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lunedì 2 febbraio 2009

La legittimità dello stato


di Per Bylund

Se lo stato possa o no essere legittimato è una preoccupazione fondamentale nella filosofia politica e nell’ideologia. Se ciò non fosse possibile, quale sarebbe l’alternativa?
La maggior parte delle persone oggi arriva alla “ovvia” conclusione che lo stato sia il naturale guardiano della società moderna e civilizzata. Senza lo stato arriva il caos – l’anarchia. Tuttavia, gli statalisti hanno un problema fondamentale di legittimità, di solito non preso in considerazione. Filosoficamente, come si possono legittimare i pieni ed illimitati potere ed obbedienza richiesti dall’attività decisionale centralizzata all’interno di un determinato territorio? In fin dei conti lo stato è chi ha il diritto di decidere per un gruppo di persone, che questi siano d’accordo o no.

Per la legittimità dello stato è centrale l’esistenza dello stato. Pertanto, chiedere quali questioni siano incarichi giustificati per l’apparato dello stato non legittima lo stato di per sé. Qualsiasi compito legittimo per uno stato implica di rispondere “sì” alla domanda “lo stato è legittimo”.

La domanda fondamentale da porsi è, quindi, se uno stato sia necessario del tutto, per esempio considerando le qualità e le capacità dello stato e paragonandole quelle di quello che viene chiamato “stato di natura”. Questa non è un’idea innovativa; John Locke e Thomas Hobbes meditarono questa domanda qualche centinaio di anni fa, come John Rawls ha fatto nel tardo XX secolo. Il problema è che hanno tratto conclusioni sbagliate.

Valutare lo stato di natura e la nascita degli apparati dello stato include tirare conclusioni sull’uomo. La questione basilare da porre è se l’uomo sia fondamentalmente buono o cattivo. Buono significa con qualità come la razionalità e la moralità, mentre cattivo sarà con irrazionalità e/o immoralità.

Se si arriva alla conclusione che l’uomo sia intrinsecamente buono, filosoficamente non c’è alcuna necessità di uno stato per mantenere la giustizia e la libertà. Le persone buone non danneggiano intenzionalmente le altre, non iniziano conflitti o violano i diritti individuali. Uno stato di natura popolato di persone buone è una società in armoniosa anarchia. Si tratta di una società fiabesca senza problemi, che non devono essere risolti dalla persone coinvolte. Così è l’anarco-capitalismo o libertarismo al suo meglio.

Invece, se si segue la tradizione lockeana e hobbesiana che riconosce l’uomo come essere fondamentalmente irrazionale ed egoistico, si può facilmente giungere alla conclusione che ci sia bisogno di una garanzia neutrale (uno stato) per difendere la pace, i diritti individuali e la giustizia. Questo è ciò che Hobbes concluse; vi è la necessità fondamentale per il governo del popolo (uno stato) di difendere i diritti naturali e portare ordine nel caotico stato di natura.

Ma se l’uomo è intrinsecamente cattivo, vale a dire miope, egoista, irrazionale ed immorale, come potrà mai istituire un governo neutrale, cosiddetto “giusto”? Sarebbe nel suo “personale interesse irrazionale” di istituire un governo che salvaguardi i propri interessi personali, ed opprima gli altri. Anche se anticipasse altri, che potrebbero comunque avanzare pretese al suo potere e tentare di conquistarne le strutture di governo, potrebbe considerare razionale solo la collaborazione con altri con cui abbia interessi in comune. Ma la razionalità è stata già esclusa in quanto caratteristica non umana.

Poiché è nell’interesse di tutti, nello stato di natura hobbesiano, di formare un governo personale per opprimere gli altri per il proprio benessere, ogni società degenererebbe ancora nella guerra e nel caos. Così, la teoria hobbesiana della formazione del governo in uno stato di natura porta solo a tornarci indietro. Si forma un eterno ciclo di oppressione e di guerra.

La conclusione di questa domanda fondamentale sulla natura intrinseca dell’uomo è che non c’è posto per lo stato – non importa come riteniamo sia fondamentalmente l’uomo, se buono o cattivo. O l’uomo è buono, il che significa che il governo non serve, o l’uomo è cattivo il che significa che non c’è speranza nel formare un governo. Il governo, quindi, può essere unicamente giustificato in una qualche maniera come un mezzo per modellare forzatamente la società come si preferisce.

Socialisti e conservatori non prendono in considerazione la domanda fondamentale sulla legittimità dello stato; assumono lo stato come dato di fatto. In questo modo esibiscono la loro ignoranza sulla natura stessa dell’uomo. Addirittura non cercano di definire cosa sia umano, e cosa no; quello che è importante per loro non è come stanno le cose, o come erano; ma quale società possono forzatamente creare in futuro. Le loro ideologie, quindi, sono solidamente fondate e ragionevoli quanto una religione. Basandosi su fatti fittizi si può giungere a qualsiasi conclusione!

Quello che è problematico nel socialismo è la sua fondamentale contraddizione. Usano lo stato, come organizzazione della forza naturale e filosoficamente difendibile, per raggiungere il loro valore fondante, della parità tra gli uomini. Ma lo stato può, come abbiamo visto, essere giustificato solo come un mezzo pratico per costringere gli altri a quegli ideali – non è sostanzialmente giustificato dalle qualità intrinseche dell’uomo. Perciò tentano di usare l’istituzione di un’aristocrazia basata sulla forza (lo stato) per creare l’uguaglianza. Il socialismo, semplicemente, non ha senso.

Da: http://liberteo.wordpress.com/016/

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"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )