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domenica 29 marzo 2009

Te lo do io Proudhon!


ovvero: basta un poco di zucchero e la pillola va giù...

di Luigi Corvaglia

Una riflessione su Proudhon da Corvaglia sulla rivista http://tarantula.ilcannocchiale.it/

I PARTE

La proprietà è un furto P..J. Proudhon (1840)
La proprietà è libertà P.J. Proudhon (1865)


1. Invito alla lettura

Proudhon, chi è costui? non certo un Carneade. Eppure, celeberrimo motto a parte (“la proprietà è un furto”), perfino molti di quanti si professano partigiani di quell’anarchismo che vide nel pensatore francese il primo interprete di grande spessore non vanno oltre una manciata di luoghi comuni buoni per intrattenere un salotto di provincia. Nella schiera dei don Abbondio libertari, però, non tutti sono ignoranti. Alcuni sono in malafede. Pochi, però, riescono nell’ardua impresa di coniugare in vario grado ignoranza e malafede. Fra questi ultimi, principalmente, i cosiddetti “anarcocapitalisti”. Infatti, è generalmente la sola ignoranza o la sola malafede la responsabile dell’arruolamento del tipografo di Becanson nella truppa dei socialisti (ciò sulla scorta, appunto, del noto motto anti-proprietaristico letto sui Bignami al liceo). Ma è generalmente la commistione delle due cose a produrre la bislacca teoria di un “primo” ed un “secondo” Proudhon. Quest’ultimo sarebbe artefice di un ripensamento sul supposto giovanile socialismo per accogliere una visione a questo opposta. L’ ambiguità non è nuova. C’è ancora chi ricorda perfino la svolta proudhoniana di un Bettino Craxi alla ricerca di un referente nobile del socialismo non marxista e aperto al mercato. Oggi il liso panciotto del tipografo è tirato di qua e di la, dagli anarchici meno romantici e nichilisti come dai sedicenti “federalisti” ora così a la page; ma è con i seguaci dell’anarcocapitalismo di Murray Rothbard che avviene la “transustanziazione”. Il pane ed il vino del mutualismo proudhoniano diventano corpo e sangue del liberismo radicale in un processo che, mantenendo la forma, ne modifica irrimediabilmente la sostanza. In definitiva, mentre a “sinistra” si enfatizza, per non aver letto, la devastante critica alla proprietà espressa nel 1840, a “destra” si sottolinea, per aver letto poco, male e in malafede, la difesa della proprietà del 1865, affermando che quest’ultima sarebbe una revisione di quanto affermato venticinque anni prima. Ciò farebbe di Pierre Joseph Proudhon un tardivo liberale dall’imbarazzante passato. Nulla di più falso. Quanto scritto nella sua Quarta memoria sulla proprietà non è affatto in contrasto con ciò che l’autore aveva espresso in Che cos’è la proprietà?. E’, anzi, un completamento dell’analisi precedentemente svolta. Chi non lo capisce non ha colto (per uno dei due fattori prima elencati) che l’apparente differenza dell’esito dell’analisi proudhoniana è frutto del diverso piano di lettura, cioè del punto di partenza giusnaturalista e di quello utilitarista. Ridotta in pillole (ma, per gli amici giusnaturalisti, in supposte) la questione è che, proprio in quanto giusnaturalista, fedele alla visione di imprescindibili diritti naturali, Proudhon afferma che nulla può giustificare la proprietà come dato naturale ed auto evidente al pari di altri. Essa è immorale, è abuso, è furto dell’eguale diritto dei non proprietari all’usufrutto della terra. E’ solo nella Quarta memoria che egli passa ad esaminare la cosa dal punto di vista dell’ utile. Davanti ad un abuso ancora più grande, lo Stato, ladro monopolista, l’unico contrappeso al grande abuso pubblico è il piccolo abuso privato, l’unica difesa contro la violenza concentrata è l’atto di forza dei singoli, un contropotere decentrante in grado di creare, in una concezione, si badi bene, mutualista, sacche di resistenza. Non c’è contraddizione: I don Abbondio si mettano l’anima in pace. Riflettano, magari, sull’attualità di un pensatore che un secolo e mezzo prima delle scaramucce accademiche e salottiere fra giusnaturalisti e utilitaristi, fra anarcodestroidi e anarcosognatori, fra individualisti e socialisti che infestano la discussione odierna aveva già affrontato e risolto in poche mosse la questione. Propedeutico, però, sarebbe leggere. Contro il dogmatismo della sacralità della proprietà e contro quello dell’abolizione del mercato, una vera mano santa. Da assumere prima e dopo i pasti. Tenere lontano dalla portata degli idioti.

CONTINUA.......

5 commenti:

Anonimo ha detto...

oh cazzo.

Sai di quando,tipo...le cose sono scritte senza scriverle, o meglio le cose non sono scritte scrivendole?

Ad ogni modo che io mi possegga è un furto, come gli altri si "possieggono" evitando a me di "possegierli".

Affanculo ogni cosa.

Fluiamo.Viva lo stato!

D.

Domenico Letizia ha detto...

ciao D.
come mai così critici verso questo articolo di corvaglia?


Sai di quando,tipo...le cose sono scritte senza scriverle, o meglio le cose non sono scritte scrivendole?


non penso sia affatto così, ma dimmi, voglio sentire la tua...

un saluto.

Anonimo ha detto...

"Davanti ad un abuso ancora più grande, lo Stato, ladro monopolista, l’unico contrappeso al grande abuso pubblico è il piccolo abuso privato, l’unica difesa contro la violenza concentrata è l’atto di forza dei singoli, un contropotere decentrante in grado di creare, in una concezione, si badi bene, mutualista, sacche di resistenza."

Molto romantico.

Solo che non mi va di vivere con un tappo al culo per la paura che venga inculato appena non sono più forte...

IO chiamo questo articolo protezione della realtà irrealtata, alfiere della distosione vitabilizzata.

Molto romantico perché fa leva sulle pulsioni e facendone leva, non raggiungendo il fulcro delle questioni, è una vanità in mezzo al regno del vano ed è collaborazionismo.

PERO' DIAMINE IO CRITICO L'ARTICOLO NON IL SIGNOR CORVAGLIA CHE E' ANCHE GENTILE!

Buona giornata Domenico


p.s. il viva lo stato è intendibile nel fatto che, proteggendoci da noi medesimi a vicenda ( indipendetemente dalla moralità immaginaria e solidale mutualista, perché sull'assenza di vero libero non si edifica che il proprium e non il nostrum ) preferirei dominare, a questo punto.
Preferirei, mi raccomando!

:-)

D.

Domenico Letizia ha detto...

Molto romantico perché fa leva sulle pulsioni e facendone leva, non raggiungendo il fulcro delle questioni, è una vanità in mezzo al regno del vano ed è collaborazionismo.

sono d'accordo, ma parto anche dal dire che l'articolo lo ritengo molto efficace ''storicamente'' per dialogare e giustamente anche con gli anarcocomunisti su quello che in realtà pensava e scriveva Proudhon, non fermandosi alla dicitura. la proprietà è un furto.

buona giornata D.
sempre un piacere piacevole sentirti.

Anonimo ha detto...

Si ma il signor Corvaglia deflettendo dal vero è al servizio del falso.

Che poi si voglia dialogare con i commu-fasci anarchici, anche io sono disposto...beh non con la tua bouona volontà!!

Non è però ottimale né buono proporre un piccolo errore per far comrpendere una Verità più grande.

"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )