SITO ANARCOLIBERALE A CURA DI DOMENICO LETIZIA. Laboratorio per un Neo-Anarchismo Analitico che sia Liberoscambista, Volontarista, Possibilista e Panarchico con lo sguardo verso i valori del Liberalismo Classico, del Neo-mutualismo e dell'Agorismo. Un laboratorio che sperimenti forme di gestione solidali, di mercato dencentralizzato e di autogestione attraverso l'arma della non-violenza e lo sciopero fiscale, insomma: Disobbedienza Civile

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lunedì 31 marzo 2008

Un bel manifesto politico

domenica 30 marzo 2008

il test che ti testa



Ho fatto il test nonostante non andrò a votare. Sono sorpreso della mia vicinanza con l'Italia dei valori e parzialmente per quella con la lista Per il bene comune. Contento per la mia vicinanza con Boselli e il Partito socialista, non sorpreso per la vicinanza con il PCL di Ferrando sorpreso per la distanza con Sinistra critica. Contentissimo per la mia totale distanza con l'Udc

Per il test: http://www.voisietequi.it/

mercoledì 26 marzo 2008

Ricordando Franco Salomone

Ieri, dopo una lunga malattia, si è spento nella sua abitazione savonese, all’età di 60 anni, Franco Salomone, storico militante dell’anarchismo italiano. Avendo fatto parte fin dalla metà degli anni Sessanta di diverse organizzazioni comuniste libertarie in Liguria a fianco di personaggi come Umberto Marzocchi ed avendo sempre avuto un rapporto organico con le organizzazioni francesi. Agli inizi degli anni settanta fu l'animatore della rifondazione dell'anarchismo di classe, con i Congressi dei Lavoratori Anarchici, che formarono molti militanti della sinistra antiautoritaria e in contemporanea la rinascita di federazioni di tendenza che allora si definiva comunista libertaria, in somiglianza con quanto avveniva in Francia. Nel 2003 ha aderito alla Federazione dei Comunisti Anarchici. Franco Salomone è stato anche storico dirigente della CGIL di Savona, per la quale è stato per anni responsabile della sanità e dal 1997 al 2003 Segretario Generale della Funzione Pubblica. La Cgil di Savona esprime cordoglio per la scomparsa.

"Franco Salomone è stato anche storico dirigente della CGIL di Savona per la quale è stato per anni responsabile della Sanità e dal 1997 al 2003 Segretario Generale della Funzione Pubblica. Tutta la CGIL di Savona ricorda con affetto Franco e ne piange la scomparsa".

domenica 23 marzo 2008

sabato 22 marzo 2008

..Però...son originali..

(DAl BLOG:''LIBERTARIO'')
C'è da dire che i leghisti son originali quanto assurdi sono i loro programmi politici.
L'idea però non è del tutto da buttare, io i leghisti conservati in delle riserve ce li vedrei bene.

venerdì 21 marzo 2008

Bellezza da Berlino Est con tanto di foto...






Il 9 novembre 1989, il mondo intero assiste alla caduta del muro di Berlino. Nel caos che ne consegue, fra parenti ritrovati, brindisi sulle macerie, espropri e confusione, a Berlino Ovest i prezzi dell'affitto salgono alle stelle, mentre a Belino Est ci sono migliaia di spazi vivibili vuoti.
Nel 1990 il numero dei giovani tedeschi che si trasferiscono negli appartamenti vuoti aumenta vertiginosamente.
Viene creato il Coordinamento degli squatters, rappresentante di più di 120 edifici occupati.La polizia della Germania dell'Est evita le aree dominate da quelli che il decrepito governo di Pankow considera “anarchici e provocatori fascisti”. Nel novembre del 1990vengono sgomberati tre palazzi in Pfarrstrasse e in Cotheniusstrasse. Seguono azioni di protesta nel quartiere di Fridrichshain, cannoni ad acqua iniziano a sparare contro le case occupate in Mainzerstrasse.
Il giorno dopo più di 4.000 uomini della polizia antisommossa e dei comandi speciali sgomberano brutalmente le barricate di Mainzerstrasse e le case di Kadinerstrasse e Lubbenerstrasse.
Nonostante le proteste dei Verdi e delle associazioni cittadine che reputano che all'interno di certi squat vengano portate avanti anche forme d'arte e di integrazione sociale, la politica della repressione è continuata fino ad oggi.
Bisogna ammettere che passata la prima inevitabile fase di emarginazione e rottura, in questi luoghi si sono sviluppati molti progetti dai contenuti diversi.
Case occupate da associazioni omosessuali, librerie di movimento e di politica, locali di vendita di bevande e generi alimentari, una cooperativa di diffusione dei prodotti delle ex-comunità agricole della ex-DDR, un parco giochi con costruzioni in legno e vasche di sabbia.
Nonostante la “turistizzazione” di questi vecchi luoghi di emarginazione, lo spirito libertario aleggia nell'aria.

martedì 18 marzo 2008

Divertiamoci da Libertari!

lunedì 17 marzo 2008

Piena solidarietà al grande Tommaso

Una busta con otto proiettili, e una lettera con minacce di morte rivolte al presidente della Commissione Ambiente al Senato, Tommaso Sodano, sono state trovate, stamattina, nel comitato elettorale di Sinistra Arcobaleno a Pomigliano d'Arco in provincia di Napoli, cittadina natale del senatore.
Secondo quanto si e' appreso, la busta sarebbe stata fatta scivolare da un buco praticato nella saracinesca della sede di via Ettore Cantone, inaugurata solo qualche giorno fa.
All'interno della busta c'erano sei proiettili calibro 38 special, e due proiettili calibro 22, accompagnati da una lettera minatoria, scritta a mano ed in
stampatello, rivolta a Sodano, nella quale si intima al senatore di "andare via da Pomigliano d'Arco", cittadina che "deve essere libera dai comunisti": "A Roma non ti vogliono bene - si legge nel messaggio minatorio - e neanche a Pomigliano. Se non andrai via, sono costretto da forze maggiori ad ucciderti".


Parole che secondo me sono commissionate non solo dalla camorra ma anche da qualche diessino filo-cammorista che, veramente, da Roma detta comando.

Fermiamo il Regime Comunista

venerdì 14 marzo 2008

Orrori dal comunismo-capitalismo


Gli Stati Uniti hanno condannato - anche se misurando i termini - la repressione dei monaci in Tibet da parte della Cina e hannochiesto a Pechino di rispettare le differenze culturali del paese. Il messaggio è stato affidato all'ambasciatore americano a Pechino Clark Rand. "Le forze di sicurezza cinesi non devono usare la forza contro i dimostranti - ha aggiunto il portavoce del Dipartimento di Stato Sean McCormack- Il presidente Bush ha da tempo detto che Pechino deve rispettare le minoranza e riaprire il dialogo con il Dalai Lama".
La protesta dei monaci a Lhasa, la capitale del Tibet, è iniziata lunedì 10 marzo, in occasione dell'anniversario del fallito tentativo per la conquista dell'indipendenza della Cina del 1959. Cinque giorni dopo le forze dell'ordine cinesi hanno tentato di arginare la protesta attraverso l'uso della forza militare. Anche l'Unione Europea, attraverso una dichiarazione del ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, ha chiesto a Pechino di mostrare "moderazione" nella regione autonoma.
La repressione della protesta dei monaci avviene a meno di cinque mesi dall'inizio dei giochi Olimpici di Pechino, e la Cina continua a essere sotto il mirino della Human Right Watch , l'associazione internazionale che si occupa del rispetto dei diritti umani nel mondo. La Human Right Watch accusa la Cina di aver aumentato le forniture di armi in Sudan durante le ultime stragi in Darfur. La Cina è uno dei maggiori partner commerciali, soprattutto grazie all'importanza dei rifornimenti di petrolio garantiti dal paese africano.

mercoledì 12 marzo 2008

Perché non voterò per Obama.


Negli Stati Uniti si è sviluppato un movimento entusiasta di sostenere il
senatore Barack Obama, come candidato democratico alle elezioni presidenziali.
Egli riesce a mobilitare ampie forze, specialmente tra i giovani adulti, ma
riceve anche un grande sostegno dagli ambienti di sinistra: dai liberali ai
socialdemocratici, agli stalinisti. Benché io apprezzi l'aspetto movimentista
di questo appoggio popolare, personalmente no, non voterò per lui. Non intendo
convincere i miei amici, i miei familiari oppure i miei colleghi di lavoro a
non votare per lui, ma mi piacerebbe cambiare il loro modo di pensare. E'
tipico dei liberali & co. all'inizio della campagna elettorale dichiarare che
il candidato democratico sia il "male minore" (ammettendo così che il lui o la
lei candidato sia comunque un male). Ma più le elezioni si avvicinano, più
aumenta il convincimento della bontà del candidato. (In psicologia si chiama
operazione di dissonanza cognitiva. Dopo tutto, come si può ammettere con se
stessi che si sta appoggiando in qualche modo il male? Per cui ci si
autoconvince che quello che era il male minore è in realtà il politico buono.)
Permettete che vi racconti alcuni aneddoti sul vero Obama. Su "The Nation" del
18 febbraio scorso, giornale della sinistra liberale, Christopher Hayes ha
scritto un articolo pro-Obama, intitolato "La scelta" in cui rammentava: "per
la sinistra di Chicago, la prima campagna elettorale di Obama e la sua
susseguente elezione a senatore fu un grido collettivo e contagioso... La
Chicago giovane e progressista sentiva... che Obama era uno di loro ed era
stato eletto al Senato (p. 20)."
E tuttavia... "purtroppo però le cose cambiarono", scrive il sostenitore di
Obama. "Ben presto, Obama... sbiadì verso il centro... inquadrandosi tra i
senatori democratici moderati" (ibidem).
Sembra l'ennesima tipica storia di un giovane idealista che viene corrotto dal gioco della politica elettorale borghese.

Hayes sospetta che ciò sia stato dovuto al fatto che Obama avesse "un occhio su
di un incarico nazionale".
Ma vi erano altre forze corruttrici. Ad esempio, Obama si è vantato nello Iowa di aver fatto passare una legge più restrittiva sui controlli nelle centrali nucleari. Nel caso specifico si trattava di una risposta alla Exelon Corp., la quale non si era curata di informare la gente su emissioni radioattive verificatesi in uno dei suoi impianti.
Il Senatore Obama aveva messo in riga sia la Exelon che gli ispettori federali e presentato un disegno di legge per costringere le compagnie dell'energia nucleare a rendere pubblica ogni sia pur minima dispersione. In un comizio, Obama ha detto che siè trattato dell'unica legislazione sul nucleare passata grazie a lui nel 2007
(New York Times, 2/3/08, p. A1)".
Tuttavia, tutto ciò non corrisponde al vero. E' vero che Obama abbia presentato
questo disegno di legge, ma quest'ultimo ha subito così tante modifiche da
perdere ogni efficacia sull'industria dell'energia nucleare, fino ad essere
accantonato. Quindi non c'è nessuna legge approvata che regoli l'industria
dell'energia nucleare di cui Obama possa vantarsi. Ma come mai Obama alla fine
ha ceduto? Il New York Times riporta che la Exelon era "una delle più generose
fonti di finanziamento della campagna elettorale di Mr. Obama (ibidem, p.
A17)". Dal 2003, Obama ha ricevuto più di $227.000 da funzionari e dipendenti
della Exelon. Due dei massimi dirigenti della Exelon sono tra i suoi maggiori
donatori. Il capo della strategia politica di Obama è stato consigliere della
Exelon.
In breve, le sue buone intenzioni (sono sicuro che Obama avesse inizialmente le
migliori intenzioni e che non sia un affatto un impostore) sono state
sopraffatte dall'influenza del grande business. Naturalmente Obama è un
convinto sostenitore dell'economia capitalista. Egli spera di diventare un
dirigente dell'economia capitalista e non si mette certo contro il mondo degli
affari. E nonostante i sindacati lo appoggino, senza dubbio egli negherebbe la
necessità del conflitto tra lavoro e capitale. Tenere insieme forze tra loro
confliggenti è una delle sue idee forti. Ad esempio, invece di battersi per un
piano di semplificazione dell'assicurazione sanitaria - che metterebbe fuori
gioco il business delle assicurazioni - Obama propone un programma sanitario
che comprende anche le compagnie di assicurazione, garantendo loro
finanziamenti in quantità. Ma, come nel caso del disegno di legge sull'energia
nucleare, le compagnie di assicurazione faranno il possibile per far modificare
il testo originale e per far cassare tutto ciò che può nuocergli.
Forse per la maggior parte delle persone, ciò che in Obama attira di più è la
sua opposizione alla guerra in Iraq. A differenza della senatrice Hillary
Clinton (lasciamo perdere John McCain), Obama si è opposto alla guerra fin
dall'inizio. Ma questa sua posizione non ne fa un candidato contrario a tutte
le guerre. Egli propone il ritiro della maggior parte delle truppe USA, ma dice
pure che rimarrebbe in Iraq un numero significativo (ma non precisato) di forze
per proteggere il personale impegnato nella formazione militare delle truppe
del governo fantoccio di Baghdad e per "colpire Al Qaeda." Nessuno poi saprebbe
dire cosa farebbe veramente Obama di fronte ad una caduta del governo iracheno.

Ma che Obama continui oppure no questa guerra, egli resta comunque un
sostenitore dell'impero USA. Un impero che ha basi militari in circa 150 paesi
e alleati militari in tutto il mondo. Nonostante sia in declino, questo impero
domina ancora l'economia internazionale e drena risorse da ogni continente.
Obama è un uomo di questo impero, che egli considera in termini di "interesse
nazionale", volendo dire con questo gli interessi della classe dominante negli
USA (inclusi i dirigenti della Exelon). Proprio perché difende questo impero,
Obama è destinato a restare in Iraq ed a farsi coinvolgere in altre guerre. Del
resto, nelle interviste che ha rilasciato, ha già dichiarato che non esiterebbe
a bombardare il Pakistan ed a prendere in considerazione un'azione militare
contro l'Iran.

Un altro fattore di attrazione è il suo essere nero. Proprio il suo essere se
stesso, un afro-americano, mette in evidenza la possibilità che la gente di
colore si faccia strada nella società americana, fino a diventare persino
presidente degli Stati Uniti. Tuttavia, restano sul tappeto i veri problemi del
razzismo negli USA. La maggior parte degli afro-americani rimane negli strati
più bassi della società americana, sempre più impoveriti, gli ultimi a trovare
lavoro ed i primi ad essere licenziati, e sempre vittime della violenza della
polizia. Tutto questo non cambierebbe nemmeno con la novità di un presidente
nero. Un vero superamento del razzismo richiederebbe una rivoluzione sociale,
non certo l'elezione di una sola persona.

A denti stretti, molti liberali e molti socialdemocratici, ammettono che Obama,
al pari di Hillary Clinton, non è che un candidato del capitalismo, del
militarismo, e dell'imperialismo. Ma si affrettano ad aggiungere che comunque
Obama è un male di gran lunga minore del senatore John McCain. Quel McCain in
cui i Repubblicani hanno riposto tutte le loro speranze. A differenza di Bush
l'inetto, McCain è uomo intelligente ed arguto, un eroe di guerra, ed a volte
ha mostrato una certa umanità (come nel criticare la tortura, prima di
ritrattare tutto). McCain è ancora odiato da quella stessa destra estrema che
pure gli dà credito. Eppure per tutte queste ragioni, egli si è impegnato a
continuare la guerra in Iraq, se necessario per "100 anni...". In generale egli
darà seguito ai programmi del vile regime di Bush. E' importante quindi opporsi
alla sua elezione. Dato che il popolo degli Stati Uniti è ben lontano dal
sostenere una alternativa socialista o anarchica, ne discende che bisognerebbe
sostenere Barack Obama, il male minore.
Vorrei rispondere che accetto il fatto che i Democratici, benché siano il male,
costituiscano tuttavia un male minore. Ma dubito fortemente che il male
peggiore possa essere veramente sconfitto appoggiando il male minore. Dopo
tutto, liberali, sindacalisti, la comunità afro-americana, il movimento delle
donne, il movimento ambientalista, la comunità GLBT, ecc., ecc., hanno
sostenuto i Democratici per decenni, per generazioni. E nel frattempo i
Repubblicani si sono spostati più a destra, e con loro i Democratici (ma stanno
un po' più alla sinistra dei Repubblicani). Bisogna dire che la filosofia del
male minore non sembri aver funzionato affatto.

Invece di fare comparazioni tra i Democratici ed i Repubblicani, propongo un
approccio differente: cosa è necessario fare per salvare il paese ed il mondo
dal disastro?
Ce l'ha il candidato un programma per impedire la crisi economica
in cui stiamo scivolando? O per prevenire il pericolo di una catastrofe
ecologico/ambientale/energetica? O ancora per invertire la proliferazione di
armi nucleari prima che scoppi una guerra nucleare? Pretendere che Obama (o
persino Ralph Nader, l'indipendente) ragionino in questi termini è assurdo.

Nessuna persona può essere il vero amministratore capo di una unità grande
quanto gli Stati Uniti. E l'altra faccia della medaglia ci fa vedere come il
voto di una singola persona non fa la differenza, in un paese così grande. Si
tratta una unità sociale proprio troppo grande. Abbiamo invece molto più
bisogno di democrazia, di politiche economiche e sociali vibranti a livello
locale, molto più di un presidente imperatore.
La gente mi ribatte: ma cosa succederebbe se ognuno o se molte persone avessero il mio stesso atteggiamento negativo verso le elezioni oppure verso i candidati pro-capitalisti? La mia risposta in genere è: Magnifico! Allora avremmo un
movimento di massa.

Le conquiste del movimento operaio negli anni '30 furono ottenute soprattutto
con i presidi nelle fabbriche e con gli scioperi di massa. Le conquiste degli
afro-americani negli anni '50 e '60 furono ottenute con la disobbedienza civile
e le rivolte nelle città. La lotta contro la guerra in Vietnam si fece con
manifestazioni di massa, scioperi studenteschi e rifiuto del servizio di leva.
Le conquiste della maggior parte dei movimenti sociali sono state ottenute
senza politiche elettorali, senza eleggere il politico del male minore. Le
iniziative elettorali indipendenti come quelle di Ralph Nader o del Partito
Verde non hanno mai avuto grande utilità. E se mai avessero successo (come è
accaduto in alcuni paesi europei), verrebbero presto corrotte dalle pressioni
dell'elettoralismo, della finanza, dalla necessità di amministrare un
gigantesco governo capitalista.
Il mio scopo non è dunque quello di convincere le persone a non votare. Ma è
quello di far crescere la fiducia nella lotta indipendente di massa. Un solo
sciopero generale negli Stati Uniti farebbe avanzare la lotta per la libertà
molto più di qualsiasi Obama.
E' entusiasmante vedere il consenso popolare per Obama, specialmente tra i
giovani. Questa può essere la base per la nascita di una Nuova Sinistra, per
una nuova ondata di radicalizzazione. Purché si fondi sul riconoscimento della
verità e sul dire la verità, in tutta la sua radicale evidenza - senza
capitolare di fronte alle illusioni che molti ancora hanno. Una nuova
radicalizzazione si svilupperà quando la gente avrà perso ogni illusione in
Obama e nei Democratici. Questo deve accadere, Oppure tutti noi saremo in un
mare di guai.



