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mercoledì 2 luglio 2008

Fermiamo la ''schedatura'' dei bambini Rom

La questione dei Rom e dei migranti in Italia sta assumendo da molto tempo carattere estremamente razzista. Noi Libertari e simili ci facciamo sentire lanciando questa petizone:

Prendere le impronte digitali di un gruppo etnico, all'interno della popolazione nazionale e di origine comunitaria che si trova in uno Stato membro è una proposta razzista, illiberale e illegale.
Fermiamo Maroni che vuole l'identificazione con la registrazione delle impronte digitali di tutti i Rom che si trovano nel Paese, compresi i bambini.
Facciamo attenzione alle parole di Maroni che dice:«Non si tratta di schedare nessuno, si tratta di fare un censimento».
Chiediamo di fermare questa proposta anticostituzionale.

Ass. Antiproibizionista-Libertaria
Domenico Letizia (Movimento Libertario Sexpol)



Pubblico anche una dichiarazione di un antropologo, tra i firmatari della petizione:
di Riccardo Ciavolella
APPELLO
La situazione attuale impone oggi a noi, antropologhe e antropologi italiani, una presa di posizione di fronte alla diffusione di una cultura razzista che sembra farsi egemonica nella società e nella politica del nostro paese, come altrove in Europa e nel mondo. I fenomeni recenti di persecuzione razziale, sottoforma di attacchi squadristi o di pogrom nei confronti di popolazioni immigrate, rom e sinti, non costituiscono una semplice espressione di malessere sociale. Dal momento che i media e la maggior parte degli esponenti politici di qualsiasi schieramento vi trovano giustificazioni e conferiscono loro legittimità politica e morale, questi fenomeni apparentemente “popolari” di intolleranza e discriminazione rappresentano piuttosto il sintomo di una cultura razzista condivisa nella società, nella cultura e nella politica che si sta diffondendo e si sta alimentando sotto l’impulso stesso dei canali di informazione e delle istituzioni.
L’ultimo decreto legge in materia di sicurezza e immigrazione costituisce la concretizzazione legale di questa cultura razzista.
Non si tratta semplicemente di contestare la validità costituzionale di alcune nuove formule giuridiche, come l’invenzione del “reato di clandestinità”, o della violazione con tale decreto di trattati internazionali per la difesa dei diritti umani dei migranti, dei lavoratori, dei richiedenti asilo o degli esseri umani tout court. Si tratta di una contestazione ben più profonda della nuova logica politica e morale “emergenziale” che legittima il ricorso allo “stato d’eccezione” sospendendo i diritti dello “straniero”. Quanto drammatica sia l'involuzione attuale è mostrato proprio dai significati che ha assunto oggi la categoria di “straniero”.
Il sistema giuridico e politico per la definizione del diritto di presenza sul territorio nazionale ha sempre mostrato dei limiti tangibili di fronte alla necessità di rispettare i diritti delle persone. Tuttavia, prima dell’involuzione attuale, i confini giuridici erano relativamente chiari, essendo determinati dalla definizione dei diritti di cittadinanza e del diritto di residenza. Oggi, invece, le nuove scelte politiche si fondano su un’indeterminatezza profonda nella definizione di “straniero”, dove è un generico “diverso” e “altro” ad essere preso di mira, un’indeterminatezza che lascia campo libero ad idee flessibili di “alterità”. A causa dell'indeterminatezza del principio di "pericolosità" dello straniero, è semplice giustificare ogni arbitrio, ogni persecuzione "legale" degli individui, ogni tipo di stigmatizzazione della marginalità sociale: come succede già negli sgomberi dei "campi nomadi", la loro "indigenza" costituisce già una ragione valida per considerarli dei potenziali criminali pericolosi.
Nel discorso pubblico e nelle scelte politiche sembrano sempre più sfumare le frontiere tra l’idea di “criminale” e di “immigrato irregolare”, ma anche tra questo e la categoria generica di “immigrato” e così di seguito fino al paradosso dei cittadini italiani che per origine, lingua, color di pelle o religione vengono comunque socialmente identificati come “stranieri”, “alieni”, "alloctoni”, “criminali potenziali”. La discriminazione tende ad accanirsi su gruppi che sono privi di potere economico, politico, mass-mediatico. La stigmatizzazione colpisce chi e'
privo di armi per affermarsi e raccontarsi nel circuito di chi perpetua la violenza.
In parte, dunque, la forma classica di discriminazione basata sulla “razza” o sulla “differenza culturale” viene così perpetuata in una società che si dichiarava vittoriosa sugli spettri dell’ ‘800 e del ‘900, al punto che il decreto prevede il ricorso a ciò che c’è di più “biologicamente” profondo, il DNA, per definire la “vera” identità delle persone.
La questione rom peraltro dimostra perfettamente l’indeterminatezza e discriminazione su cui si basano le politiche di cittadinanza ed accoglienza attuali. Infatti, i cosiddetti “nomadi” sono associati agli “immigrati” come vittime dei provvedimenti discriminatori quando per loro, in quanto nostri “concittadini” europei, dovrebbero vigere i trattati di cittadinanza dell’Unione Europea. È il progetto intero di un'Europa plurale aperta al mondo che qui muore e con esso la promessa della fine delle frontiere. Non esistono forse più i confini tra gli stati, ma delle nuove frontiere interne ai nostri paesi si sono diffuse per separare ovunque e in forma indeterminata il “noi” dallo “straniero” e dal “diverso”, fino ad una stigmatizzazione assurda della povertà e della marginalità sociale.
In questa indeterminatezza trovano facilmente spazio gli immaginari stregoneschi di un’orda di “mostri” pronta ad invaderci e a ferirci nella nostra “identità culturale” e nella nostra “sicurezza” e che giustificano ogni paura e ogni azione discriminatoria da parte del sindaco, del prefetto, del ministro o del cittadino comune di turno in difesa del proprio recinto, della propria città, della propria “Padania” o della propria “Nazione”. Quegli immaginari stregoneschi riescono bene a dissimulare le vere ragioni sociali che stanno alla base del nostro malessere e che non fanno altro che porre il debole contro il più debole, il povero contro il più povero.
Noi, gruppo di antropologhe e antropologii italiani, in nome di quella tradizione di ricerca che ci ha permesso di decostruire e rinnegare tutte le forme di razzismo, denunciamo lo scandalo di una nuova cultura egemonica che non tollera la diversità, che legittima la discriminazione e che stigmatizza la marginalità sociale invece di cercare di porvi rimedio riconoscendo le proprie responsabilità politiche e morali.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

rieccomi dopo un bel po di tempo ...in questo periodo sono molto occupato tra tutti sti esami...domani 3 luglio finalmene ci osno gli orali per me e nn vedo l'ora...eheheh...cmq sono senz'altro d'accordo con questa petizione!!! questa non è solo una cosa contro la costituzione ma bensi contro la democrazia... la democrazia deve salguardare le minoranze..l' Italia invece o è troppo schiava di essa o le mette da parte!!! si sà non siamo il paese della via di mezzo e facciamo sempre cose sbagliate!

Non dobbiamo mollare...bisogna combattere questo governo che molti non vogliono chiamare ancora regime, ma io SI!!!

ciao Domenico alla prossima

Domenico Letizia ha detto...

in bocca a lupo per gli esami....alla prossima, e sepri9amo bene anche per l'italia

Blog su blogger di Tescaro ha detto...

Ciao Domenico vorrei votare anch'io ma il link è errato vedi http://firmiamo.it/fermiamolaschedaturadeibambinirom

Domenico Letizia ha detto...

grazie tiziano.

"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )