SITO ANARCOLIBERALE A CURA DI DOMENICO LETIZIA. Laboratorio per un Neo-Anarchismo Analitico che sia Liberoscambista, Volontarista, Possibilista e Panarchico con lo sguardo verso i valori del Liberalismo Classico, del Neo-mutualismo e dell'Agorismo. Un laboratorio che sperimenti forme di gestione solidali, di mercato dencentralizzato e di autogestione attraverso l'arma della non-violenza e lo sciopero fiscale, insomma: Disobbedienza Civile

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venerdì 31 luglio 2009

mercoledì 29 luglio 2009

Ricorrenza: Gaetano Bresci fa giustizia del re


Il 6 maggio 1898 la polizia arresta alla Pirelli alcuni operai intenti a distribuire volantini dove si accusa il governo di essere responsabile della grave crisi economica e del carovita nel paese. La gente però non ci sta ed assalta la questura, negli scontri rimangono uccisi in tre. Il giorno seguente viene proclamato uno sciopero generale e compaiono le barricate. Il re conferisce pieni poteri a Bava Beccaris, comandante della guarnigione. Dopo un giorno di scontri in cui l'esercito non riesce ad avere ragione dei dimostranti, domenica 8 maggio vengono presi a cannonate. Alla fine i morti sono un centinaio, tra cui due soldati: uno si spara accidentalmente, un altro fucilato sul posto perché si rifiuta di sparare alla folla.
Come da tradizione italiana, i peggiori criminali vengono premiati ed elevati ai massimi ranghi dell'apparato statale: il re insignisce Beccaris delle più alte decorazioni e lo nomina senatore per merito.
Si verificano tumulti in tutta la penisola ed è grande l'impressione anche nelle maggiori città italiane all'estero, come New York e Buenos Aires. Un emigrato decide di tornare e di far sperimentare al re i grandi meriti del piombo. Dopo aver compiuto il suo atto di giustizia Bresci non cerca, coraggiosamente, la fuga. Viene confinato ed incarcerato "a vita" sull'isolotto di S. Stefano (isole Ponziane), ma - come nella migliore tradizione della giustizia italiana - si "suicida" dopo tre anni di detenzione.
Viva Bresci, viva il suo coraggio, non c'è pace senza giustizia!

http://forum.politicainrete.net/libertarismo/17534-ricorrenza-gaetano-bresci-fa-giustizia-del-re.html

Uccise a Monza, la sera di domenica 29 luglio 1900, sparandogli contro tre colpi di pistola (o quattro, le fonti storiche non concordano), il re d'Italia, Umberto I di Savoia. Il sovrano stava rientrando in carrozza nella sua residenza monzese dopo aver assistito a un saggio ginnico.

LETTERA A GIORGIO FIDENATO

http://www.movimentolibertario.it/home.php?fn_mode=fullnews&fn_id=310&fn_cid=4



Salve Giorgio,
Sono Domenico Letizia da Maddaloni in provincia di Caserta.
Sono un libertario è in quanto tale, amante della libertà. Le scrivo per complimentarli per il coraggio che lei sta dimostrando nel portare avanti questa battaglia che è la nostra battaglia, la battaglia dei cittadini stanchi di uno statalismo che è inutile, dannoso ed illiberale.
Le notizie delle sue iniziative si stanno diffondendo, anche grazie al giro-voce che noi anarcoliberali stiamo facendo, tutti i settori dell'anarchismo ne stanno prendendo coscienza.
Finalmente, direi, questa è una battglia sacrosanta nel pieno rispetto della non-violenza e della Disobbedienza Civile, il problema come tutto è sempre lo stesso: lo stato! Bisogna eliminarlo e anche in fretta, mai come oggi la sua distruttiva presenza è all'interno dell'economia, della società e nella nostre intime scelte.
Il leviatano avanza, ma iniziative come quella intrapresa da lei ci allietano e ci fanno sperare.
Per questo le chiedo in caso di bisogno (dal firmare una petizone, al diffondere notizie, a scrivere ai politici ecc..) insomma qualsiasi cosa in cui potrò esserle utile, di farmi sapere, sono dalla sua e dalla parte degli antistatalisti. Noi stiamo lavorando per unire tutti i settori dell'anarchismo con la sua battaglia, battaglia autenticamente libertaria.
Con gioia le do la mia solidarietà.
Saluti Libertari,
Domenico Letizia
Centro Studi Libertari: http://www.claustrofobia.org/

RISPOSTA DI GIORGIO FIDENATO
Carissimo Domenico, Leonardo mi ha girato questa tua mail, che mi ha ovviamente riempito di gioia. Sapere che non solo ci sono persone (e cominciano ad essere tante per fortuna) che condividono questa battaglia mia, del Movimento Libertario e degli Agricoltori Federati che rappresento, ma che si rendono anche disponibili ad eventuali azioni è di buon auspicio.
Esatto, questa è la battaglia delle battaglie di fronte all’immobilità della politica-politicante e all’avanzata senza sosta dello statalismo peggiore, che ormai ha la pretesa di decidere per noi dalla nascita sino alla tomba. Che voi di www.claustrofobia.org la condividiate – e la divulghiate – è motivo, ancor di più, di non arrestarsi un solo attimo.
Rimango a disposizione, tramite il Movimento Libertario (tra l’altro Leonardo Facco con I Fogli di Enclave, Enclave e il videogiornale sta dando ad essa tutto il risalto necessarrio), per qualsiasi cosa.
Con grande amicizia, Viva la libertà!
Giorgio Fidenato

lunedì 27 luglio 2009

Sosteniamo Fidenato, inizia la battaglia

Un cono di pochi metri invece dei piloni: ecco l'eolico senza pale

PRESENTATo A FIRENZE, sperimentazione quasi terminata
Un cono di pochi metri invece dei piloni: ecco l'eolico senza pale

Una alternativa ai contestati aerogeneratori: test in Italia. «Sarà anche più efficiente»

http://www.corriere.it/cronache/09_luglio_20/eolico_pale_121941de-7537-11de-95fa-00144f02aabc.shtml

venerdì 24 luglio 2009

Presentazione libro: La Banda del Matese

PRESENTAZIONE DEL LIBRO
di
BRUNO TOMASIELLO
LA BANDA
DEL MATESE
1876-1878
CONVEGNO DI STUDI SUL TEMA:
La banda del Matese
tra Risorgimento repubblicano,
Pisacane, Prima Internazionale,
Populismo russo.
25 LUGLIO 2009,
ore 17.00
Piazza Umberto I
SAN LUPO (BN)

ore 17,00 - Inizio lavori e saluti:
Dr. Irma Cristina De Angelis Sindaco di San Lupo
Ing. Carlo Falato Assessore provinciale alla cultura
Prof. Giuseppe Galzerano Editore
ore 17,30 - Introduzione: Sen. Prof. Antonio Conte
ore 17,45 - Relazioni: Prof. Nicola Terracciano Saggista risorgimentale e liberalsocialista
Prof. Giampietro Berti Professore ordinario presso l’Università degli studi di Padova.
ore 18,30 - Interventi e dibattito
ore 19,00 - Conclusioni: On. Prof. GIUSEPPE GALASSO Docente emerito di Storia medievale e moderna, già Parlamentare e sottosegretario ai Beni culturali
Coordina i lavori il Prof. Antonio D’Aloia Professore ordinario presso l’Università degli studi di Napoli.

giovedì 23 luglio 2009

Intervista a Nicola Iannello: Lo Stato è destinato a tramontare come ogni opera umana


Ciao Nicola, è un vero piacere ospitarti per la prima volta sulle pagine della nostra rivista. Approfittiamo di te per una conversazione “forte” sulla libertà, sul libertarismo e l’anarchia.Inziamo con due grandi autori: John Locke prima e Isaiah Berlin dopo, espressero il concetto della “libertà di” – o libertà negativa – contrapponendolo al concetto liberale di “libertà da” o libertà positiva”. Come possiamo declinare tutto questo oggi?

Il cambiamento di significato del termine libertà è uno dei problemi salienti della riflessione e della pratica politica del Novecento.
Prima, la libertà era un valore da difendere contro gli abusi, soprattutto del potere politico.
Ora, la libertà è un obiettivo da realizzare proprio grazie all’intervento del potere politico.
La cura della libertà da parte dello Stato è uno dei mutamenti epocali della nostra epoca e dimostra la grande capacità di espansione che hanno gli esponenti della classe politica: coloro che rappresentano i maggiori nemici della libertà riescono a spacciarsi per i suoi paladini.
Il vero trionfo dello Stato è far dimenticare le proprie colpe per diventare la soluzione di ogni problema.
Occorre invece riaffermare il principio che libertà e potere politico sono antitetici e che l’”invenzione” della libertà positiva è stato il cavallo di Troia per permettere al potere politico di entrare nel fortilizio della libertà.
Il liberalismo ha ancora senso solo se lo si interpreta come libertarismo?
Da parte mia, credo che in un’epoca in cui tutti fanno finta di definirsi liberali, esserlo veramente implichi proclamarsi libertari, ovvero liberali integrali, a 360 gradi. Ma forse oggi non è più vero che tutti si proclamano liberali, come sembrava all’indomani del crollo del muro di Berlino.
In quegli anni, politici e intellettuali che mai si erano proclamati liberali, si aggrapparono all’unico “ismo” sopravvissuto alle catastrofi del Novecento.
Oggi molti hanno abbandonato il liberalismo, dimostrando che la loro folgorazione era solo strumentale. Liberali o libertari, la cosa fondamentale è far comprendere che si sostiene la libertà individuale senza compromessi.

Cosa significa essere anarchici oggi? Non pensi che l’anarchismo ormai – come il liberismo – sia associato esclusivamente a prerogative negative e fuorvianti?

L’anarchismo in Italia è spesso associato a idee contrarie alla proprietà privata e al mercato: si tratta dell’anarchismo classico, alla Bakunin per intenderci.
Ma esiste anche un altro modo per definirsi anarchici oggi: ed è proclamarsi libertari o anarcocapitalisti.
L’importante è non far cadere gli interlocutori in incomprensioni.
Ma ancor più importante è far comprendere come la coercizione politica e la sua monopolizzazione nelle mani dell’apparato dello Stato sono ingiustificabili da qualunque punto di vista e che lo Stato, come è nato e si è sviluppato, così un giorno è destinato a tramontare, come tutte le istituzioni umane.
La comprensione della storicità dello Stato – il contrario del dogma della sua eternità, propagandato dai suoi cantori – è un aspetto fondamentale della battaglia delle idee.

Una curiosità: in “La società senza stato” in copertina c’è Murray Rothbard con il pugno sinistro alzato. Che significato aveva quel gesto?

Abbiamo messo quella foto in copertina proprio per il suo significato paradossale: si tratta di un gesto casuale che ci è piaciuto considerare in modo ironico.
Chi oggi invece quel gesto lo fa seriamente o non sa cosa significa o è prigioniero di un’ideologia che ovunque si è affermata ha portato oppressione e miseria.

Lo Stato in quanto tale è un fenomeno moderno e possiamo affermare che nei tempi a noi contemporanei “più stato” sia diventata una richiesta, non solo accettata da tutti, ma quasi scontata, quasi fosse l’unica soluzione ragionevole. Perchè questo massiccio ritorno allo Stato?

Lo Stato non è mai andato via e quindi non possiamo parlare di un suo ritorno.
Per un certo periodo, che si suole far coincidere con le esperienze politiche di Margaret Thatcher in Gran Bretagna e di Ronald Reagan negli Stati Uniti, si è pensato che il mercato prendesse la sua rivincita e che la mano pubblica potesse essere rimessa in tasca, per dir così.
In effetti, nel dibattito pubblico si è cominciato a parlare di diritti di proprietà, iniziativa individuale, imprenditoria, come mai prima si era fatto. E i nomi della Thatcher e di Reagan sono stati issati come vessilli dai sostenitori delle ragioni dell’individuo. A conti fatti, la ritirata della mano visibile è stata strategica e più di facciata che altro.
Tassazione, spesa pubblica, regolamentazione, burocratizzazione non sono certo diminuite nelle nostre società.
Ciò che ha provocato un mutamento radicale di scenario è stato piuttosto il crollo del comunismo, che ha liberato il mondo dall’illusione di un’economia altra rispetto al libero mercato.
Da allora si è compreso che non c’è altra economia diversa da quella dello scambio volontario.
Ma lo Stato non ha nessuna intenzione di mollare la presa sulle nostre società, a costo di ridurre gli spazi di libertà e le capacità di sviluppo delle energie individuali. Come un parassita, lo Stato sa che può vivere solo succhiando il sangue del mercato. E la sua grande vittoria è proprio quella di farsi percepire come la soluzione a problemi di cui è esso stesso il più delle volte la causa.

“Il migliore dei governi è quello che governa meno o “il migliore dei governi è quello che non governa affatto”?

Meno governo si vede, meglio è.

Il problema delle nostre società è che il governo ha saputo tessere una tela talmente intricata che troppe persone vivono grazie alla mano pubblica.
Moltissimi individui traggono il loro reddito dall’esistenza dello Stato e quindi dal loro punto di vista è pienamente razionale chiedere più governo e più Stato.
Sappiamo tutti che il governo costa e che più governo significa più costi, ma ci illudiamo sempre di scaricare i costi sugli altri.
Questo però innesca un meccanismo perverso che fa esplodere la spesa pubblica e alimenta alti livelli di tassazione e di inflazione.
Tasse e inflazione sono i due modi più comodi che il potere politico ha per procurarsi risorse prodotte dalla società. Le nostre società li sperimentano continuamente ma non tutti se ne accorgono o ne comprendono il potenziale distruttivo. Più che altro, tutti cercano di stare dal lato positivo di questo gioco a somma zero, ovvero sperano di far parte della schiera di coloro che riescono ad appropriarsi di risorse estorte a coloro che le hanno prodotte.
Per questo l’unica soluzione compatibile con la libertà è la riduzione ai minimi termini del governo, fino a sognarne la scomparsa.


A tuo parere la politica del laissez-fair in Italia si è ridotta ad un giochino intellettuale per addetti ai lavori (sempre meno) o vedi speranze all’orizzonte? Tra le etichette fascisti-comunisti prima e destra-sinistra ora gli italiani capiranno mai il liberalismo?

Per il laissez faire in Italia nessuna speranza.

Siamo stritolati tra i socialisti di destra e i socialisti di sinistra…

Come convincere la gente che esistono soluzioni di mercato non solo per i principali problemi di spesa (scuola, sanità, previdenza) ma anche per – ad esempio –difesa e giustizia?

Guardiamo cosa è successo alle tariffe aeree.
La deregulation del settore ha prodotto Ryanair e le altre compagnie low cost. Ora tutti sanno che si può volare puntuali e con un buon servizio a prezzi nettamente inferiori a quelli delle sovvenzionatissime e protettissime compagnie di bandiera.
C’è solo da sperare che siano i fatti a convincere la gente. Non esiste scuola migliore.

Cosa ne pensi del nuovo piano di riforma della finanza varato da Obama dove tante regole si alternano a maggiori poteri dati alla FED?

E’ come dare le chiavi della cantina a un ubriaco. La FED è l’istituzione che porta le maggiori responsabilità della crisi.
La sua politica di denaro facile e bassi tassi d’interesse è la causa principale della difficile situazione finanziaria ed economica che stiamo tutti vivendo.
Darle ora maggiori poteri di controllo è un errore epocale.
Ma rientra tutto nella logica ben nota che ogni situazione di crisi è una buona occasione per aumentare i poteri del governo.

Come ogni nostra intervista concludiamo con un messaggio di speranza per la nostra generazione che, cresce, vive e deve pensare al proprio futuro in questi anni illiberali.

Speranza per modo di dire! Poiché la libertà non è mai il gentile omaggio della classe politica, l’unica chance della libertà è un collasso sistemico che permetta di ricominciare da zero o quasi. Del resto, quando esisteva l’Urss, nessuno, tranne i seguaci di Ludwig von Mises, immaginava che sarebbe crollata da un giorno all’altro.
Ecco, la speranza per la libertà delle generazioni future è un crollo a Occidente paragonabile a quello avvenuto a Oriente.

Tratto da UltimaThule.it ( http://www.ultimathule.it/)

lunedì 20 luglio 2009

La Caserta dei diritti s'è desta

Liberali, liberisti libertari e Radicali: la Caserta dei diritti s'è desta. A fine mese la prima iniziativa
Dopo una fase di stanca, riprende l'attività politica e di testimonianza. Ci sarà un tavolo per la raccolta delle firme sul testamento biologico in via Mazzini. Appuntamento per il 25 e 26 luglio. Motore Francesco Giaquinto



CASERTA - Ieri, venerdì 17 luglio, si è riunito il nutrito gruppo dei liberali, libertari, radicali di Terra di Lavoro tra cui il militante storico, artefice di tante battaglie radicali nella nostra provincia, FRANCESCO GIAQUINTO, fra gli altri EMILIO ZONA di Calvi Risorta, LUCA BOVE di MADDALONI. Anche di MADDALONI è IL libertario DOMENICO LETIZIA. C'erano ancora GIANROBERTO ZAMPENA di CASERTA, MARCO PAPALE DI CASAGIOVE e ELIO DE ROSA di CERVINO e MANUELA SAGLIOCCO dell’ associazione radicale “Luca Coscioni”.
Il gruppo si è riunito per stendere un programma delle tante iniziative di carattere politico, sociale e culturale da intraprendere nei prossimi mesi, per poi giungere alla vera e propria formazione di un’associazione radicale che diffonda la prassi della Non - violenza nel complesso e difficile territorio casertano malato di illegalità.
La prima iniziativa è un tavolo informativo e raccolta di firme per il testamento biologico che si terrà a Caserta,via Mazzini il prossimo fine settimana (25-26 luglio) grazie anche all’aiuto del Dr CLAUDIO LUNGHINI di “GLI AMICI DI ELEONORA”-


La vostra iniziativa è importante. La testimonianza delle idee, del patrimonio ideale dei radicali italiani non può che arricchire questa terra in cui il relativismo etico e frutto del relativismo politico, del disimpegno e dell'ignoranza. Io, personalmente, e www.casertace.it, che da direttore rappresento, vi staremo vicini. In passato le vostre iniziative sono sempre state considerate e sono passate come un raffinato esercizio di una minoranza quasi invisibile. Questa marca va mutata.

Gianluigi Guarino
http://www.casertace.it/home.asp?ultime_news_id=5803

domenica 19 luglio 2009

venerdì 17 luglio 2009

Contro la sanita' di Stato


Uno dei piu' importanti psichiatri viventi riflette sulle implicazioni liberticide della statizzazione della salute. Ricordando Thoreau.

di Thomas S. Szasz

Quando abbiamo bisogno di un meccanico, cerchiamo un’autofficina, non un centro di “assistenza automobilistica”. Analogamente, se ci serve un medico, cerchiamo “corpofficina”, non una generica “assistenza sanitaria”. Le nostre autovetture sono di nostra proprietà: I costi della loro manutenzione pesano su di noi, e noi pertanto decidiamo cosa debba essere riparato, soppesando la gravità del problema e il costo della riparazione. Il nostro sistema di assistenza sanitaria si fonda invece su principio secondo cui, sebbene I nostri corpi ci appartengano, i costi della loro “riparazione” debbano pesare sulla comunità o sullo Stato. Tale idea serve lo scopo, apparentemente nobile, di redistribuire le spese, potenzialmente rovinose, delle cure mediche delle persone più sfortunate.
Ma che cos’è l’assistenza medica?
Il concetto del rimborso dei servizi relativi alla salute si fonda sull’assunto che il problema medico che dev’essere risolto sia l’esito di avvenimenti involontari e indesiderati, e non il risultato di un comportamento volontario e mirante a uno scopo. La leucemia, il lupus, il tumore alla prostata e molte malattie infettive rappresentano avvenimenti indesiderati. Vogliamo davvero annoverare l’obesità, il fumo, la depressione e la schizofrenia nel medesimo genere di patologie?
Molti americani sono certamente disposti a pagare per assicurarsi contro il costo esorbitante delle cure della propria, malaugurata, leucemia. Ma quanti sarebbero davvero disposti a sobbarcarsi volontariamente parte dei costi dell’assicurazione a copertura delle cure per la propria depressione?
Tutti capiscono che, se vogliamo che la nostra compagnia di assicurazione copra interamente le spese che dobbiamo sostenere per la riparazione della nostra macchina, il premio della nostra polizza aumenterà in modo esponenziale. E tuttavia, nel sistema attualmente esistente, rinunciare al rimborso di spese sanitarie minime o superflue in cambio di una polizza di assicurazione sanitaria più adatta alle nostre esigenze è impossibile. Chiunque abbia una copertura sanitaria è obbligato a tutelarsi contro rischi, quali l’alcolismo o la disfunzione erettile, dei quali ci accolleremmo volentieri il costo in cambio di un premio più basso.
L’idea che ogni vita sia infinitamente preziosa e che pertanto chiunque debba godere di cure mediche ottimali e uguali per tutti è un degno sentimento religioso e un ideale morale. Dal punto di vista politico ed economico si tratta però di una vana illusione. Le persone più abbienti e istruite tendono a ricevere, in ogni aspetto della loro vita, beni e servizi migliori di quanto non tocchino in sorte a individui più poveri e meno istruiti. Non solo, ma tendono anche ad avere miglior cura di se stessi e dei propri beni, il che li porta a godere di un migliore stato di salute. Il primo requisito per disporre di un’assistenza sanitaria migliore, pertanto, non consiste nel prestare cure mediche uguali a tutti, bensì nel migliorare le condizioni economiche e l’istruzione di ciascuno dei nostri concittadini.
Il dibattito nazionale in merito alla riduzione dei costi dell’assistenza sanitaria negli Stati Uniti è frenato dalle stesse parole che noi americani utilizziamo. Dovremmo smettere di parlare di “assistenza sanitaria” come se si trattasse di un servizio pubblico collettivo, come lo spegnimento degli incendi, fornito indifferentemente a chiunque ne abbia bisogno. Nessuno Stato può fornire a tutti I suoi cittadini il medesimo tipo di servizi di “riparazione del corpo” di alta qualità. Non tutti I dottori sono medici di buona qualità, e non tutti I malati sono pazienti altrettanto buoni.
Se continueremo ad intestardirci nella nostra ricerca donchisciottesca del feticcio dell’uguaglianza in campo sanitario, dovremo sacrificare la nostra libertà personale. Diventeremo volontariamente gli schiavi di uno Stato “misericordioso” che offrirà la stessa mediocre assistenza medica a tutti.
Com’è noto, Henry David Thoreau ebbe a osservare: «Se sapessi con certezza che qualcuno sta venendo a casa mia con l’intenzione di farmi del bene, scapperei a gambe levate». A tal punto Thoreau temeva l’idea che anche un solo individuo armato delle migliori intenzioni si intromettesse nella sua esistenza. Oggigiorno troppe persone accettano l’idea che l’apparato coercitivo dello Stato moderno possa governare la loro vita per il loro bene.

Istituto Bruno Leoni: http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=8083

martedì 14 luglio 2009

domenica 12 luglio 2009

L'aeroplano autogestito

Dal blog spagnolo http://www.mutualismo.org/ riporto la notizia del nuovo lavoro di Thomas Malone: Il futuro del lavoro, viene riportato un piccolo articolo su una delle conferenze che tenne l'autore a Barcellona per promuovere il suo libro. Insieme ad altri manager come Gary Hamel o sociologi come Manuel Castells, Thomas Malone analizza le ripercussioni delle nuove e sempre più intelligenti tecnologie della "società" dell'informazione sull'organizzazione del lavoro. Viene riportati un esempio di "gestione flessibile", un esperimento virtuale nel quale i viaggiatori di un aeroplano virtuale riescono a condurlo senza la necessità di un pilota.
Ecco qualche passo che sarà nel libro:
È possibile sopravvivere ad un volo in aeroplano pilotato da un ampio gruppo di persone invece che dall'abituale pilota? L'esperimento è stato già realizzato col pubblico in una conferenza. Il gruppo poteva controllare con una tavolozza un aeroplano virtuale farlo salire o scendere eseguendo i comandi sullo schermo. Con lo stesso procedimento, il gruppo di persone controllava che l'aeroplano muovesse verso destra o sinistra. Il risultato? L'aeroplano non è urtato non solo contro nessun ostacolo virtuale, ma è riuscito a raccogliere i punti extra ripartiti per l'itinerario. Questo esempio dimostra che offrire agli impiegati libertà, motivazione e flessibilità, incrementando la creatività, fa ottenere maggiori benefici per le imprese.
Leggete qui (in spagnolo:http://www.losrecursoshumanos.com/contenidos/1938--las-tecnologias-y-las-paradojas-del-poder.html )

giovedì 9 luglio 2009

G8 A casa.........................

Un saluto e un caloroso messaggio di lotta a tutte le realtà antistataliste, anti G8.
Sono dalla vostra, massima solidarietà e speriamo che questa stupida iniziativa(mentre in Cina lo stato sta massacrando civili) finisca presto e che non crei altro massacrante statalismo. Lo so che non sarà così.
Buon anti G8

martedì 7 luglio 2009

Spettro libertario


E voi dove vi posizionate?




Ecco il mio.
Un Ringraziamento a Teo per la ''creazione''

domenica 5 luglio 2009

Il problema delle Privatizzazioni


Il testo tradotto di Thomas L. Knapp che illustra alla perfezione l'opinione dei libertari verso le privatizzazioni effettuate per e dallo stato . Il Center for a Stateless Society (http://c4ss.org/) ha traduttori anche in spagnolo, vi è bisogno di qualcuno di buona volontà che traduca in italiano.

Il problema delle Privatizzazioni

Nel corso degli ultimi 25 anni, la parola "privatizzazione" è divenuta da un'idea innovatrice ad un termine jolly per definire procedimenti abituali dei governi, abitualmente descritti come "società miste pubblico-private".
Alcune settimane fa [l’ 8 di maggio] l'Amministrazione Nazionale dell'Aeronautica e lo Spazio, NASA, annuncia la sua iniziativa di privatizzazione: imbottigliata nello sviluppare un ricambio per le attuali navette spaziali, l'agenzia vuole comprare, razzi e capsule per missioni gestite da imprese private. Altre proposte recenti di privatizzazione includono campi abbastanza diversificati come la gestione di Internet o i servizi di accoglienza negli Stati Uniti.
L'idea che ispira le privatizzazioni consiste nel considerare il settore privato ( il "mercato") operatore di maggior "efficienza" rispetto al settore pubblico, quello che suppone risparmi di costi al contribuente. Si dice, e con ragione che un'impresa privata può produrre per un dollaro un prodotto che ad un'impresa gestita dallo Stato costerebbe due dollari.

Nasce spontaneamente la domanda: Per quale motivo vi è la necessità del governo? Perché non comprare le cose direttamente nel mercato libero invece di portare il denaro alle imprese attraverso una burocrazia inefficiente che aumenta i costi dal prezzo di mercato al "prezzo di Stato?"

Gli anarchici più convinti non avranno bisogno di maggiore giustificazione per respingere “questi” processi di privatizzazione. Tuttavia, altri possono avere bisogno di maggior informazione nel capire che le “privatizzazioni” così fatte sono inaccettabili e sono un' abbondanza.
La privatizzazione,praticata oggi, è un processo che rinforza lo Stato e debilita il settore privato. Ironicamente, un processo che si vende come un trasposto ai "valori di impresa" dal settore pubblico ha portato giustamente al risultato contrario. In primo luogo, "privatizzazione" è una definizione erronea di questo tipo di processi. In un progetto governativo "privatizzato", lo Stato continua a mantenere l'autorità e il monopolio principale … portandosi sugose fette finanziarie attraverso metodi di "gestione" e "supervisione". Il controllo dello Stato su qualsiasi progetto lo mantiene nella nauseabonda sfera del politico, mentre le "commissioni" addizionali sparano il prezzo dai prezzi di mercato verso "prezzi politici." D'altra parte, le imprese che guadagnano i bandi o che vorrebbero prendere parte ad essi non sono necessariamente le più efficienti del mercato. Normalmente sono le imprese con migliori contatti ed influenza nella sfera politica. Ergo, la "privatizzazione", più che una forma di solvere le inefficienze dello Stato, è un vettore di quelle inefficienze verso il settore privato.
Infine, c'è una perversione totale nel funzionamento delle "società miste": sebbene in esse lo Stato mantenga l'autorità fondamentale, è l'impresa privata quella che si fa carico della maggior parte della responsabilità nei possibili risultati sfavorevoli.
Così quando un progetto di privatizzazione fallisce, i burocrati sono sempre pronti a dar la colpa alle imprese private, dimenticando che quelle imprese lavorano sotto una regolamentazione statale pazzesca.
Le imprese di mercato sono quindi quelle “sbagliate”: d'altra parte, le "imprese private" con le miglior connessioni politiche sono pronte a mettere il mestolo nel seguente processo (falso) di privatizzazione anche in caso di fallimento aspettando che l'opinione pubblica dimentichi l'incidente.
Da parte loro, le agenzie governative ottengono una reputazione perfetta ed intatta.
La privatizzazione, come oggi la si pratica, è un gioco truccato, “(faccia): lo Stato guadagna; (croce): l'impresa privata perde”. Se una privatizzazione dà risultati scandalosi, fallimenti, rovine, la colpa è del mercato e lo Stato dovrà intervenire per salvare le colpe del mercato. Se una privatizzazione ha un certo successo, lo Stato prende il credito del progetto e continua ad "ingrassare". L'alternativa alle privatizzazioni che si praticano oggi che potremmo chiamare "privatizzazione di incollatura", è un'autentica privatizzazione: i servizi che tradizionalmente “presta” lo Stato devono essere completamente tolti dei suoi artigli. La giustificazione delle “privatizzazioni di incollatura” è che, in realtà e tutti i burocrati lo sanno, il mercato è più efficiente del settore pubblico. Per qualunque cosa.

sabato 4 luglio 2009

La crisi del credito illustrata




Troppo grandi per fallire, troppo grandi per riuscire


Peter Wallison spiega perché il piano di Obama per riformare la finanza è l'apripista della trasformazione degli Stati Uniti nel nuovo baluardo del socialismo reale

di Peter J. Wallison

In un discorso tenuto ieri alla Casa Bianca il presidente Barack Obama ha illustrato a grandi linee la regolamentazione futura del sistema finanziario. Il presidente ha descritto sostenendo che esso pone le basi “per una crescita economica sostenuta” e “una trasformazione di entità mai vista dai tempi delle riforme seguite alla Grande Depressione”. Su questo non gli si può dare torto.
Il piano, se verrà approvato, trasformerà in modo fondamentale la natura del nostro sistema finanziario e della nostra economia. Gli assunti e le preoccupazioni che sottendono il progetto di Obama sono chiari, e diventano ancora più chiari se prendiamo in considerazione gli altri modi in cui questa amministrazione ha affrontato le conseguenze della concorrenza, primi tra tutti gli pseudo-fallimenti di General Motors e Chrysler e gli imminenti cambiamenti nella politica antitrust. Per quanto il presidente abbia affermato di sostenere il libero mercato, queste iniziative confermano il sospetto che l’amministrazione tema la “distruzione creativa” prodotta dal funzionamento del libero mercato, preferendo la stabilità all’innovazione, alla concorrenza e al cambiamento.

Secondo il Libro Bianco fatto circolare dall’amministrazione poco prima il discorso del presidente, la Federal Reserve sarebbe autorizzata a creare un regime normativo speciale (con tanto di requisiti di capitale, leva debitoria e liquidità) per qualsiasi azienda che presenti una «combinazione di dimensioni, leva e interconnessione tale da presentare una minaccia alla stabilità finanziaria in caso di fallimento». Inoltre, qualora una grande azienda finanziaria dovesse rischiare di chiudere I battenti, al tesoro verrà attribuito il potere di evitare la bancarotta e di nominare invece un curatore o un amministratore speciale al fine di “stabilizzare” la società in questione.

La scelta di particolari società finanziaria per questo tipo di trattamento speciale indica chiaramente al mercato che questi istituti sono troppo grandi per fallire. Così facendo, si attenuerà la percezione del rischio connesso alla concessione di prestiti a queste società finanziarie, il che, a sua volta, permetterà a queste ultime di ottenere finanziamenti ad un costo interiore rispetto ai concorrenti più piccoli.

In altri termini, il piano dell’amministrazione creerebbe in sostanza imprese a sostegno pubblico, non molto diverse da Fannie Mae e Freddie Mac, in ogni settore finanziario: assicurazioni, società di gestione di titoli, società finanziarie, holding bancarie e hedge fund. In ciascun settore alcune aziende, ma non altre, verranno prescelte per questo particolare tipo di tutela. Per la concorrenza, il risultato sarà devastante. Le imprese più grandi metteranno alle strette quelle più piccole e le piccole società più intraprendenti avranno minori opportunità di superare I vincitori appoggiati dalle autorità.
Per giunta, la proposta di mettere a disposizione uno specifico meccanismo di salvataggio per le grandi aziende rafforza l’impressione che queste società non verranno mai chiuse o messe in liquidazione. Appellandosi allo sconvolgimento del mercato che ha fatto seguito al crollo di Lehman Brothers, l’amministrazione sosterrà che fallimenti siffatti sono “causa di disordine”. Il fallimento, però, è una conseguenza dell’assunzione di rischi, ossia dell’origine stessa della forza della nostra economia mentre lo scopo del piano dell’amministrazione, in ultima analisi, è proprio prevenire il rischio e le sue conseguenze.

Lo scompiglio successivo al crollo di Lehman si è prodotto perché I soggetti operanti sul mercato si aspettavano che, dopo il salvataggio di Bear Stearns, tutte le società più grandi sarebbero state salvate dal fallimento. Quando Lehman non è stata salvata, tutti I concorrenti sul mercato hanno dovuto ricalibrare I rischi connessi alle loro relazioni con gli altri soggetti, provocando un congelamento del credito e il tentativo di fare incetta di contanti. Di per sé, il fallimento di Lehman non ha causato perdite sostanziose e, meno di due settimane dopo l’annuncio del fallimento, il curatore ha potuto vendere a quattro diversi acquirenti le componenti di Lehman attive nel campo dell’intermediazione, dell’investment banking e della gestione degli investimenti.

Confrontiamo tutto ciò con AIG, l’azienda presa dall’amministrazione quale esempio paradigmatico di società salvata dai poteri pubblici perché “troppo grande per fallire”.
Sotto il controllo pubblico, la società sta lentamente andando in disfacimento, a danno dei contribuenti.
La paura mostrata dall’amministrazione nei confronti degli esiti della concorrenza si ravvisa anche in ambiti diversi dalle politiche relative al settore finanziario. Prendiamo General Motors e Chrysler: sul mercato, le due case automobilistiche erano state sconfitte. Molto semplicemente, non sapevano costruire automobili che piacessero ad un numero sufficiente di americani.
La loro scomparsa non avrebbe messo a repentaglio la stabilità del sistema finanziario, anche se, indubbiamente, avrebbe creato grossi problemi a fornitori, concessionari e dipendenti. Ciò nonostante, l’amministrazione non ha permesso che le due società fallissero. A dispetto di tutte le chiacchiere sulle priorità del credito, il punto essenziale è che l’amministrazione si è servita dei soldi dei contribuenti per rovesciare il verdetto del mercato. Se vogliamo un assaggio di quello che farà l’amministrazione con l’autorità che vuole avere in relazione alle grandi società finanziarie, non dobbiamo cercare oltre.
Lo stesso modello relativo alla concorrenza sui mercati può essere ravvisato nella nuova politica antitrust del Dipartimento della Giustizia. Christine Varney, nuovo sottosegretario alla giustizia incaricato della politica antitrust, ha affermato che le politiche americane devono assomigliare di più a quelle europee. Fino ad oggi le politiche antitrust adottate dagli Stati Uniti hanno cercato di tutelare la concorrenza. l’Europa, dal canto suo, cerca di proteggere I concorrenti. Mettere al riparo I concorrenti significa soffocare le capacità delle aziende più abili, vuol dire permettere a manager e piani industriali inferiori di rimanere in attività e, così facendo, impedire di emergere alle aziende più valide. Anche in questo caso, la stabilità prevale sul cambiamento e sul progresso.

Il presidente ha affermato in varie occasioni, non ultima il discorso dell’altro ieri, di «essere sempre stato un convinto assertore della potenza del libero mercato», ma la ricetta offerta dalla sua amministrazione mette a nudo un convincimento ben diverso. In AIG, General Motors, Chrysler, Fannie Mae e Freddie Mac possiamo vedere quale futuro immagina l’amministrazione Obama per la nostra economia: una struttura sclerotica e immutabile di grandi aziende che collaborano, sono protette e fanno affidamento su uno Stato onnipotente.

Peter J. Wallison è senior fellow dell’American Enterprise Institute

Questo articolo è stato originariamente pubblicato sull'edizione del 18 giugno 2009 del Wall Street Journal, che ringraziamo per la cortese concessione alla riproduzione.

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