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domenica 18 ottobre 2009

La prospettiva “Empirica” libertaria


Lo scorso numero di Cenerentola ( n 115) Ignazio Leone ha posto un problema abbastanza interessante e particolarmente importante per la sopravivezza stessa dei libertari e del metodo libertario. Non sono affatto d’accordo però con il metodo e a dir la verità mi spaventa questo voler recuperar “il meglio di una certa tradizione marxista”, dai marxisti di oggi, permettetemi, meglio stare alla larga il più possibile anche se certe vertenze si possono intraprendere insieme (antimilitarismo, antirazzismo ecc..). Il metodo che voglio sviluppare in queste righe è un metodo empirico, il metodo agorista che consiste nel pensar allo stato come una grossa azienda, il nostro compito deve essere quello di farlo fallire.
Proviamo a seguir dei punti:
- Astensione! Niente voti, niente soldi: voi praticate l’astensione e i politici andranno in bancarotta.
- Praticare l’Agorismo, cioè affidarsi alla counter-economics che consiste nel passaggio naturale del commercio dai mercati regolamentati e tassati, ai mercati deregolati e non tassati, ovvero i mercati neri. Insomma abbattiamo lo stato attaccandolo sul lato economico, affidiamoci quando compriamo ai mercati non regolati, alle ‘bancarelle’, agli ‘abusivi’ e a tutti quei piccoli commercianti che esercitano la professione alle spalle della burocrazia e della tassazione dello stato, nessun scontrino, nessuna tassazione, nessuna estorsione mafiosa del fisco. Insomma quando compriamo esercitando lo scambio compriamo dove sappiamo che lo stato non vi è quindi non ne ricava vantaggi economici, immaginate che il 90% della popolazione compri sul mercato nero attraverso un accordo volontario oppure esercitando forme di mutualismo e di contro economia, immaginate quindi che di questo 90% risulta che nessuno ha attività commerciali e quindi l’evasione fiscale diviene legittima difesa, come pensate che sopravviva lo stato? Come un azienda fallirà.
Altro punto importante è la partecipazione alle elezioni: sono scettico su questo punto ma non del tutto avverso. Mi spiego: si potrebbero formare liste civiche libertarie di disobbedienza civile da presentare nei comuni con singoli obbiettivi e una volta raggiunti dimettersi immediatamente, il movimento in questo caso vigila che gli eletti ‘libertari’ si sbrighino a risolvere in fretta la singola problematica e ad uscire appena finito dalle logiche di potere. Se un partito come quello svedese: Partito dei Pirati, è riuscito ad ottenere il 7.1% nazionale solo sulla tematica della libertà informatiche perché non dovrebbe essere possibile cercar di affrontar singoli punti ove possibile partecipando alla porcheria elettorale. Penso di essere uscito dalla logica: Aspettando la rivoluzione, praticando l’anarchismo empirico quello che come illustra Colin Ward è sempre esistito alle spalle dello stato e della gerarchia, diffondere certe pratiche antistataliste non potrà che giovare alle forze libertarie.


Domenico Letizia


‘La prospettiva “empirica” libertaria’ Mensile Libertario Cenerentola anno 8 n 116, Settembre 2009

3 commenti:

johnny doe ha detto...

Io sono sentimentalmente legato a quella breve ma splendida stagione dell'anarchia che fu vissuta a Barcellona,durante la guerra civile spagnola.Stagione dalla quale ho,tra l'altro, imparato a diffidare,se non ad odiare,del comunismo e del marxismo.Ragion per cui,considero che un anarchico non possa mai agire insieme a costoro,pena esser considerato un utile idiota da eliminare appena conquistato il potere o quant'altro.Ed il mio blog è caratterizzato da una costante polemica con questi signori dal facile moralismo e ipocrisia.Ciò non vuol dire star con l'altra parte,come essi son sempre portati a ragionare.
Io non sto con nessuno,non voto,e non delego nessuno a rappresentarmi.Purtroppo,quando si pone il problema del che fare,cominciano le difficoltà.E' già molto che si riesca a conservare la libertà di pensare senza esser schiavo di qualche dogma e pregiudizio.Stante l'attuale ordine o disordine socio-economico-politico mondiale,non si riesce ad intravedere una prospettiva concreta di cambiamento in senso libertario.Consideriamo inoltre che la globalizzazione rende molto difficile fare determinate cose in un solo paese come in tempi passati,senza che intervenga la Nuova Santa Alleanza.
L'unica cosa che vedo possibile,come primo atto,per iniziare un cambiamento,è non andar più al voto.Se almeno il 50% degli aventi diritto non andasse,si renderebbe quasi obbligatorio cambiare l'architettura costituzionale e statale e qui si aprirebbere nuove possibilità per i libertari.

Domenico Letizia ha detto...

ciao Johnny
come saprai ed è sempre stato così, il problema del voto è questione di dibattito da sempre all'interno della galassia libertaria.
Io molte volte non voto, ma non ho mai fatto l'astensionismo un ideologia come spesso mi capita di notare.
A volte ho votato e lo faccio ancora, l'ho fatto con rifondazione quando ritenevo che il movimento antimilitarista potesse avere delle aperture da parte di quel partito, nonostante io sia anticomunista convinto, l'ho fatto con la rosa nel pugno, e come noterai io sono coscioniano convinto ( associazione luca Coscioni) e simpatizzo per i radicali ( speigo anche il perchè: ritengo che il loro liberalismo oltre ad avere carattere libertario sia anche meglio di un certo socialfascismo statalista corporativista)anche se i radicali li ho votato raramente, comuqne mi son simpatici e sto con loro in molte battaglie, ai referendum di solito voto sempre, alle europee e nazionali di solito mi astengo, ma allelocali e regionali di solito voto, punto sulle personalità cioè su quelle figure che penso possano diffondere cultura libertaria e per l'autodeterminazione. Ma il discorso è complicatissimo e di solito dai partiti si riceve solo cazzate.
Il voto è unaq uestione che secondo me va analizzato caso per caso, situazione per situazione ( fai l'esempio, il bel esempio della spagna libertaria, anche lì forze libertarie parteciparono al governo, e ad oggi non so dire se quella fu una scelta positiva o no, avrei troppe cosa da elencare sia positivamente che negativamente).
ritengo che oggi sia uimportante diffondre la cultura allo scipero fiscale, attaccarli sullte tasse li farà tremare, tutti, tulla la casta.
passa di più. dimmi la tua? che ne pensi?

johnny doe ha detto...

D'accordo che l'astensione al voto,specie localmente,non debba diventare un'ideologia,un dogma,altrimenti non si sarebbe anarchici il cui unico,non dico dogma,ma guida continua dev'essere la libertà dell'individuo prima di tutto.Continuo però a pensare che,considerati i tempi e la sfiducia di molti nei partiti,l'astensione dal voto politico nazionale non sia una così grossa utopia in prospettiva,se fatto in grande misura.E credo pure che una grossa astensione potrebbe smuovere qualcosa.Così come un grosso sciopero fiscale,come dici tu.
L'entrata nel governo centrale di alcuni ministri targati FAI fu certamente un errore,aspramente criticato da molti libertari e credo pure da Durruti.L'esperimento di Barcellona fu invece splendido nell'autodeterminazione e autogestione.Ovviamente non credo sarebbe oggi ripetibile,i tempi son troppo diversi e la situazione mondiale di allora è un pallido ricordo rispetto a quella di oggi.
A questo punto,vengo al tema centrale, che è l'attuale stato del pensiero anarchico.Io non conosco bene le ultime correnti in tal senso,ma visto l'enorme proliferare di sigle anarchiche alquanto ambigue,molte legate al marxismo (e che se vai a fondo son tutto meno che anarchiche),dubbi movimenti libertari che son solo sfasciacarrozze.....io credo che occorrerebbe una nuova e netta formulazione del pensiero anarchico libertario al passo coi tempi.L'attuale Fai,credo non sia più in grado di rappresentarlo.Come già fece Bakunin,intanto occorrerebbe tracciare un ben profondo solco con comunismo e marxismo et similia.Non mi basta partecipare insieme ad una marcia antimilitarista per sentirmi unito nel pensiero.E questo è importante,un'identità ben definita sotto nostre bandiere.Per fare un esempio storico,i marxisti del POUM furono certo gli unici a combattere al fianco degli anarchici,ma la loro ideologia era molto diversa e ci furono pure molti contrasti,perchè in fondo la loro visione era più autoritaria che libertaria.
Essere guidati da un dogma a cui sacrificare il resto, è cosa inconcepibile per un libertario.A mio vedere c'è troppa confusione sotto il cielo e non si capisce bene che vuol dire libertario.Ad esempio,ho sostenuto polemiche con quelli dell'Altro,di Sansonetti e mi son sembrati (meno il direttore) dei vecchi marxisti anni '50,ma a sentir loro si definiscono libertari. C'è pure l'esigenza di un giornale,un foglio che ben ci rappresenti.
Queste sono le mie perplessità e non molto aiuto ci viene,diciamo così,dai padri nobili dell'anarchismo,troppo legati ai loro tempi.Certo i concetti guida fondamentali restano,ma il nostro pensiero andrebbe molto più articolato e differenziato dalle ambiguità,così come pure l'azione.Ho frequentato diversi siti,ma non ho colto segni di novità sostanziali.Molti sono solo emanazione di estrema sinistra marxista,altri non san nemmeno loro chi sono, squats,black bloks,grillini,travaglisti,dipietristi....,e altri ancora solo storici,tra i quali seguo solo quelli legati a Berneri.
Non so se condividi il nocciolo di quando vado dicendo o se hai da indicarmi qualcosa di interessante in merito.
Scusami se l'ho tirata un po' lunga.saluti

johnny doe

"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )