fatto avvicinare alcuni teorici nostrani a posizioni padaniste e quasi xenofobe siano la via maestra della libertà. Ciò non toglie, però, che ci siano autori d'area "free market" che non condividono questo modo, prioritario in Italia, di intendere il libertarismo.


Certamente si può evidenziare un certo "bigottismo coatto" all'interno dell'area paleolibertarian magari dovuto più ad un tradizionalismo derivante dalla matrice evoluzionistica della legge naturale dei giusnaturalisti à la Rothbard (o meglio dai filosofi moralisti scozzesi a John Locke in poi)

si, ma non lo vedo come l'esito obbligato della matrice evoluzionista.

è pur vero però che per quanto riguarda il concetto di sfruttamento bisogna andare molto cauti. C'è il rischio che si prefiguri come sfruttamento un semplice scambio di beni o servizi tra due parti in cui il vantaggio che ne scaturisce per una parte sia molto maggiore rispetto a quello per l'altra.

Sono pienamente d'accordo. Non ritengo che il concetto di sfruttamento sia applicabile alle transazioni di mercato. Io parlo di un livello "meta". Nicosia ritiene che, se la terra viene considerata in origine come res communis e non come res nullius, come vorrebbero i rothbardiani, l'appropriazione del primo recintatore "rousseauiano" comporta una retribuzione a tutti i non proprietari, senza la quale già quella prima appropriazione è "ingiusta". Da una serie di "peccati originali" non può che derivare un "bias", la riproposizione dell'errore lungo tutta la scala. Ciò non toglie che, in "second best", molto meglio una relazione, per quanto viziata, di libero accordo fra parti diseguali, di qualunque equilibratura di tipo esogeno.


Hai nominato autori che come appunto hai detto si definivano essi stessi socialisti. Come si può combinare l'essenza anarchica del liberalismo integrale con il cliché oggi comunemente immaginato filo-statalista del socialismo?

Il "socialismo" di autori come Tucker o Merlino è da intendersi in un senso ben differente, come differente è il concetto di "capitalismo". Con quest'ultimo intendevano riferirsi non ad un sistema basato sull'accumulo del capitale e così via, bensì ad una casta "politica" costituita dai monopolisti innervati allo stato, cioè alla cancrena politica che impediva il libero mercato. Socialismo era quindi, per questi autori - ma anche per Proudhon -, una condizione di eguaglianza nell'accesso al credito e la distruzione dei cartelli e delle rendite parassitarie, possibile solo senza stato. Libero mercato e socialismo finiscono così per coincidere.


Nel passaggio da una società basata sull'ordine statuale ad una società libera deve essere riportato nell'ambito privatistico l'esercizio di tutte quelle attività in precedenza di esclusiva competenza dello stato o alcune vanno eliminate completamente?

Io, per esempio, sono fra quanti ritengono il carcere e l'intero sistema penale come qualcosa di aberrante. Però credo che niente debba essere deciso "a-priori", sulla base della weberiana etica dei principi. E' chiaro che tutto quello che è richiesto dal "mercato" debba essere legittimamente fornito. Una volta disfattici dello stato, si potranno sperimentare dei sistemi alternativi di mediazione dei conflitti (e parlo di sistemi al plurale, perchè anch'essi sottoposti a regime di concorrenza). Così, a differenza della buona parte dei "libertarians", che ritengono il welfare qualcosa di cui disfarsi senza mezzi termini, noi (su questi temi stiamo lavorando con Nicosia, LaConca e altri) stiamo immaginando una transazione al mercato delle funzioni dello stato sociale che permetta di mantenerne le caratteristiche "democratiche". Fra gli ingredienti di questa ricetta ci potrebbe stare l'idea warreniana del costo come limite del prezzo.


Il libertarismo nasce con l'"esperimento americano"?

Beh, qui uso distinguere fra ethos ed epistheme. Mi sembra più corretto. Infatti, tenendo conto di entrambi gli aspetti, possiamo dire che, paradossalmente, il libertarismo ha una breve storia ma un lungo passato. In termini di ethos, l'idea di una sovranità dell'individuo e di una società frutto del libero arrangiamento degli uomini è antica e si può, certo, vederne la più chiara manifestazione nella esplosione di ottimismo della vergine america degli albori. Ma quel grande laboratorio di utopie (rubo la definizione a Creagh) dava luogo alla sperimentazione di idee la cui gestazione era ancora più antica, ritrovandosi i germi di questo pensiero già nel radicalismo liberale inglese. Da questo punto di vista, quindi, si potrebbe perfino effettuare una retrodatazione dell'idea libertaria.
A voler, invece, essere più rigorosi, il libertarismo è un fenomeno moderno, la cui compiuta manifestazione avviene solo con l'opera di Murray Rothbard, perchè, se pur è vero che gli accenti ed i richiami alla tradizione individualista americana, filtrata attraverso tutti gli autori che, dall'ottocento in poi hanno ragionato sui temi della libertà individuale, sia ancora forte in quello che viene definito l'anarco-capitalismo, non si può parlare di libertarismo prima della rivoluzione economica marginalista ad opera della scuola austriaca. Ne è elemento fondamentale e pietra di volta. Per questo motivo, non mi convince il continuo tentativo di arruolare post-mortem gli anarchici ottocenteschi americani nel libertarianism, in quanto operanti in tutt'altra società ed economia e, soprattutto, perchè ancora legati alla concezione del valore-lavoro.


Penso che comunque la rivoluzione operata dalla scuola fondata da Carl Menger segni un passo importante in tutto il mondo libertario, rappresenta in un certo modo un'evoluzione del pensiero anarchico portando al centro delle scienze sociali il problema della formazione spontanea delle istituzioni.

Che l'opera degli austriaci sia stata fondamentale per l'evoluzione del pensiero economico, è verità inconfutabile, ma dire che per l' "anarchismo" il lavoro dei marginalisti abbia rappresentato una occasione di evoluzione mi sembra opinione che sopravvaluta gli anarchici. A parte il libertarianism anarco-capitalista, al quale pure tante storture si possono imputare, le concezioni austriache, mi sembra, non hanno fatto minimamente breccia all'interno del pensiero antistatale. Soprattutto, non in quello di specchiato pedigree continentale. Ne parlavo l'altra sera al telefono con LaConca, il quale mi diceva che, secondo lui, i marxisti, che sono economicamente degli inetti, al cospetto degli anarco-collettivisti, sono dei geni economici. Questa totale ignoranza delle questioni economiche condanna l'anarchismo, nella libreria della storia del pensiero, allo scaffale delle chimere che hanno goduto di un quarto d'ora di plausibilità.
Basta sfogliare un po' delle riviste anarchiche per rendersi conto che la preponderante vulgata libertaria è incentrata su una concezione classista, ottocentesca e pre-marginalista. Una sorta di marxismo senza Marx.
L'autopoiesi, la formazione spontanea delle istituzioni è delegata alla naturale, e generalmente soffocata, spinta di quell'organismo senziente e uniformemente volitivo su cui ironizzava Berneri. Siamo quindi ben lontani dalle critiche all'organicismo ed allo scientismo di un Von Hayek.


La secessione può essere uno strumento importante nella diffusione della libertà o, moltiplicando il numero di stati, di agenzie monopolistiche dell'esercizio della coercizione, tende a diventare controproducente nell'ottica libertaria?
Perché i salentini dovrebbero appoggiare un movimento volto a raggiungere l'indipendenza del salento? Come sensibilizzarli riguardo questo tema?

Si, l'autodeterminazione dei popoli è uno dei fondamenti dell'ottica libertaria e, anche nella tradizione "socialista", si sottolinea molto la logica federalista. Il discorso del Salento, terra assolutamente unica e non omologabile alla Puglia, per cultura, lingua, tradizioni, architettura e quant'altro, è un chiaro esempio di luogo geografico e umano che meriterebbe maggior spirito di autodeterminazione. Abbastanza condivisibile, in linea di massimo, la concezione di Hoppe sulla concorrenzialità fra piccoli stati. Ritengo, però, che il secessionismo di cui si fa alfiere il paleo-libertarismo italiano non tenga conto di quanto lo stesso Bruno Leoni disse, cioè che il padrone vicino non è necessariamente meglio del padrone lontano. Voglio dire, non è affatto detto che, usando un filtro libertario, un piccolo stato sia sempre preferibile ad uno grande. Che quindi sia preferibile un piccolo stato in cui viga l’esclusione e la discriminazione nei confronti di “stranieri”, omosessuali, tossicodipendenti ecc., ad un grande stato che garantisca maggior difesa dei diritti individuali. Eppure i paleo, riescono ad affermare ciò in base alla logica per cui i "tax payers" sono quanto di più vicino esista ai proprietari di un territorio, pertanto, se essi vogliono discriminare, ciò è "libertario".
L’unica discriminante, allora, fra ciò che è desiderabile per un libertario e ciò che non lo è si riduce all’esser quella data cosa “privata” (buona) o “pubblica” (cattiva). Si ha la netta sensazione che, più che tutelare il dinamico ed autopoietico mercato, si miri a difendere la statica proprietà, più che valutare gli aspetti aggregativi del primo, si voglia sottolineare quelli di esclusione della seconda.
Un altro problema io lo vedo nella questione delle "scelte collettive". Insomma, ridotto il leviatano a infiniti leviatani in erba, le scelte pubbliche dovrebbero sempre essere effettuate mediante un voto, magari di democrazia diretta (la critica colpisce anche l'anarco-comunismo di Bookchin e soci, ovviamente), ricreando, certo in scala minore, la dittatura della maggioranza. Ma nel mercato nessuna minoranza è obbligata a soggiacere ai diktat della maggioranza. Non si esce da una concezione territoriale, quando il proudhoniano “federalismo delle differenze” potrebbe configurarsi sul modello della coesistenza che possiamo ritrovare nel mercato, nella libera concorrenza fra sistemi di pratiche e di norme insistenti contemporaneamente sul medesimo territorio, come suggeritoci, per fare un esempio, da Max Nettlau quando propagandava l’idea di an-archia come poli-archia. Capisci che, a questo punto, pur rimanendo l'opzione secessionista praticabile e talvolta dotata di senso, la questione dei "confini" e della sovranità entro tali limiti perde senso.


Quale futuro per il libertarismo italiano? Quali prospettive a breve-medio termine?

Il libertarismo italiano, se sotto questa etichetta vogliamo racchiudere gli anarchismi di destra e di sinistra, mi sembra ostaggio di conventicole piuttosto integraliste. L'anarco-capitalismo, ad esempio, ha preso nel nostro paese una china che potrei definire "teo-con" e reazionaria. Il futuro, dunque, partendo da queste premesse, non mi entusiasma. Credo che vada introdotta anche qui della concorrenza. Alcuni di noi stanno cercando di dar luogo e voce a posizioni critiche, affrancate dai dogmi emanati dalle varie scuole dell'anarchismo, sia esso socialista quanto "capitalista". Quali, dunque, le prospettive? Quanto questa crescente fronda intellettuale comporterà nel dibattito e nelle realizzazioni del libertarismo italiano dipenderà solo dalla nostra capacità di incidere e questa, a sua volta, dalla disponibilità al dialogo da parte dei nostri interlocutori. Pertanto, lo scenario è aperto. Sono fiducioso.

Articolo da: http://salentolibero.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=974429

lunedì 22 settembre 2008

MADDALONI (Ce) Domenico Letizia chiede l’anagrafe pubblica degli eletti

MADDALONI (Ce) L’anarchico liberale di Maddaloni chiede l’anagrafe degli eletti disponibile anche a Maddaloni, questa richiesta è nata in seguito ad uno scambio di e-mail tra Letizia e il Partito dei Radicali Italiani. La proposta è conosciuta in tutta Italia grazie all’ impegno dei Radicali Italiani e Letizia in seguito alla pubblicazione sul suo blog di un comunicato dei Radicali ha deciso di rendere fattibile questo progetto proprio alla città di Maddaloni. La richiesta è venuta proprio dal sito internet, (http://brigantilibertari.blogspot.com/) conosciuto tra i difensori del libero mercato antistatalista e che vanta di essere uno dei pochi blog left-libertarian in Italia, pensiero politico diffusissimo negli Stati Uniti d’America. In cosa consiste l’anagrafe degli eletti? Non di una mega banca dati centralizzata ma della possibilità per tutti i cittadini di trovare su Internet “e con una reale e agevole accessibilità” i dati relativi a presenze, assenze, voto in aula e in commissione, missioni più o meno autentiche di tutti gli eletti, dal Parlamento sino ai livelli locali di Regioni, Province e Comuni. E senza dimenticare situazioni patrimoniali, fiscali e societarie prima e dopo l’assunzione di un mandato elettivo, fino ai gettoni di presenza anche in partecipate e municipalizzate. In poche parole spiega Letizia è un controllo della cittadinanza sulle attività politiche degli eletti nel caso di Maddaloni della giunta comunale maddalonese.

Letizia ha deciso di fare la richiesta pubblicamente proprio per attendere cosa risponderanno i politici e se vorranno essere veramente controllati dai cittadini che dicono di amare, senza questioni ideologiche né partitiche né di schieramenti, l’anagrafe riguarda tutta la giunta comunale quella in carica e quella all’opposizione, Letizia dice: ‘da libertario e ancor di più da Maddalonese sono convinto che questo progetto, se non verrà accettato, non farà altro che mettere in risalto l’unica utilità dei nostri governanti cioè quella di essere parassiti’ aggiungendo: ‘Sono curioso di vedere che ne penserà la cittadinanza dei dati relativi a presenze, assenze, voto della nostra giunta comunale’.
Domenico spera che il sindaco accolga la richiesta e invita tutti i cittadini a spedire richieste al Comune.

http://www.casertanews.it/public/articoli/200809/art_20080922064952.htm

http://www.pupia.tv/maddaloni/notizie/00031.html

sabato 20 settembre 2008

Casino Alitalia


Il caso, o casino, Alitalia fa meditare. La vergognosa trovata del cavaliere per mantenere in vita quella baracca mangiasoldi e parassitaria della compagnia di bandiera è la ciliegina sulla torta di uno Stato che sembra più l’Unione Sovietica dei piani quinquennali che non un paese alla ricerca di un sano liberalismo.
Zar Berlusca (imitare Putin in economia è il suo sogno) probabilmente non si rende conto della porcheria che ha messo in piedi salvando la sgangherata flotta italica. Vediamo.
Primo: ha cacciato trecento milioni di euro, soldi pubblici, – in barba alle normative europee – per dare una boccata d’ossigeno all’azienda in coma.
Secondo: ha temporeggiato per mettere insieme 16 imprenditori suoi amici (tutti incompetenti in materia di volo e alcuni persino pregiudicati per reati tipo bancarotta) e convincerli a cacciare un miliardo di euro (in buona parte soldi che arriveranno dalle banche), rassicurandoli col fatto che avrebbe offerto loro su un piatto d’argento solo la parte sana della compagnia aerea.
Terzo: ha sdoppiato Alitalia, creando una “bad company” (ovvero una società colabrodo e piena di debiti ed esuberi) e ne accollerà i costi alla collettività.
Quarto: ha preso per i fondelli i suoi concittadini e gli azionisti alitaliani!
Quinto: ha regalato a Toto, il proprietario di AirOne, il monopolio delle rotte aeree tra Milano e Roma, in barba alla “legge” antitrust, messa “fuorilegge” con un’apposita “legge”. Per non dire, inoltre, di come ha bypassato la vecchia norma Marzano, relativa al salvataggio delle aziende in crisi.
Sesto: il presidente del consiglio s’era stracciato le vesti di fronte ai duemila esuberi preventivati da Air France, coinvolta da Prodi e Padoa Schioppa. Ora, gli avanzi saranno 7.000, tra steward, piloti e manovalnza varia. Colmo del ridicolo? L’idea di farli assumere alle Poste Italiane.
Ha ragione Carlo Lottieri quando scrive che “questo inciucio politico-finanziario, per giunta, contribuirà a corrompere ancor di più i nostri centri di governo. Invece che tenere ben separate politica ed economia, cercando di evitare ogni “conflitto di interessi”, l’Italia finisce insomma per confermare una volta di più che da noi è un gran facile fare i soldi pubblicizzando i costi e privatizzando i profitti”.
Abbiamo scoperto, parafrasando Alberto Mingardi, che gli amici del giaguaro sono gli unici che possono fare affari in questo paese di mafiosi, dove i mafiosi, per giunta, stanno seduti in Parlamento. Jimmy Dempsey, direttore finanziario di RyanAir ebbe a dire: “Gli aiuti di Stato hanno fatto sì che Alitalia restasse operativa negli ultimi 10 anni, dovrebbero lasciarla fallire”. Lo abbiamo ribadito mille volte. La stampa tedesca, dopo la conferenza stampa di Tremonti ha sostenuto: “Quello di Alitalia è un salvataggio scandaloso”.

da: http://www.movimentolibertario.it/home.php

mercoledì 17 settembre 2008

Anarchici quindi solidali




Un interessante articolo da: http://liberteo.wordpress.com/006/

Due parole su un tema davvero troppo in secondo piano, almeno tra gli anarchici di libero mercato. Cerco di chiarire quelli che sono i motivi per cui, viceversa, dovrebbe essere una nostra bandiera, per cui non dovrebbe scandalizzarci l’idea, e per cui dovremmo parlarne di più. Una società generosa è il presupposto di una società libera:

1) Innanzi tutto non ha senso l’idea che in un paese occidentale e moderno si possa azzerare il prelievo fiscale del welfare, e contemporaneamente possano sparire le pretese di chi ne beneficia. Data la diffusione planetaria, e la ricorrenza storica di queste, l’unico sistema per annullare entrambe è semplicemente una dittatura. Senza monopolio della forza è impossibile annullare le rivendicazioni, e questo comunque non può certo configurarsi come un governo democratico.

2) In secondo luogo è assurda la scelta di chi abbraccia il libertarismo per portare avanti una “causa egoista”. Inizialmente i movimenti di scioperanti e altre forme di protesta sono state duramente combattute dallo stato; nel giro di un secolo sono riusciti non solo ad ottenere quello che chiedevano, ma anche a influenzarne fortemente le scelte (come nell’Italia degli anni ‘70). In un società più libera la loro forza contrattuale sarebbe stata, se possibile, ancora maggiore.

3) Con quale ipocrisia si può propagandare la virtù dell’egoismo, mentre tutti i principali autori libertari affidano alla generosità dei privati cose basilari come la sanità, la scuola e addirittura la polizia, per i più miseri che non possono acquistarle? Sostanzialmente questo è sostenere la tesi che se non ci saranno altri a pagare, sono persone che possono tranquillamente morire. Solidali con i soldi degli altri? Piuttosto prendiamo come nostro obiettivo quello di riuscire a fornire gratuitamente servizi di assistenza ai bisognosi, in modo distinto e un carattere apertamente contrapposto al welfare di stato. Un’ottima pubblicità per il mercato e per i libertari.

4) Il diritto di proprietà possiamo considerarlo assoluto in astratto, ma è concretamente soggetto a molte pretese: se dovessimo opporci a tutte (a parte che nessuno verrebbe più a cena con noi per il fatto dei resti), rimanderemmo a mani vuote ogni mendicante. Il quale potrebbe benissimo vendere l’anima allo stato, ottenendo in cambio la sussistenza, per diventarne pasdaran e, all’occorrenza, coscritto armato fino ai denti. La solidarietà è un fatto ineludibile, se finisce per occuparsene esclusivamente lo stato sono guai.

5) Far valere in modo assoluto il proprio diritto alla proprietà equivale, fra l’altro, all’indiscriminato rifiuto di fare la carità. Lasciando che l’unica opzione per chi versa in uno stato di necessità sia la violenza (il furto, la rapina), si genera conflitto. Il conflitto, per la divisione del lavoro, porta ad emergere alcuni produttori di sicurezza. Investendo questioni di necessità, come detto al primo punto, il conflitto non cessa finché qualcuno non stabilisce il monopolio della forza. Ecco quindi come una società egoista riesce a creare, a mano invisibile, lo stato.

6) Il non donare affatto è solo una delle ipotesi considerate lecite dai diritti naturali, eppure sembra essere la più popolare, del tutto immeritatamente. Sostenendo il carattere necessario della solidarietà, in altri termini una sostanziale disponibilità ad accettare un certo numero di pretese che vengono avanzate sul nostro diritto alla proprietà, non voglio intaccare l’assolutezza del diritto. Così come non lo intacca, ad esempio, chi consiglia di non disporre della proprietà per acquistare droghe o prestazioni sessuali, corrente molto diffusa e rispettata, tra gli anarchici di libero mercato.

lunedì 15 settembre 2008

Proudhon e la democrazia


Il testo seguente è stato scritto poche settimane dopo la Rivoluzione del febbraio 1848 che a Parigi aveva sostituito la monarchia costituzionale del re Luigi-Filippo con una repubblica nominalmente democratica.

Buona lettura:


“L’illusione della democrazia nasce dall’esempio della monarchia costituzionale - la pretesa di organizzare il governo attraverso mezzi rappresentativi. Né la Rivoluzione del luglio 1830 né quella del febbraio 1848 sono sufficienti per far luce sul presente. Ciò che vogliono è sempre la diseguaglianza delle opportunità, la delega della sovranità e un governo di persone influenti. Anziché dire, come ha fatto M. Thiers, “il re regna e non governa” la democrazia dice “il popolo regna e non governa”, il che significa negare la Rivoluzione”.

“Dal momento che, secondo l’ideologia dei democratici, il popolo non può governare se stesso ed è costretto a scegliersi ei rappresentanti che governano per delega, conservando però il diritto di revisione delle regole, si suppone che così il popolo sia messo nelle condizioni di essere almeno rappresentato, e che possa esserlo fedelmente … Questa ipotesi è del tutto falsa; non c’è e non ci potrà mai essere legittima rappresentanza del Popolo. Tutti i sistemi elettorali sono meccanismi di inganno: conoscerne uno è sufficiente per condannarli tutti”.

“Affinché un deputato possa effettivamente rappresentare i propri elettori, è necessario egli rappresenti tutte le idee sono concorse alla sua elezione … ma, con il sistema elettorale. Il deputato, il sedicente legislatore inviato dai cittadini per riconciliare tutte le idee e tutti gli interessi nel nome degli individui, rappresenta sempre solo un’idea, un interesse. Il resto è escluso senza mezzi termini. Per chi fa le leggi alle elezioni? Chi decide la scelta dei deputati? La maggioranza, la metà più uno dei voti. Da questo ne consegue che la metà meno uno degli elettori non è rappresentata o che lo è malgrado se stessa; che di tutte le opinioni che dividono i cittadini, una sola, nella misura in cui il deputato abbia un parere in merito, arriva al legislatore; e, infine, che la legge, che dovrebbe essere l’espressione della volontà del popolo, non è altro che l’espressione della volontà di metà della popolazione”.

“Il risultato è che nella teoria dei democratici il problema consiste nell’eliminare, con il meccanismo della farsa a suffragio universale, tutte le idee tranne quella che consolida il consenso, e di dichiarare che il sovrano ha la maggioranza.”

“… In ogni sorta di governo il deputato rende conto al potere, non al paese …
[È necessario] che egli sia padrone del suo voto, cioè che abbia facoltà di scambiarlo, che il mandato abbia un termine definito di almeno un anno, durante il quale il governo, in accordo con i deputati, farà quel che gli interessa rafforzando la legge attraverso l’esercizio del suo libero arbitrio…”

“… Se la monarchia è martello che schiaccia il popolo, la democrazia è l’ascia che lo divide; l’uno e l’altro concorrono ugualmente alla morte della libertà …”

“In virtù del principio democratico, tutti i cittadini devono partecipare alla creazione della legge … [e] devono pagare tutti il loro debito verso la loro terra natia, come contribuenti, giurati, giudici e soldati.”

“Se le cose andassero in questo modo, l’ideale della democrazia sarebbe raggiunto. La società avrebbe un’esistenza normale, che si svilupperebbe direttamente in accordo con i suoi principi, come fanno tutte le cose che vivono e crescono”.

“È completamente diverso nella democrazia [rappresentativa], che secondo i suoi sostenitori esiste unicamente solo nel momento delle elezioni e per la formazione del potere legislativo. Una volta passato questo momento, la democrazia si ritira; si ritira in sé, ed inizia di nuovo il suo lavoro anti-democratico”.

“In realtà non è vero, in nessuna democrazia, che tutti i cittadini partecipano alla formazione del diritto; tale processo è prerogativa riservata ai rappresentanti”.

“Non è vero che essi deliberano in tutti gli affari pubblici, nazionali ed esteri; questa è facoltà esclusiva dei ministri, neppure dei rappresentanti. I cittadini discutono le questioni, i ministri le decidono.”

“Non è vero che i cittadini partecipano alla nomina dei funzionari. È il potere che nomina i suoi subalterni, a volte secondo lo farà secondo il suo arbitrio, altre secondo determinate condizioni di convenienza e propaganda perché l’asservimento dei funzionari e l’accentramento del potere richiedono che sia così…”

“… In base alla teoria della democrazia, il popolo non è in grado di governare se stesso; la democrazia, come la monarchia, dopo aver posto come sua linea di principio la sovranità del popolo, si conclude dichiarando l’incapacità del popolo a governarsi!”.

“Questo è ciò che intendono i democratici che, una volta nel governo, sognano solo di consolidare e rafforzare l’autorità nelle loro mani.”


Articolo tratto da: http://rantasipi.wordpress.com/2008/08/19/pj-proudhon-e-la-democrazia/

sabato 13 settembre 2008

Che cosa distingue gli editti dello stato dalle imposizioni di una banda criminale?


Per Lysander Spooner, non era assolutamente difficile trovare una risposta a tale quesito.

E' vero che, secondo la teoria della nostra Costituzione, tutte le tasse vengono pagate volontariamente; che il nostro governo è una compagnia mutualistica che divide i propri utili con gli assicurati e alla quale tutti aderiscono volontariamente...
Questa teoria, tuttavia, non corrisponde affatto a ciò che avviene nella pratica.
Nella pratica il governo, come un bandito di strada, intima all'individuo: «o la borsa o la vita». E molte, se non addirittura tutte le tasse vengono pagate dietro questa minaccia.
Il governo certamente non tende un agguato all'individuo in un posto poco frequentato, non lo aggredisce all'improvviso alle spalle, non gli punta una pistola alla tempia per poi svuotargli le tasche. Ma la rapina che compie è comunque una rapina, ed anzi è ben più vile e vergognosa.
Il bandito di strada assume su di sé la piena responsabilità, il pericolo e la criminosità del proprio atto. Non fa finta di avere diritto al denaro della sua vittima, né fa intendere di voler usare il denaro a beneficio del rapinato. Non pretende di essere altro che un bandito. Non ha ancora imparato a essere così impudente da sostenere che in realtà è semplicemente un "protettore", e che sottrae denaro agli altri contro il loro volere solo perché questo gli permette di "proteggere" quei viaggiatori presuntuosi che pensano di sapersi proteggere da soli, o quelli che non apprezzano il suo singolare sistema di protezione. E' un uomo troppo sensibile per fare simili affermazioni. Inoltre, una volta che ha sottratto il denaro, egli poi va via, cosa che la persona rapinata sicuramente apprezza. Egli non continua a pedinare la vittima, contro la sua volontà; non pretende di essere il suo legittimo "sovrano" solo perché le ha offerto "protezione". Non continua a "proteggere" l'individuo, e non pretende di comandarlo o di essere servito e riverito da costui, chiedendogli di fare una cosa e impedendogli di farne un'altra. Non continua a rubargli denaro ogni qualvolta ne abbia piacere o necessità; non lo taccia da ribelle, traditore e nemico della patria, e non lo fucila senza pietà se mette in dubbio la sua autorità o se oppone resistenza alle sue richieste. E' troppo gentiluomo per macchiarsi di finzioni, insulti e scelleratezze simili. In poche parole, egli, dopo aver rapinato un individuo, non tenta anche di renderlo il suo zimbello o il suo schiavo.

giovedì 11 settembre 2008

11 Settembre: Bugia di Stato


Oggi ricorre il settimo anniversario di quel tragico 11 settembre 2001 che fece piombare gli Usa e il mondo intero in un incubo che pare ancora non essere finito.
Nessuno ha in tasca la Verità su quella giornata, ma dubitare della versione ufficiale di Stato è quantomeno doveroso, per chiunque si senta uno "spirito libero": lo Stato, quell'organizzazione che quotidianamente ci sorveglia, ciito ispeziona, ci spia, ci dirige, ci numera, ci regola, ci arruola, ci indottrina, ci esorta, ci controlla, ci esamina, ci giudica, ci valuta, ci censura, e ad ogni operazione o transazione ci annota, ci registra, ci conta, ci tassa, ci misura, ci autorizza, rendendoci spogliati, sfruttati, monopolizzati, vittime di estorsioni, spremuti, ingannati, derubati, oppressi, multati, vilipesi, molestati, perseguiti, vessati, bastonati, disarmati, legati, soffocati, imprigionati, processati, condannati, fucilati, deportati, sacrificati, venduti, traditi...è così strano pensare che un'organizzazione simile, quel giorno di sette anni fa, abbia complottato alle nostre spalle muovendo aerei e vite umane come pedine di una grande scacchiera? Ai posteri l'ardua sentenza...
EDIFICIO N°7
L’11 settembre 2001 nel complesso del WTC in tutto collassarono su se stessi tre edifici: le due torri gemelle più l’edificio numero sette. “Tirato giù” (come dicono le registrazioni dei pompieri con tanto di esplosioni in diretta) un paio di ore dopo il crollo delle torri gemelle. Nessun morto. C'è stato tutto il tempo di evacuarlo. Danni iniziali: soltanto un leggero incendio ai piani alti. La CNN addirittura annunciava il suo crollo un'ora prima del crollo effettivo.
Il punto è che per tirare giù un palazzo del genere servono settimane di preparazione. Non è esattamente una di quelle cose che si fanno in poche ore. A riguardo le testimonianze di esperti di demolizioni controllate sono senza possibilità di replica "è semplicemente evidente che è una demolizione controllata".
Sotto i link per vedere andar giù 40 piani nella bellezza di 6 secondi (tempi raggiungibili solo tramite demolizioni controllate). Inoltre si possono osservare altri esempi di grattacieli in acciaio con incendi in corso: ovviamente non cadono; una volta bruciato tutti il bruciabile, rimangono in piedi con soltanto lo scheletro in acciaio. Se si esclude la verità dei fatti, o meglio la demolizione controllata, l’11 settembre 2001 abbiamo assistito per la prima volta nella storia a un crollo di edificio in acciaio causa incendio. O meglio… non un crollo, ma bensì tre crolli nell’arco di poche ore.
Andiamo poi nel ridicolo, quando veniamo a sapere che la versione ufficiale della commissione d'inchiesta di questo edificio nemmeno ne parla.
Molti altri sono i non-sensi dell’11 settembre. Esaminiamone alcuni:

- Procedura da seguire in caso di dirottamenti - Rumsfeld tre mesi prima dell'11 settembre firmò un documento riguardante la procedura da seguire in caso di dirottamento di aerei. Secondo tale documento, in caso di dirottamento, prima che i caccia possano avvicinarsi al presunto aereo dirottato è necessario un diretto ordine del ministro della difesa o meglio di Rumsfeld stesso (precedentemente l'azione era automatica).
Classico esempio di quanto sia stato relativamente semplice pilotare tutta la faccenda facendo sapere pochissimo a pochissimi. Un semplice foglio firmato tre mesi prima… ed ecco che gli aerei avrebbero avuto la strada spianata.

- Pentagono - Il ministro dei trasporti Mineta smentisce clamorosamente la tesi della Casa Bianca sul volo diretto al Pentagono e rivela l'esistenza di ordini segreti relativi a quel volo, mai chiariti da nessuno.

- Pentagono - Generale in pensione, Albert Stubblebine di mestiere esaminava i reperti fotografici della CIA per cercare di identificare i diversi armamenti usati dai russi durante la guerra fredda. Il Generale afferma "l'aereo nel buco del pentagono NON-CI-STA!"

- Bin Laden non è ricercato dall’FBI - Stupefacente a credersi, Osama Bin Laden non è ricercato dall' FBI per i fatti dell'11 settembre.

- Gli Ingegneri delle torri - Nessun processo è stato iniziato nei confronti dei progettisti e costruttori delle torri gemelle.
E' fatto noto che la struttura portante delle torri gemelle era stata verificata per resistere a un impatto come quello dell'11 settembre. Un boing che entra totalmente dentro e ovviamente esplode. L'unica differenza sta nel fatto che il boing della verifica strutturale era un modello più vecchio (ma di dimensioni estremamente simili). Tutto ciò per diretta dichiarazione dello studio tecnico che ha progettato le torri.
Qualcosa non quadra: se dopo un terremoto di un dato grado sismico un palazzo verificato a resistere a un terremoto di quel grado frana, è ovvio che il giorno dopo Ingegneri e costruttori vanno sotto accusa.
Leslie Robertson (responsabile della progettazione strutturale delle torri), un po’ imbarazzato afferma "Le circostanze dell'11 settembre erano al di fuori di quello che avevamo previsto nel progetto". Come! Quello stesso studio ha affermato senza peli sulla lingua che le torri erano verificate per resistere a un impatto simile!
Ecco che certe dichiarazioni contraddittorie nascondono un doppio significato profondissimo: “le torri erano verificate per resistere a un impatto simile a quello dell’11 settembre” ok, allora cari Architetti dovreste essere tutti sotto processo! Però… “però le circostanze dell’11 settembre erano al di fuori di quello che era previsto nel progetto” o meglio? Per chi non l’avesse capito L.Robertson è impossibilitato ad essere realmente franco. Se avesse potuto probabilmente si sarebbe tolto un gran peso dalla schiena dicendo "non si può progettare un palazzo che resista a una demolizione controllata! Lo volete capire o no?!".
I progettisti e costruttori del WTC dormono sogni tranquilli. Sanno che nessuno li denuncerà, altrimenti sarebbero costretti a far saltar fuori la verità scientifica: strutturalmente le torri gemelle non potevano franare per il solo impatto ed esplosione dei boing, pertanto qualcos'altro ha causato la loro distruzione.

Inutile aggiungere ulteriori commenti e citando il film V for Vendetta "dopo un po' alle coincidenze non si può più credere".

Alcuni video della verita:
http://www.youtube.com/watch?v=GEPjOi2dQSM
http://www.youtube.com/watch?v=OTDVo62SZ54
http://www.youtube.com/watch?v=U7ed9hR5yyw
http://www.youtube.com/watch?v=-YhIBwtvtIA
http://www.youtube.com/watch?v=M3q0uZAEd5w
http://www.youtube.com/watch?v=ccNrKZljlHc

Buona visione!
Tratto da: Libertari.org ( http://www.movimentolibertario.it/home.php)

martedì 9 settembre 2008

Blog Left-libertarian

Pochi gorni fà ho saputo che uno dei massimi blog dell'anarco-capitalismo ha citato questo blog per avanzare critiche e apprezzamenti. Al di là delle critiche che sono anche costruttive e che, ovviamente, sono punti di vista la cosa importante che tendo a sottoliniare è che proprio questo blog finalmente viene riconosciuto come uno dei pochi blog Left-libertarian in Italia. Questo punto lo ritengo importantissimo è l'apprezzamento è riassunto in queste parole: ''Sicuramente i Left Libertarian sono tra le poche persone degne di interesse e di rispetto nel panorama sinistro, in quanto, partendo da un approccio radicalmente diverso rispetto ai libertari destroidi, giungono a conclusioni pressochè simili, sebbene ogni tanto qualche residuo di socialismo salti comunque fuori (prendiamo le posizioni sulla collettivizzazione delle risorse idriche mondiali o sull’animalismo)''
Ringrazio il proprietario del blog di aver ritenuto importante questo blog per il mondo libertario tanto da dedicare un post completo su di esso.
Trovate l'articolo qui: http://residenclave.wordpress.com/2008/09/07/anarchicialvolant/

Ovviamente non posso esprimere che grande soddisfazione.

Agorismo e la rivoluzionaria redistribuzione della proprietà



Un'articolo importante tradotto da: http://www.eravolgare.net/

Pensando di fare cosa gradita, ho tradotto un post dal blog di Brad Spangler (http://www.bradspangler.com/) riguardo la redistribuzione della proprietà nel sistema Agorista.
Un corrispondente su un social network domanda:

Hey, penso che noi due abbiamo molto in comune ma pensando all’anarco-capitalismo mi sorge una domanda, dato che da quanto ho visto è la tua linea di pensiero (almeno da quello che ho capito). In un sistema anarco-capitalista, come può essere protetta la proprietà, ovvero l’unità base del capitalismo? Per esempio, se in una fabbrica i lavoratori si ribellano e la sequestrano al proprietario, chi protegge il proprietario? Una forza di polizia privata? Inoltre, salari e valute continueranno ad esistere in una società anarco-capitalista? Magari ho inteso male io l’anarco-capitalismo.

Nonostante io abbia già risposto in tale sede, mi è sembrato che la risposta necessitasse di un post decente sul blog con un po’ riprese da altre parti. Quindi, cominciamo…
Io considero me stesso anti-capitalista ma orientato verso il libero mercato. Sono solito definirmi un “anarco-capitalista”, ma con ciò non mi schiero in favore di ciò che i socialisti libertari chiamano “capitalismo” nel senso di un sistema di oppressione. Se ciò suona incoerente, dobbiamo comparare alcune definizioni e iniziare un discorso più lungo.
Riguardo la proprietà, come Proudhon, io distinguo tra proprietà nel senso di un ingiusto stato privilegiato e proprietà nel senso del verificarsi di un fenomeno etico sostenuto da un ampio consenso. La proprietà acquisita attraverso la produzione o il commercio sarebbe difendibile grosso modo come si potrebbe difendere il “possesso” in un sistema di proprietà usufrutto. Questa teoria della proprietà, riferita alla “proprietà privata”, attualmente fornisce le basi per una rivoluzionaria redistribuzione della proprietà, da una plutocrazia alleata con lo stato, ai lavoratori.
Vedi qui: http://agorism.info/_media/ma1.pdf

Con particolare attenzione ai conflitti dovuti alle rivendicazioni tra proprietari e lavoratori, lasciami dire che io mi immagino il processo di rivoluzione come l’allacciamento tra un sistema di leggi non statale e la sicurezza. La natura di questa legge tenderebbe in favore di una redistribuzione selettiva della proprietà dai plutocrati alleati dello stato ai lavoratori, perciò la redistribuzione diverrebbe una affermazione dei diritti di proprietà piuttosto che una loro negazione. D’altra parte, solo perché qualcuno è ricco non vorrebbe dire che è giusto togliergli i suoi beni. Piuttosto che giudicare la salute di una persona dalla quantità di beni in suo possesso, la sua proprietà sarebbe valutata metodologicamente (p. e. “Come l’hai acquisita?”) con i privilegi garantiti dallo stato valutati come mezzi criminali di acquisizione, vanificando così il titolo di proprietà garantito dallo stato.

lunedì 8 settembre 2008

Anagrafe degli eletti

Da: http://www.radicali.it/

Se l’anagrafe degli eletti fosse già stata introdotta ad ogni livello istituzionale, così come chiediamo, probabilmente avremmo da tempo sanato alcune delle ferite inferte alla democrazia e evitato illegalità ad ogni livello.
La realizzazione di tutto ciò, non ha bisogno necessariamente di modifiche normative, occorre una sensibilizzazione su questo e interventi deliberativi di tipo diverso a seconda del livello Istituzionale.
Mentre proseguiranno le attività in seno ai due rami del Parlamento italiano e al Parlamento europeo, come Radicali Italiani chiederemo a tutti i Comuni, Province e Regioni di adottare una delibera che li impegni a rendere pubblica e trasparente l’Istituzione e l’attività dei suoi membri.
Su questo, l’apporto di ciascuno sarà determinante; occorre una mobilitazione dell’opinione pubblica.
E’ una campagna che in qualche modo vuole accrescere anche la partecipazione al piacere della politica, quella con la P maiuscola e non sollecitare tendenze antipolitiche.
Tutti coloro che sono interessati a questa proposta di riforma sono caldamente invitati a manifestarsi subito. Vorremmo che in ogni sito, in ogni blog vi fosse un’eco - d’adesione o di critica - di questa battaglia, così come - territorialmente – in ogni paese vi fosse chi la rappresenti, la promuova, si coordini con noi e con ogni altro che la condivida.

SCRIVETE SUBITO:

PER EMAIL A segretario.radicali@radicali.it

PER POSTA A Via di Torre Argentina 76, 00186 Roma

PER FAX AL NUMERO 0668805396

sabato 6 settembre 2008

Spot Antiproibizionista: http://www.antiproibizionisti.it/donsalvo.asp

giovedì 4 settembre 2008

Voglia di guerre...


Arriva l'autunno, e i venti di guerra cominciano a soffiare con sempre maggiore insistenza, come in preparazione di una “Tempesta Perfetta.” Uno di questi refoli non esattamente rassicuranti è arrivato dall'Olanda: L'agenzia di intelligence olandese AIVD ha condotto un'operazione ultrasegreta in Iran allo scopo di infiltrare e sabotare l'industria delle armi nella repubblica islamica.
L'operazione, ritenuta un grande successo, è stata recentemente annullata a causa di un imminente attacco aereo all'Iran. Gli obiettivi includono i siti collegati allo spionaggio olandese. …

Uno degli agenti coinvolti, che si è infiltrato nell'industria iraniana sotto la supervisione del AIVD, è stato di recente richiamato perché gli Stati Uniti hanno preso la decisione di attaccare l'Iran con UAV nel giro di qualche settimana. Gli obiettivi potenziali comprendono non solo gli impianti nucleari, ma anche le installazioni militari che sono state mappate dal AIVD. Secondo le fonti le informazioni ottenute dall'operazione del AIVD sono state condivise con l'agenzia di intelligence americana CIA.
Si attendono conferme, ma le strane notizie recentemente circolate sul mercato dei metalli preziosi, con misteriosi grossi compratori che fanno incetta d'oro e d'argento, aggiungono una sfumatura inquietante all'atmosfera già di per sé piuttosto pesante:

Rand Refinery Ltd., la più grande raffineria d'oro del mondo, è rimasta insolitamente senza Krugerrands sudafricani dopo un ordine “insolitamente grande” di un compratore in Svizzera.

L'ordine era per 5.000 once e bisognerà attendere fino al 3 settembre perché le scorte siano ricostituite, ha detto Johan Botha, portavoce per la Rand Refinery a Germiston, ad est di Johannesburg. Ha rifiutato di identificare il compratore.

Le monete e i lingotti di metalli preziosi stanno attraendo gli investitori come porto sicuro contro un dollaro in caduta ed il conflitto fra Russia e la confinante Georgia. La Zecca degli Stati Uniti ha sospeso le vendite delle monete d'oro American Eagle da un'oncia, Johnson Matthey Plc non accetta più ordini alla sua raffineria di Salt Lake City per i lingotti d'argento da 100 once e Heraeus Holding Gmbh ha una lista di attesa di consegna di fino a due settimane per gli ordini di lingotti d'oro in Europa.
Che sia davvero il segno di un prossimo colpo di coda neocon? Intanto il generale russo Ivashov, mentre la NATO aumenta la sua flotta nel Mar Nero, ha già dichiarato che gli USA e la NATO hanno armato la Georgia proprio in vista di un attacco in Iran, ed ha avvisato che un'eventuale ulteriore assistenza militare alla Georgia per operazioni in Abcazia e Ossezia sarà considerata un atto di guerra.

Tratto da: http://gongoro.blogspot.com/

martedì 2 settembre 2008

Dibattito libertario sulla gestione dell'ambiente


Dibattito tra libertari:
La preservazione dell'ambiente è come si può immaginare una delle preoccupazioni, più grandi per i sostenitori del libero mercato in un sitema anarchico, il problema sta nel cercare di conciliare il mercato con la natura e il cercare di capire come e se privatizzare per migliorare ciò che con una gestione statalista risulta sempre un gigantesco danno.
Di questa questione ne hanno discusso Domenico Letizia e Davide Fidone del movimento anarcoliberale:

Domenico:

Come ogni anno al telegiornale è andato in onda un veloce resoconto delle specie in via di estinzione. Un animale meraviglioso e molto minacciato sono le balene, pescate principalmente dalla flotta giapponese. In effetti è incredibile che i banalissimi polli si moltiplichino e le maestose balene debbano sparire. Non mi pare però una cosa inspiegabile: i polli hanno dei padroni che si prendono cura di loro, le balene no. Sono sicuro che se le associazioni ambientaliste potessero "adottare" i cetacei, e rivendicare legalmente diritti di 'proprietà' contro chi attenta alla loro esistenza, la tendenza si invertirebbe. Qualcuno ha scritto:
"Se la General Motors possedesse il fiume Mississippi, stiamo pur sicuri che verrebbero chieste alte tariffe per gli effluenti alle industrie e alle amministrazioni comunali site lungo le rive, e l'acqua verrebbe mantenuta pulita, tanto da massimizzare i proventi degli appalti concessi alle imprese che volessero acquisire i diritti all'acqua potabile, alla ricreazione e alla pesca
commerciale."
Sottolineo la particolarità che ad occuparsene devono essere gli
ambientalisti e tali associazioni.

Davide:

Anche questo è un punto molto importante.
Al contrario degli anarco-capitalisti, io penso che la privatizzazione delle risorse ambientali non garantisca affatto la loro preservazione. Ad esempio la General Motors potrebbe ottenere maggiori profitti dalle industrie che pagherebbero per scaricare le proprie scorie nel fiume, piuttosto che dalla vendita dell'acqua potabile o dalle attività di pesca. Analogo discorso si potrebbe fare per il proprietario di un bosco che potrebbe disboscare e ricavare profitto dalla vendita del legname, per poi riutilizzare il terreno per altre attività più proficue. Così facendo in breve la terra verrebbe disboscata.
La soluzione secondo me consisterebbe invece nella nascita di agenzie di protezione ambientale private ed in concorrenza tra loro, pagate da chiunque abbia a cuore una certa risorsa ambientale per proteggerla anche con la forza. Ovviamente le agenzie che dimostrassero di ottenere i migliori risultati otterrebbero più sottoscrizioni. Anche oggi è possibile sottoscrivere o fare donazioni ad associazioni ambientaliste, ma queste non sono certe autorizzate all'uso della forza. Se legambiente, la lav, il wwf o qualsiasi altra associazione ambientalista potesse proteggere l'ambiente e/o gli animali anche mediante l'uso della forza (compito finora monopolizzato dallo stato che ovviamente se ne frega della preservazione di queste risorse), l'ambiente e gli animali sarebbero sicuramente meglio protetti e quelle associazioni potrebbero ottenere più sottoscrizioni perchè la loro utilità sarebbe meglio percepita dall'opinione pubblica. Tra l'altro la protezione ambientale non sarebbe più appannaggio solo delle associazioni no-profit, ma potrebbe costituire una vera e propria attività economica generante profitti, facendo nascere veri e propri
professionisti della protezione ambientale in concorrenza tra loro, col risultato di massimizzare l'efficienza della protezione.
L'attività di queste agenzie di protezione non equivarrebbe all'acquisizione della risorsa protetta da parte dell'agenzia, cosa che sarebbe troppo dispendiosa ed economicamente svantaggiosa per l'agenzia stessa. Più semplicemente le agenzie di protezione potrebbero anche consentire la fruizione pubblica o di altri privati della risorsa, limitandosi a regolarla ed a vietarne ogni possibile danno.
Ad esempio, tornando al caso del bosco, un'agenzia di protezione potrebbe anche lasciare che sia un altro individuo il proprietario, limitandosi a vietarne il disboscamento e inducendo il proprietario verso altre forme di profitto meno dannose come l'apertura di un agriturismo. Questo a conferma del fatto che la proprietà privata sarebbe si alla base dell'organizzazione sociale, ma non costituirebbe affatto un diritto assoluto, bensì una pretesa che gli altri potrebbero riconoscere o meno, oppure riconoscere ponendo delle condizioni o limiti.

Domenico:

Trovo davvero interessante il tuo intervento che condivido, infatti come ho scritto nell'articolo questo problema dovrebbe essere affrontato da associazioni e individui che pensano all'ambiente...
Cioè facendo l'esempio del fiume, mettendo sul mercato tale fiume, e ci sono due individui io come sostenitore dell'associazione, sostengo quello che è più conosciuto per la sua azione con l'ambiente.
Sulla questione dell' ambiente non sono così pessimista, perchè ritengo che se un imprenditore sa quello che fà di certo non rovinerebbe il suo ambiente naturale quel bosco o quel lago, perchè se lo inquino o lo disbosco di certo ci guadagnarei, ma non è un investimento, prima o poi il legno finisce, prima o poi compio un disastro ambientale inquinando quel lago, cosa che comporterebbe pure un danno alle altre proprietà e alle altre persone (es inquinamento della natura e delle falde acqiufere)
quindi secondo un ragionamnto che può essere anche semplicemente a scopo di lucro, io guadagno di più preservando l'ambiente, anzi più lo preservo più ci guadagno.... La soluzione, sarebbe quelle delle agenzie private o dei privati che privatizzano quel posto ma semplicemnte perchè lo devono curare...
Si sono d'accordo con quanto detto da davide, anche perchè se solo voglio pensare al profitto è un ragionamnto ottimo.
Oggi legambiente e il wwf otterebbero molto consenso, proprio perchè preservano, come una riserva di uccelli potrebbe essere privatizzata alla lipu, cioè basta sapere (e di certo non si può nascondere non a lungo almeno)la lealtà dell'organizzazione per tale causa...

"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )