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lunedì 2 febbraio 2009

Una lettera alla Radicale Rita Bernardini

Cara BERNARDINI,
faccio una premessa, le scrivo non per darle la mia solidarietà né per accusarla di un gesto che secondo la mia opinione è sintomo di uno spirito sinceramente democratico presente in lei, ma per fare una riflessione anche alla luce di tutti i vari commenti che ho letto sul sito dei radicali.
La considerazione consiste nell’osservare i danni che provoca lo stato anche in queste situazioni, capisco la rabbia come sono d’accordo con chi diceva che la sua prima visita doveva farla alla vittima non al carnefice, ma mi domando come non si faccia a capire che se un’ omicida, stupratore o delinquente in genere viene picchiato in una struttura di un carcere, simbolo perfetto della sicurezza e della perfezione dello stato, il problema stia proprio nella violenza delle istituzioni.
Ripeto, mi rendo conto della gravità della situazione come cerco di capire lo stato d’animo della povera ragazza che non riesce a riprendersi, ma a tutti domando: se la soluzione alla violenza è la violenza delle istituzioni, qual è la differenza tra un criminale e l’apparato burocratico chiamato stato?
Qualcuno disse che la democrazia in un paese si misura osservando proprio i suoi carceri, in Italia c’è da misurare solo inesattezze, repressione e ingiustizia di un sistema repressivo che ogni anno conta suicidi e accuse di intolleranza.
Come vogliamo cambiare questa società, in meglio spero, se poi ci scandalizziamo giustamente alla vergogna di uno stupro e non alla vergogna di una violenza che avviene proprio negli edifici di quella istituzione che si definisce madre della giustizia e della convivenza?
Io sono tra quelli che ogni volta che si vota è seduto a casa a guardare dalla finestra quante persone amano farsi delegare, sono tra quelli che considera il parlamentare il primo criminale, ma sono convinto che se lei il tempo libero, da parlamentare, lo dedica a visitare un carcere sta facendo una cosa giusta, però senza rendersi conto che lo stato in genere è violenza e imposizione nella sua essenza e non potrà mai garantire una società pacifica.
Insomma mi domando se la violenza è nello stato come vogliamo far cambiare la società che di questa violenza non ne può più?
Solidarietà alla ragazza, nessuna alla forma attuale di carcere.
Saluti libertari,
Domenico Letizia

La risposta


La prego, Domenico, di andare a vedere sul sito della Camera quanti documenti parlamentari ho presentato, assieme ai colleghi radicali e non solo, sulla situazione delle carceri e della Giustizia in Italia. Così scoprirà anche quanti Istituti penitenziari ho visitato, quanti Centri dove sono reclusi gli extracomunitari. Ho portato deputati del PD che nella loro vita politica non avevano mai visitato un carcere.
Io penso che dovere di un parlamentare sia quello di agire per evitare che fatti come quelli di Guidonia si ripetano ancora.
Solo che la strada è difficile, quasi impossibile, perché lo Stato e le sue istituzioni sono i primi violatori delle leggi fondamentali, a partire dalla Costituzione.
Un caro saluto libertario anche a Lei
Rita Bernardini

Il sito di Giulia Innocenzi pubblica la lettera: http://giuliainnocenzi.com/2009/02/03/se-la-soluzione-alla-violenza-e-la-violenza-alle-istituzioni-qual-e-la-differenza-fra-il-criminale-e-lo-stato/


Queste sono, invece, le poche ma incisive parole di Marco Cappato: http://lnx.marcocappato.it/node/38697

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"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )