Un interessante articolo da: http://liberteo.wordpress.com/006/
Due parole su un tema davvero troppo in secondo piano, almeno tra gli anarchici di libero mercato. Cerco di chiarire quelli che sono i motivi per cui, viceversa, dovrebbe essere una nostra bandiera, per cui non dovrebbe scandalizzarci l’idea, e per cui dovremmo parlarne di più. Una società generosa è il presupposto di una società libera:
1) Innanzi tutto non ha senso l’idea che in un paese occidentale e moderno si possa azzerare il prelievo fiscale del welfare, e contemporaneamente possano sparire le pretese di chi ne beneficia. Data la diffusione planetaria, e la ricorrenza storica di queste, l’unico sistema per annullare entrambe è semplicemente una dittatura. Senza monopolio della forza è impossibile annullare le rivendicazioni, e questo comunque non può certo configurarsi come un governo democratico.
2) In secondo luogo è assurda la scelta di chi abbraccia il libertarismo per portare avanti una “causa egoista”. Inizialmente i movimenti di scioperanti e altre forme di protesta sono state duramente combattute dallo stato; nel giro di un secolo sono riusciti non solo ad ottenere quello che chiedevano, ma anche a influenzarne fortemente le scelte (come nell’Italia degli anni ‘70). In un società più libera la loro forza contrattuale sarebbe stata, se possibile, ancora maggiore.
3) Con quale ipocrisia si può propagandare la virtù dell’egoismo, mentre tutti i principali autori libertari affidano alla generosità dei privati cose basilari come la sanità, la scuola e addirittura la polizia, per i più miseri che non possono acquistarle? Sostanzialmente questo è sostenere la tesi che se non ci saranno altri a pagare, sono persone che possono tranquillamente morire. Solidali con i soldi degli altri? Piuttosto prendiamo come nostro obiettivo quello di riuscire a fornire gratuitamente servizi di assistenza ai bisognosi, in modo distinto e un carattere apertamente contrapposto al welfare di stato. Un’ottima pubblicità per il mercato e per i libertari.
4) Il diritto di proprietà possiamo considerarlo assoluto in astratto, ma è concretamente soggetto a molte pretese: se dovessimo opporci a tutte (a parte che nessuno verrebbe più a cena con noi per il fatto dei resti), rimanderemmo a mani vuote ogni mendicante. Il quale potrebbe benissimo vendere l’anima allo stato, ottenendo in cambio la sussistenza, per diventarne pasdaran e, all’occorrenza, coscritto armato fino ai denti. La solidarietà è un fatto ineludibile, se finisce per occuparsene esclusivamente lo stato sono guai.
5) Far valere in modo assoluto il proprio diritto alla proprietà equivale, fra l’altro, all’indiscriminato rifiuto di fare la carità. Lasciando che l’unica opzione per chi versa in uno stato di necessità sia la violenza (il furto, la rapina), si genera conflitto. Il conflitto, per la divisione del lavoro, porta ad emergere alcuni produttori di sicurezza. Investendo questioni di necessità, come detto al primo punto, il conflitto non cessa finché qualcuno non stabilisce il monopolio della forza. Ecco quindi come una società egoista riesce a creare, a mano invisibile, lo stato.
6) Il non donare affatto è solo una delle ipotesi considerate lecite dai diritti naturali, eppure sembra essere la più popolare, del tutto immeritatamente. Sostenendo il carattere necessario della solidarietà, in altri termini una sostanziale disponibilità ad accettare un certo numero di pretese che vengono avanzate sul nostro diritto alla proprietà, non voglio intaccare l’assolutezza del diritto. Così come non lo intacca, ad esempio, chi consiglia di non disporre della proprietà per acquistare droghe o prestazioni sessuali, corrente molto diffusa e rispettata, tra gli anarchici di libero mercato.
mercoledì 17 settembre 2008
Anarchici quindi solidali
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