Wayne Price

lunedì 10 marzo 2008

Sotto la scorza dell'Anarchico


Paolo Maurizio Bottigelli continua a vestire di nero, come gli esistenzialisti francesi e gli anarchici di allora. Scrive poesie, legge molta letteratura e parte dalla fine, quando il movimento si perse per strada, perché ognuno cercava un rifugio, un posto. Alcuni lo trovarono nel terrorismo, altri in banca. Proprio come in una canzone di Antonello Venditti, "Compagno di scuola". Che ancora oggi riporta indietro nel tempo.
Cos'hanno rappresentato, per te, quegli anni?
Tanto, tantissimo. Ma voglio partire da un libro, "Il viaggio", di Bernward Vesper, un autore tedesco che mi ha consolato quando finì la nostra voglia di rivoluzione, nel senso che il sistema ci inglobò. Ebbene, quel libro lo porto spesso con me, è stato una sorta di aiuto, di conforto. Un libro strano, diverso, che forse meglio di ogni altro ha saputo interpretare il disagio di noi giovani di allora, quando ci accorgemmo che era finito tutto e che bisognava rientrare. Qualche amico non è più rientrato, penso a Gianni Metti che nei primi anni Ottanta, dopo un percorso di droga piuttosto brutto, decise di farla finita sull'argine del Po, a bordo della sua Renault 4. Aveva attaccato il tubo del gas a quello di scappamento e si era chiuso in auto, lasciando una lettera commovente che il Comune pubblicò e distribuì nelle scuole, come monito per i giovani. Quella lettera si intitolava "Vi amo, addio", ed era dedicata in particolare al padre. E insieme a lui un altro amico, Ivano Moreno, che dagli ideali rivoluzionari finì in un tunnel da cui non uscì più e venne trovato morto in casa, una mattina. Tanti giovani sono finiti così, altri hanno abbracciato la lotta armata. E da quel giorno in cui entrarono nel terrorismo decisero di morire, per sempre, imbracciando un mitra o una pistola, rapinando una banca per finanziare una rivoluzione che non sarebbe più arrivata. Perché la vera rivoluzione la stava facendo il capitale. Questa è l'amara realtà, e parlarne oggi mi lascia tanta tristezza nel cuore.
Come iniziò la tua esperienza di anarchico?
Con alcuni amici ascoltavamo i racconti di vecchi partigiani, come Pietro Giacobbi, Giacomo Canepari, Emilio Cammi e ci iscrivemmo al circolo "Emilio Canzi". Questa piccola associazione aveva sede in via Mazzini, all'angolo con via S. Rocchino, e lì conoscemmo gli autori dell'anarchismo internazionale: da Bakunin a Cafiero, ma ascoltavamo anche Radio Montecarlo con Herbert Pagani, popolare cantautore milanese che troppo presto ci ha lasciati, che ci insegnava il ruolo dirompente della musica. Gli Who, i Rolling Stones, Bob Dylan e brani come "My generation". C'era stato, qualche anno prima, l'episodio de "La Zanzara", il giornale sfornato dagli studenti di un liceo milanese. Erano i primi segnali di una rivolta che sarebbe venuta avanti inesorabilmente. Ma quegli anni, trasversalmente, toccarono tutti noi giovani. C'erano quelli del Psiup (i fratelli Mantovani e Carlo Berra), i militanti di Lotta Continua tra i quali voglio ricordare Adriano Corsi, i ragazzi di "Servire il Popolo" di cui rammento Marioluigi Bruschini, quelli del Movimento Studentesco, penso a Ivano Tagliaferri e gli esponenti del maoismo, con il Partito Marxista Leninista d'Italia, Massimo Cardani e i fratelli Manin, ma anche Democrazia Proletaria con Gianni Gandola e Giuliano Guidi. Ma prima ancora c'erano stati quelli di Vietnam Libero e figure come Cristiano Dan, Luigi Redalelli e gli esponenti della Comunità di San Lazzaro. Ricordo che una sera, al Municipale, nel 1967, venne il poeta Raphael Alberti: un mito, per noi giovani anarchici e i ragazzi di allora. Le sue poesie erano pane per i nostri denti. Ebbene, contestammo la sua presenza perché si era esibito nel tempio della borghesia cittadina. Penso sbagliassimo, ma allora andava così. Io ero spesso insieme al mio amico Giuseppe Ranza, detto Pigi, prima in via Mazzini e poi al Circolo Enal di San Bartolomeo. A proposito di quel circolo, ricordo che una sera arrivò Lucio Dalla, voleva salutare Manolo, lo strumentista piacentino che lo accompagnava nelle tournée. Sembra molto strano, ma in fondo è tutto vero e sembra di aver vissuto un sogno.
Tu hai conosciuto anche Nello Vegezzi, che ricordo hai riferito a lui, in quegli anni?
Nello era un anarchico allo stato puro. Aveva fatto l'esperienza di scuola di cinematografia a Parigi ed era tornato a Piacenza, quando c'erano i cortei e le manifestazioni era lui a chiudere con la sua bandiera nera, bandiera anarchica. Il suo slogan era molto semplice: pane e salame. Quasi a voler racchiudere nella semplicità di queste parole concetti veri, autentici, contro il linguaggio a volte eccessivo dei tanti gruppi che appartenevano alla cosiddetta ultrasinistra. Era semplice, modesto, molto intelligente. A volte sosteneva che la salvezza avrebbe potuto essere rappresentata con la frase "Tutto il potere alla poesia", e alcuni suoi versi furono apprezzati da scrittori quali Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia e Dacia Maraini. Era un uomo molto colto e profondamente mite, con una grande vena artistica. Romano Gobbi, che oggi gestisce la Libreria Internazionale, espose i "Sassi colorati" del Nello, e penso abbia avuto delle grane con la censura.
Come vi muovevate all'interno della città?
Io facevo capo a Lotta Anarchica. Si andava a volantinare davanti alle fabbriche, e a predicare l'autogestione. In particolare andavamo davanti alla Safta e all'ex Arbos, citando l'esempio di un'azienda in Belgio che riuscì a proseguire e a sopravvivere per un anno in completa autogestione. E poi mi ero specializzato in scritte sui muri, soprattutto tra la zona di via Mazzini e via Sant'Eufemia. Una sera arrivò una volante della polizia, vide che stavo scrivendo e ingoiai i gessi. Ricordo un comizio quando venne l'onorevole Caradonna a Piacenza, c'erano schierati i celerini del battaglione Padova, mentre io da solo stavo per scagliarmi contro questo esercito di elmetti e di scudi, mi fermò e credo sia il caso di dirlo, mi salvò, Lorenzo Tacinelli, col quale ho sempre avuto un ottimo rapporto. Si andava a mangiare nei posti in cui c'erano soprattutto compagni e amici: da Giulio il Rosso a Barriera Torino, alla trattoria S. Stefano dove c'era uno strano personaggio che veniva definito "il geometra", alla Muntà di Ratt. Personaggi particolari, gente semplice, uomini che credevano in un futuro migliore. E poi, al bar Taverna, conobbi partigiani quali Enrico Cademartori e anche l'avvocato Felice Trabacchi. Ci vedevamo quasi tutti i sabati nel suo studio, era bravo, Trabacchi: era stato in grado di colmare il gap generazionale esistente tra i giovani e gli adulti. Ho un ottimo ricordo di lui, ma anche di tanti altri partigiani. Avevamo rispetto per politici quali Umberto Terracini, Lelio Basso e Sandro Pertini. Per un certo periodo trasferimmo la nostra sede in via Mazzini, avevamo una biblioteca molto fornita. Tanti libri di letteratura. Volevamo mettere in piedi un centro di lettura di quartiere. In casa di Pier Giorgio Poisetti scoprii un volume che cambiò la mia vita, "Juke box all'idrogeno". Ma leggevo anche Cesare Pavese, Jean Paul Sartre e Friedrich Nietszche: l'immagine del superuomo era speculata all'immagine dell'individuo liberato dai tabù. Ma ascoltavo anche il rock, Jimi Hendrix. Ricordo che andavo ad acquistare gli ellepì sotto la galleria della Borsa, al Club 33gestito da Maurizio e Tiziano Sesenna. Quest'ultimo, purtroppo, rimase vittima di un incidente d'auto a Parigi. Molti amici di allora se ne sono andati, altri hanno fatto carriera. Io ho cercato di portare avanti le mie idee con coerenza. Ricordo che dopo gli studi all'Agrario venni assunto in banca e mi presentai con i capelli lunghi, i miei maglioni neri: fui sospeso diverse volte, fortunatamente venni sempre riammesso. Non ne volevo sapere di adeguarmi al sistema, ma ne facevo parte.
Tu hai frequentato anche Andrea Valcarenghi e hai vissuto l'esperienza di "Re Nudo"?
Sì, è vero. Era l'ala più libertaria, più freak di allora. Con Valcarenghi c'erano Fiorella Gentile e Claudio Rocchi, che qualche anno dopo ebbe una breve stagione come cantautore. Ma ho conosciuto anche l'anarchico Pinelli, era una persona onesta, leale, credeva nella solidarietà e nella giustizia. Nel '69, quando vi fu la strage di piazza Fontana, si volle far ricadere la colpa sugli anarchici, ma noi capimmo che il disegno era un altro. E lo si è scoperto, purtroppo, più avanti. Di certo, Pinelli entrò in Questura da solo e non ne è mai più uscito. Anni duri, di lotte e di scontri. Anni di diffidenza da parte dei partiti tradizionali nei nostri confronti, ma noi non eravamo violenti. Anzi, proprio l'opposto: eravamo contro la violenza per una società più giusta, impostata sull'individuo. Ho conosciuto anche Riccardo Bauer e ricordo, a Milano, una contestazione pesantissima ad Alberto Bevilacqua. Tutto ciò che era omologato non ci piaceva. Volevamo una cultura nuova, non paludata, ma soprattutto volevamo essere protagonisti. In quel tempo era forte la spinta antifascista del movimento anarchico soprattutto per il garrottamento di Puig da parte di Franco che era al governo in Spagna e l'Italia non aveva mosso un dito di fronte alla crudele esecuzione. A Parma era stato assassinato Michele Lupo, un militante di Lotta Continua, e noi anarchici eravamo considerati alla stregua dei Freak; ruotavano attorno al Movimento anche personaggi incredibili. Io mi ricordo Tamara Baroni di Parma, mantide caliente e donna spregiudicata, "pasionaria" e bellissima, capelli neri corvini e un corpo splendido, guardarla era come imboccare la via del Paradiso. Ci piacevano, poi, le belle ragazze. Una in particolare, la Leopolda, che con le sue minigonne vertiginose e il suo volto splendido aveva conquistato il cuore di tutti noi, giovani innamorati della Rivoluzione.

VERGOGNA ON-LINE

Ancora animali oggetti di maltrattamenti!

domenica 9 marzo 2008

Scrittori sardi. La ricetta del successo

Non è forse mai avvenuto, per dei libri pubblicati da scrittori sardi, quello che si è visto accadere nelle ultime settimane per i romanzi di Flavio Soriga e Milena Agus. Gli autori sono stati immediatamente ospiti delle trasmissioni radio che seguono le novità editoriali, le pagine culturali di tutti i maggiori quotidiani nazionali hanno recensito questi libri. Qualcosa del genere si era già visto con le uscite da Adelphi di Salvatore Niffoi, ma ancora si sottolineava l’eccezionalità della scoperta dello scrittore “sardo”. Oggi invece una serie di autori, i precedenti, e ancora Marcello Fois, Giorgio Todde e Giulio Angioni, sono pienamente inseriti nell’ambito dei protagonisti della produzione letteraria italiana.
E’ evidente che qualcosa di nuovo è accaduto.
Qualcosa che riguarda anzitutto le dimensioni del fenomeno. Chi vende centinaia di migliaia di copie di un libro fa guadagnare altrettanti euro ai suoi editori e si spera che qualcosa guadagni anche lui. L’artista sardo entra nel mercato culturale, cosa che non succedeva probabilmente dai tempi di Gavino Ledda e, ancora più indietro, di Grazia Deledda. Personaggi, in passato, oggetto di discussione da parte dell’ambiente culturale sardo, e non a caso. Dove c’è successo, e denaro, in tutto il mondo c’è invidia e competizione. E questo avviene inevitabilmente anche in Sardegna. Una società letteraria matura sembra non poter fare a meno della polemica, della stroncatura, anche del pettegolezzo.
Diversi sembrano gli elementi di novità che hanno dato una svolta alla produzione di opere letterarie in Sardegna. Questa, a dire la verità, non è mai mancata, ma certamente la nascita della casa editrice Il maestrale è stato un elemento di svolta. La Sardegna deve ancora una volta dichiararsi debitrice nei confronti di Nuoro per la capacità di marcare una presenza sarda nella cultura italiana senza complessi di inferiorità. Magari con la pretesa di essere particolarmente speciale e diversa rispetto al resto dell’Isola; mentre è vero invece che ci sono solo sfumature e gradazioni di tempo e di esperienze rispetto ad altre realtà sarde.
Il secondo elemento è stata una nuova attenzione da parte della critica e dei lettori italiani ed europei. Agli scrittori sardi di oggi è garantito un interesse che non sempre è stato concesso a Sergio Atzeni, il quale non è mai arrivato alle decine di migliaia di copie di vendita e all’eco mediatica attuale. Eppure tutto nasce con lui. La storia picaresca del giovane intellettuale che non trova spazio in Sardegna e deve andare a vivere da artista fuori dall’Isola è già presente nel conflitto con la realtà locale ostile e refrattaria de Il quinto passo è l’addio. La politica regionale, rappresentata dal politico con cui Ruggero Gunale ha lo scontro e il colloquio decisivo per la sua partenza, ha oggi per lo scrittore sardo la faccia solidale di Renato Soru. E’ questa un’altra indubbia novità, quella del feeling positivo tra gli scrittori sardi e la politica regionale.
Ad Atzeni si deve anche ciò che di meglio è stato scritto sinora sulla Sardegna che cambia, sulle mutazioni molecolari di linguaggio e di comportamento che avvengono nelle nostre città. Flavio Soriga dichiara di essersi ispirato per il suo Sardinia blues all’esempio di Bellas mariposas. Nessuno ha dimostrato di saperlo seguire allo stesso modo. Gli eroi del suo nuovo romanzo sono giovani cittadini in trasferta, anche se si muovono tra Villanova Truschedu e S’Archittu. Sempre una Sardegna estiva, sempre costiera, di un non-glamour che aspira a entrare nella luce dei riflettori. Manca invece ancora il racconto di questa enorme periferia metropolitana che è diventato il paese sardo. Dove muoiono, intossicati dall’alcool nei bar, i vecchi balenti della guerra senza fine nelle campagne e, allo stesso modo, i giovani che hanno il tifo calcistico come unica parola spendibile per comunicare la loro esistenza.
Nessuno si è ancora avvicinato a Sergio Atzeni nella reinvenzione mitica del passato dei sardi di Passavamo sulla terra leggeri; nessuno come lui ha amato, insieme, le vicende vere e le “fole” su quegli uomini, quei tempi, quelle usanze vere o presunte.
Dietro questo successo degli scrittori sardi c’è anche l’attenzione di un pubblico nuovo. Il poeta improvvisatore chiamava a sé nella piazza tutta la comunità. Si può azzardare il parallelo con le folle di giovani che accorrono alle presentazioni delle nuove uscite letterarie, così come ai vari festival che si tengono in diversi paesi e città? La Sardegna è notoriamente una terra di forti lettori. Di giornali, tanto come di libri. Qualcuno dovrà spiegare, prima o poi, come mai ha anche la scuola che respinge più alunni.
Alle radici dell’apprezzamento c’è ovviamente anche la qualità di queste produzioni letterarie. C’è un respiro nuovo, una capacità inedita di affrontare temi e storie sinora poco considerate. Lo scrittore sardo si considerava vincolato alla rappresentazione di vicende esemplari della propria storia, o comunque significative di una condizione generale. Oggi trova nel destino, nelle preferenze, nelle scelte di vita individuali dei personaggi il mezzo per un contatto più vero e universale con i lettori del mondo. Anche la coscienza linguistica ha subito in questi anni un’evoluzione. Intanto arrivano sulla scena autori che non sono più gravati dal peso, o dalla fortuna, di avere assimilato una lingua madre diversa da quella che hanno appreso a parlare e a scrivere a scuola. L’italiano è mezzo unico di espressione, dal tempo delle canzoncine infantili alle articolazioni dei linguaggi regionali e di quelli distinti per età e ambienti sociali diversi. La lingua sarda veglia in un angolo e aspetta la sua rivincita.

(Il Manifesto)

sabato 8 marzo 2008

Craxi (Ps): "Nessuna solidarieta' a Marco Pannella"


“A differenza di altre volte e per cause assai più nobili, Marco Pannella non riceverà alcuna solidarietà politica dal Partito socialista: l’accordo che cerca di difendere con lo sciopero della sete è la svendita sottocosto delle sue grandi battaglie civili per il testamento biologico, per la lotta alla fame, per le unioni di fatto e per la libertà di ricerca scientifica”.

“Motivazioni di ordine economico e una distribuzione dei posti sul ‘tranvai’ di Veltroni non valgono la nostra solidarietà. Piuttosto, questa rinuncia radicale spinge ed obbliga i socialisti e tutti i laici e libertari ad assumere la responsabilità di mantenere viva questa tradizione e tali impegni politici, al fine di battersi per queste cause. Saranno i socialisti a rappresentare, nel Paese e nel Parlamento italiano, non nella solitudine ma nella moltitudine dei consensi, questo spirito evaporato nelle fumisterie del ‘loft’ e distrutto dal bernoccolo degli ‘affari politici’ di Goffredo Bettini”.

giovedì 6 marzo 2008

DEDUTTIVISMO E INTUIZIONISMO: DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA


Metodologie “scientifiche” diverse da quella ipotetico-sperimentale sono il metodo assiomatico-deduttivo e il metodo intuitivo. Generalmente si tende a credere che questi siano i soli metodi possibili di conoscenza, si crede anche che uno escluda l’altro, in realtà essi sono “due facce della stessa medaglia”.
I deduttivisti accusano chiunque non la pensi come loro di essere degli intuizionisti, viceversa gli intuizionisti accusano di scientismo tutto coloro che credono nell’analisi critica. In realtà il metodo assiomatico non avrebbe senso senza il ricorso all’intuizione: chi sostiene che ogni concetto ne implica logicamente un altro, e così via, ritiene che prima o poi ci sarà un concetto primo immediatamente vero che si può raggiungere solo con l’intuizione.E’ una credenza comune a tutti gli assiomatici, da Aristotele a Russell, infatti, se la conoscenza fosse infinita, in un sistema rigorosamente logico si potrebbe dimostrare tutto e il contrario di tutto, mandando in frantumi tutta la struttura rigida di deduzioni: infatti in un sistema logico senza un principio intuitivamente evidente non si può mai sapere con certezza se tra i principi non ancora scoperti ce ne sarà uno in contraddizione con il sistema.
Se il deduttivismo ha bisogno, nelle sue estreme conseguenze, dell’intuizione, dall’altro canto anche gli “artistoidi” e gli intellettualoni da strapazzo non potrebbero sostenere la forza della loro conoscenza pura ed immediata, se non esistesse al mondo una conoscenza mediata. Che senso avrebbe parla di immediato in un mondo dove non c’è il mediato? Che senso avrebbero i simbolismi senza una realtà concreta da rappresentare? Per quanto ci sforziamo non è neanche pensabile un’intuizione immediata e irrazionale senza una realtà fatta di deduzioni mediate e razionali.
Cosa c’entra tutto questo con l’anarchia? Moltissimo. Il movimento anarchico è un movimento rivoluzionario che vuole rovesciare e il sistema esistente, abbattere l’autorità e costruire un modo senza sfruttamento, senza confini e senza galere. In altre parole il movimento anarchico vuole modificare la realtà. E’ quindi di estrema importanza osservare che la storia ci ha insegnato che la realtà viene modificata attraverso la sperimentazione di ipotesi alternative al mondo esistente.
La conoscenza di tipo deduttivo ha un limite enorme: non è ampliativa. In essa le conclusioni sono implicite nelle premesse. A implica logicamente B, ogni guerra implica logicamente una debolezza del capitalismo (come dicono i marxisti-leninisti), ogni tecnologia implica logicamente un attacco alla natura (come dicono i primitivisti), ecc. Ma di fatto quando una conoscenza non è ampliativa essa è immobile.
Una concezione assiomatica significa la difesa gelosa delle proprie posizioni e il disprezzo per idee nuove, credendo che la disgregazione della rigorosità della propria logica politica sia un elemento di debolezza e non di forza: significa in altre parole preferire l’omegeneità della propria organizzazione alla crescita del movimento rivoluzionario.

Non essere ampliativi significa non accettare al proprio interno posizioni non in linea, significa non aderire a lotte non deducibili dai santi principi enunciati dai Maestri (che essi si chiamino Marx Mao Stalin, o Bakunin e Malatesta poco cambia), significa per un trotzkista non fare il partito con un non trotzkista, per un anarchico comunista non lottare con un anarchico individualista e viceversa per un individualista disprezzare le lotte sociali.
L’assiomatico crede appunto che ogni passaggio sia la conseguenza logica della premessa, crede che solo da A=A si fa la rivoluzione, mentre sappiamo che paradossalmente le concezioni identitarie non solo non ampliano il soggetto che le predica, ma addirittura col passere del tempo lo indeboliscono e lo rimpiccoliscono.

La metodologia sperimentale diversamente produce elementi nuovi, amplia le nostre conoscenze inserendo nuove idee assurde non razionalmente già calcolate nel concetto precedente. L’anarchia è anch’essa quindi un’ipotesi, di fronte ad una realtà insopportabile alcune persone hanno ipotizzato una realtà diversa e l’hanno chiamata anarchia. Non è affatto scontato che l’anarchia un giorno ci sarà, il compito dell’anarchismo è quello di sperimentare quest’idea meravigliosa con la consapevolezza però che, come ogni esperimento, esso potrebbe anche fallire.Kropotkin ad esempio che sostiene la tendenza naturale all’anarchia su questo singolo aspetto aveva torto, dato che non esistono tendenze naturali, fili evolutivi prestabiliti da seguire.

martedì 4 marzo 2008

Chiudere i carceri? Si ne son convinto!

Spesso parlando con la gente mi capita di palrare di ergastoli, pena di morte, carcere duro e perfino di castrazione chimica. Io non solo sono contrario a tutto ciò ma ritengo dannosi i carceri come lo erano i manicomi. Le ragioni di questa costatazione? Stanno proprio nell'essenza del carcere! Allora, una riflessione: se analizziamo costituzionalmente il ruolo del carcere, dovrebbe essere un ruolo rieducatico di inserimento o meglio di rinserimento nella società, oggi il carcere non è nient'altro che il prodotto di odio e repressione, risultato? che chi esce dal carcere ne esce ancora più arrabbiato, ancora più antisociale ancora più criminale (se così vogliamo dire). Il fatto che l'indulto sia stato un completo fallimento dimostra soltanto che il carcere non è altro che strumento di repressione ed è anticostituzionale. Come si può valutare positivamnte un luogo dove si applicca odio istituzionale? senza dimenticare che oggi i carceri sono pieni sempre più di migranti e piccoli spacciatori se stessi consumatori.
Io mi dichiaro completamente contrario ai carceri per il semplice fatto che non portano soluziuoni anzi peggiorano la convivenza civile.
E' inutile inasprire la pena se poi comunque si prova odio e rabbia, e poi caro Veltroni ti prego di dichiarare il tuo partito una forza conservatore e di non nominare più il termine progressista, perchè un progressista, una sinistra che mi parla di castrazione chimica alla leghista con tutto il rispetto mi fa schifo!

lunedì 3 marzo 2008

Tornando a parlare di Lavoro


Negli ultimi tempi il termine ''lavoro'' aveva perso la sua connotazione politica per divenire una notizia di cronoca nera e bianca con aggiornamenti continui sulle morti e sulle invalidità causate da incitenti sul lavoro.
Con la campagna elettorale i partiti politici tornano a fare del lavoro il primo strumento di propaganda. Berlusconi ne parla, ovviamente segue a ruota Veltroni, Bertinotti ne ha fatto il perno fondamentale e diritto e dovere ne hanno di parlare le neo-formazioni comuniste dei ferrando e della Sinistra Critica.
Ma tutti sono consapevoli di un cambiamnto radicale di una fissazione anche mentale stesso dei lavoratori: il lavoro deve essere precario. Infatti non si parla di salari fissi di posti stabili di annullamento o superamnto della legge biagi ma si parla, e la ritengo anche una cosa giusta, di sicurezza di 626.
Fa rabbrividire che un uomo muore sul lavoro identicamnte come morì il padre in un altro incidente, come fa rabbrividire la giornaliera citazione morte bianca che giornalmente è fissata al numero 5 cioè 5 morti.
Il problema alla fin fine è proprio il lavoro perchè se si parla di lavoro e di morti sul lavoro se ne parla perchè qualcuno il suo, di lavoro, non lo fa o lo fa male.
la Sicurezza? Vedremo le soluzioni dei partiti. Io intanto la vedo amara, soprattutto con una vittoria di Veltroni che parlerà per la sinistra ma oggettivamente di destra.

domenica 2 marzo 2008

Elezioni: Radicali presentano simbolo


I radicali di Rita Bernardini e l'associazione politica 'Lista Marco Pannella' hanno depositato al Viminale due loro simboli per tutte le circoscrizioni italiane di Camera e Senato. Rita Bernardini indica Marco Cappato come capo della coalizione. Nel simbolo la dicitura 'radicali' ed una rosa. Marco Pannella indica se stesso come capo della coalizione. Nel simbolo la dicitura 'Lista Bonino per Pannella Presidente' ed in piccolo il simbolo 'antiproibizionismo sulla droga'.Emma Bonino ha firmato con Goffredo Bettini l’accordo tra Partito democratico e Partito radicale per le prossime elezioni politiche. A nome dei Radicali, Bonino si impegna a «condividere e promuovere il programma del Partito democratico presentato dal candidato premier Walter Veltroni», e i parlamentari radicali eletti assumono l’impegno ad aderire al gruppo parlamentare del Pd.

sabato 1 marzo 2008

Nasce IO NON VOTO!


Attraverso il semplice messaggio, “IO NON VOTO”, espresso in forma consapevole e concreta nella discrezione della cabina elettorale, riusciremo a trasferire l’astensione dalla strada alle urne inviando un segnale forte e chiaro al sistema dei partiti e consegnando, finalmente, a milioni di cittadini una grande dignità politica con un visibile riferimento nelle più alte Istituzioni del Paese.
Sarà possibile, in tal modo, trasformare il “partito” del “non voto” da entità virtuale in soggetto reale, da partito invisibile in un grande movimento d’opinione con valenza istituzionale che mai più potrà essere trascurato. Come dire... “ ci siamo svegliati …..abbiamo acceso il telefonino….. il segnale è stato attivato……adesso ci siamo anche noi e anche con noi, d’ora in poi, sarà necessario confrontarsi ”.
Protestiamo senza mugugni, ma con atti espliciti.

"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )