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venerdì 22 agosto 2008

Evoluzione del pensiero: gli Anarchici Analitici



di Wiliam Longhi

Il manifesto, è firmato tra gli altri da Fabio Massimo Nicosia e Luigi Corvaglia. Nascono per uno scopo ben preciso, a quanto pare, quello di tornare alla radice dei concetti fondanti del pensiero anarchico, per comprendere quali possano essere gli sviluppi più logici e coerenti di fronte alle sfide di oggi. Nascono quindi da una insoddisfazione di fondo sull’evoluzione dell’anarchia che ha preso indirizzi considerati inadeguati e persino incompatibili con i principi storici. Da un lato abbiamo in effetti le forme più aggiornate dell’anarco-comunismo e dell’anarco-sindacalismo declinate in direzione no-global e, a volte, anche vagamente eversiva.
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Eccoli, sono nati. Sono gli anarchici analitici. Anarchè? Sissignore, si chiamano proprio così, anarchici analitici. Il luogo dell’annuncio formale è il forum del sito di www.politicaonline.net, dove alla voce circoli politici si può trovare lo spazio di discussione degli Anarchici, e un post datato 29/08/2006 che presenta il relativo manifesto, firmato tra gli altri da Fabio Massimo Nicosia e Luigi Corvaglia. Gli anarchici analitici nascono per uno scopo ben preciso, a quanto pare, quello di tornare alla radice dei concetti fondanti del pensiero anarchico, per comprendere quali possano essere gli sviluppi più logici e coerenti di fronte alle sfide di oggi. Nascono quindi da una insoddisfazione di fondo sull’evoluzione dell’anarchia che ha preso indirizzi considerati inadeguati e persino incompatibili con i principi storici. Da un lato abbiamo in effetti le forme più aggiornate dell’anarco-comunismo e dell’anarco-sindacalismo declinate in direzione no-global e, a volte, anche vagamente eversiva. Dall’altro lato, si è affermata in Italia la versione più radicale del liberalismo classico, cioè l’anarco-capitalismo, antistatalista fino all’estremo in qualunque settore della vita pubblica, ma tendenzialmente incline a sostenere una legislazione conservatrice sui diritti civili. Questa biforcazione sul cammino della filosofia politica anarchica ha determinato la marginalizzazione delle sue correnti favorevoli, al contempo, al libero mercato e ai diritti civili, e quindi coerentemente libertarie in tutte le dimensioni della vita personale. I numi tutelari di questo nuovo movimento sono individuati dagli stessi promotori in alcuni esponenti di lusso dell’anarchismo individualista americano, come Benjamin Tucker, Josiah Warren e Lysander Spooner, ma anche in socialisti libertari di matrice culturale europea come Proudhon o Max Stirner. L’individualismo romantico ottocentesco viene quindi recuperato, nella speranza di potervi trovare gli strumenti utili per contrastare, da una posizione di anarchismo rinnovato e rinsaldato nei suoi principi cardine, i moderni centri di potere, pubblici e privati. È un anarchismo antistatalista, ma anche po’ sociale e antimonopolista; è antiautoritario, ma anche un po’ comunitario. È il tentativo di coniugare libertà economiche e libertà civili, rispolverando però una sensibilità anarchica forse più europea che statunitense. Ecco quindi che, in quest’ottica, il libero mercato dovrebbe essere difeso dalle grandi concentrazioni industriali, rifiutando l’identificazione tra capitalismo e libero mercato. E la dignità della persona dovrebbe tornare ad essere il fulcro della riflessione anarchica, consentendo la critica di qualunque forma di coercizione, sia essa economica, culturale, politica o religiosa. Si prospetta, quindi, un movimento di pensiero a metà tra l’anarco-collettivismo, incapace di liberarsi dall’abbraccio fatale con lo statalismo e l’autoritarismo; e l’anarco-capitalismo le cui tesi armoniciste inducono ad ignorare i pericoli per l’individuo derivanti dalla concentrazione di potere in mani private e i conseguenti fenomeni di manipolazione delle coscienze e di sfruttamento del lavoro dipendente. Se si aggiunge che la difesa del libero mercato secondo le tesi anarco-capitaliste, più che indirizzata alla libertà personale in se stessa, pare invece profondamente funzionale al ripristino di un ordine sociale di carattere conservatore (si parla di conservatorismo culturale), si può ben supporre che l’obiettivo primario delle future lotte degli anarchici analitici saranno proprio gli esponenti nostrani dell’anarco-capitalismo. Per saperne comunque di più, e certamente in maniera più corretta, si consiglia di dare un’occhiata ai testi di Luigi Corvaglia, come “Ripensare l’anarchia”, o La “Sovranità dell’individuo – Saggio sulla Libertà in America”. Di Fabio Massimo Nicosia, invece, è opportuno ricordare le pubblicazioni di riferimento come “Il Sovrano Occulto” Franco Angeli, e “Beati Possidentes”, Liberilibri, cui dovrebbe seguire a breve un saggio che completa il trittico (“Il Dittatore libertario”, o qualcosa di simile), a chiusura di un percorso intellettuale piuttosto travagliato, che ha visto Nicosia passare dal gruppo dei primi anarco-capitalisti, con Piombini, Vitale, Iannello e Bassani, alla fondazione, in questi giorni, dell’anarchismo analitico con Corvaglia, in polemica crescente con l’evoluzione catto-conservatrice di buona parte del libertarismo italiano. Questo sviluppo “paleo” sta del resto preoccupando anche liberali vicini al libertarismo dell’Ibl, come si evince da dichiarazioni come quelle fatte da Raimondo Cubeddu, che ha spesso parlato, a questo proposito, di liberalismo ridotto a versione secolarizzata del cattolicesimo.
Che forme prenderà questo movimento in futuro è difficile dirlo. Sul forum di riferimento si parla, anche se con timidezza, della possibilità di dare vita ad un centro studi, o qualcosa di simile. Probabilmente lo scopo è quello di contrapporsi al referente in Italia del pensiero anarco-capitalista e più genericamente libertarian, e cioè l’Istituto Bruno Leoni.
L’intento è senz’altro encomiabile, purché dia frutti anche solo paragonabili a quelli dell’Istituto diretto da Lottieri, Mingardi e Stagnaro, che sforna periodicamente studi di ogni tipo su temi dell’attualità politica, economica e finanziaria, per esprimere giudizi e fare proposte riformatrici concrete. Oddio, il termine “analitico”, a dire il vero, non si addice tanto alla concretezza mostrata invece dal lato destro del libertarismo italiano. Sa molto di profonde e dottissime elucubrazioni, e poco di realismo. Intendiamoci, gli anarchici analitici nascono da esigenze effettivamente sentite da alcune parti del mondo libertario italiano, come la necessità di avere un riferimento, in termini associativi, di ricerca e di proposta politico-culturale, per idee che potrebbero definirsi, citando Piombini, ultra-left-libertarian, e che dovrebbero porsi lo scopo di incidere sulla cultura politica italiana attraverso un libertarismo dalle venature progressiste, e cioè con obiettivi polemici centrati sul capitalismo di stato o assistito dallo stato, sulle forme più gravi di concentrazione capitalistica, oltre che sul fronte delicato delle libertà civili e della ricerca scientifica, combattendo ogni intromissione della religione, delle comunità locali, delle tradizioni conformiste e delle autorità governative nelle sfere più intime della vita delle persone. Un libertarismo a tutto tondo, quindi. Romantico, illuminista e pragmatico.
Un tipo di libertarismo simile a quello che tanto disturbava il maestro dell’anarco-capitalismo americano, Rothbard, che amava parlare di nihilo-libertari per indicare i left-libertarians. Oggi i left-libertarians americani sono guidati da personaggi come David Boaz (autore di “Libertarianism: A primer”) e Clint Bolick, ma le loro posizioni paiono una versione edulcorata e laicizzata dell’anarco-capitalismo. È possibile che l’anarchismo analitico voglia posizionarsi alla sinistra dei left-libertarian americani, e quindi caratterizzarsi per un’anima più antidiscriminatoria, democratica ed egualitaria. Lo si potrebbe dedurre da affermazioni come questa, rilasciata da Corvaglia in un’intervista recente: “A differenza della buona parte dei "libertarians", che ritengono il welfare qualcosa di cui disfarsi senza mezzi termini, noi (su questi temi stiamo lavorando con Nicosia, La Conca e altri) stiamo immaginando una transazione al mercato delle funzioni dello stato sociale che permetta di mantenerne le caratteristiche "democratiche". Fra gli ingredienti di questa ricetta ci potrebbe stare l'idea warreniana del costo come limite del prezzo”. (l’intera intervista a è possibile leggerla su http://salentolibero.ilcannocchiale.it/).
Avremo una versione italiana dei left-libertarian americani? Forse non è questo l’intento di Corvaglia e Nicosia, o forse lo è, ma solo in parte. Eppure, di un libertarismo progressista, che entri in contrasto fruttuoso con l’anarco-capitalismo già esistente e vitale nel nostro paese, sfidandolo sul suo stesso terreno, ma con sensibilità e finalità diverse, c’è senz’altro la necessità. Difficile dire se saranno Corvaglia, Nicosia e soci ad affrontare questa sfida. Le intenzioni, comunque, ci sono tutte.

"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )