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domenica 22 febbraio 2009

La crisi: Colpa dello stato? Certo che si!


Tutti i lettori di questo piccolo ma libero sito, come sapranno, ogni tanto ci siamo occupati e abbiamo trattato di crisi, di crisi economica e di mercato. Ringrazio Davide Fidone per avermi riportato questo articolo comparso sul sito dell'Istituto Bruno Leoni (http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=7594). Un interessante articolo su una delle cause della crisi finora poco dibattuta: il protezionismo statale in favore dei dirigenti aziendali, che toglie agli azionisti ogni facoltà di controllo.

di Carl C. Icahn

Il capitalismo deve tornare alle origini

Il piano del presidente Barack Obama che prevede di limitare ad un massimo di 500.000 dollari all’anno (oltre a pacchetti di azioni vincolate) il salario dei dirigenti di aziende che ricevono fondi federali è perfettamente comprensibile. Tuttavia, imporre un tetto al salario dei dirigenti non è che una misura di ripiego che non affronta il problema alla radice.Il vero problema è che il management di molte società agisce in perfetta impunità, senza dover rispondere agli azionisti e senza che questi possano esercitare alcuna supervisione. Invece di fungere da rabbiosi cani da guardia posti a tutela degli asset aziendali dai possibili abusi dei loro dirigenti, molti consigli d’amministrazione si comportano come cagnolini da salotto. Sebbene, sia pure con qualche eccezione, il management di molte aziende abbia svolto in modo pessimo i propri compiti, non di rado i dirigenti di queste stesse società ricevono ricchissimi emolumenti che non tengono in alcuna considerazione i risultati realmente ottenuti. Se vogliamo ricostruire la nostra economia in modo sostenibile e ricostituire la necessaria fiducia, dobbiamo cambiare questa deprimente situazione. In caso contrario questi problemi continueranno a prodursi, ogniqualvolta gli investitori si dirigeranno in massa verso la prossima innovazione o la prossima bolla speculativa, rese possibili proprio grazie al genere di manager che ha quasi affossato Wall Street. Il problema, come sostengo da tempo, è che sia il management, sia i consigli di amministrazione sono stati resi pressoché intoccabili grazie ad anni di leggi promulgate dai singoli Stati e da numerose sentenze dei tribunali che hanno avuto l’effetto di renderli esenti dalla responsabilità nei confronti degli azionisti e di permettere loro di conservare le proprie sinecure e di venire pagati a peso d’oro. Abbiamo bisogno di un minor numero di norme statali a tutela degli amministratori e soprattutto abbiamo bisogno di far tornare il capitalismo, questo straordinario sistema di creazione di ricchezza, alle radici, a una situazione in cui sono i proprietari che dettano legge ai dirigenti, e non il contrario. Attualmente il diritto d’impresa è prevalentemente una riserva delle autorità statali, non federali. Di conseguenza la maggior parte delle aziende tende a trasferirsi o a costituirsi negli Stati che offrono le maggiori tutele al management. Questi Stati hanno evidentemente un interesse ad attirare il maggior numero possibile di aziende, giacché da esse proviene una parte sostanziosa del gettito fiscale. Si tratta di una rapporto di simbiosi: il governo locale offre protezione al management e in cambio ottiene preziose entrate dalle imposte.Taluni Stati, tuttavia, come ad esempio il North Dakota, offrono maggiori garanzie e maggiori diritti agli azionisti. Giacché sono gli azionisti i proprietari di una società, è a loro che dovrebbe spettare il diritto di decidere se trasferire al sede legale di un’azienda in uno Stato che offre maggiori tutele all’azionariato. Quello che serve, pertanto, è una legge federale che permetta agli azionisti di decidere a maggioranza semplice il trasferimento della sede legale della propria azienda in un altro Stato, mentre attualmente questa decisione spetta al consiglio d’amministrazione e ai dirigenti. Questa riforma non rappresenterebbe una panacea per i nostri problemi economici, ma sarebbe un passo avanti, eliminando la ferrea presa che i manager hanno sugli asset degli azionisti. E non dovrebbero essere i proprietari di queste aziende a godere di questi diritti?A questo punto ci si potrebbe chiedere: se questa proposta è sensata, perché i grandi azionisti istituzionali che controllano il grosso delle azioni e dei diritti di voto nella maggior parte delle società di questo Paese non si sono ribellati pretendendo la riforma che ho descritto? La risposta è che molti investitori istituzionali hanno anch’essi un interesse costituito a sostenere il management delle proprie aziende: sono i dirigenti, infatti, che decidono come distribuire i fondi pensione e il risparmio gestito della loro impresa. Sebbene vi siano investitori istituzionali che hanno a cuore i diritti degli azionisti, disgraziatamente ve ne sono altri che non amano l’idea di votare contro chi ha il potere di concedere loro il prezioso mandato di gestire fondi per miliardi di dollari. Si tratta di un evidente ed insidioso conflitto di interessi che sposta il voto degli azionisti a favore del management. È un problema che sussiste da anni e che dovrebbe venire risolto da nuove leggi che vadano a beneficio degli azionisti e dei dipendenti delle aziende, ossia dei beneficiari dei loro piani pensione.Ovviamente non auspico l’abrogazione generalizzata del diritto aziendale del nostro Paese. Tuttavia è nell’interesse del Paese ripristinare i diritti di chi partecipa col proprio capitale alla proprietà delle aziende, ossia di quegli individui che hanno visto il valore dei propri pacchetti azionari precipitare a causa delle sconsiderate decisioni di un management privo di ogni freno. I suggerimenti che ho delineato poc’anzi potrebbero contribuire in misura considerevole a cambiare le dinamiche della governance societaria in questo Paese. Questo cambiamento farebbe sì che la nostra economia diventasse più produttiva, generando così più ricchezza per tutti.Il salvataggio di Wall Street e gli “stimoli” economici possono rappresentare passi sgraditi, ma necessari, per ridare vita ad un’economia in difficoltà, ma è altrettanto importante attaccare il vero problema, pretendendo maggiore responsabilità dai dirigenti aziendali. Ho fondato United Shareholders of America esattamente al fine di permettere agli azionisti di avviare riforme in questo senso e vorrei esortare i miei compatrioti ad unirsi alla nostra causa. La maggioranza della popolazione degli Stati Uniti possiede azioni. È necessario che la loro voce si faccia sentire – fin da oggi – nel Congresso e nei consigli d’amministrazione delle imprese americane.

Carl Icahn è presidente di Icahn Enterprises, una holding quotata in Borsa.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato sull'edizione del 7 febbraio 2009 del Wall Street Journal, che ringraziamo per la cortese concessione alla riproduzione.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Crisi economica...tra stato e banche nn si sa chi è piu colpevole dell'altro..in questo caso abbiamo un esempio di come lo stato (in questo caso gli stati uniti ma non solo) non si concentrano sui veri problemi dell'economia nazionale... di come i diritti siano stati violati...e per diritti intendo quelli degli azionisti come menzionato da Carl C. Icahn..."il potere è sempre il potere" e tutti o quasi la pensano cosi...orma non c'è piu quella mentalità del normale cittadino nel ribbelarsi...e in questo caso vediamo che i minori azionisti per il solo fatto di non mettersi contro i pezzi grossi vengono influenzati da loro (la cosiddetta schiavitù moderna).....questo perkè oggi l'uomo nn pensa che la sua liberta sia in pericolo pensa che deve portare a casa il pane...ma non sa che quel pane è proprio la libertà di fare e di pensare...

PS: E come disse Lord Josiah Stamp (Presidente della Bank of England negli anni ’20): Non basta sempe ribellarsi ai potenti perchè se gli lasciamo il potere di creare moneta loro si ricreerano il potere avuto in precedenza......

in poche parole penso che l'economia, il mercato e il capitalismo siano in una situazione di metastasi..andrebbe buttato a terra e ricreato come dici te domenico...tornare all'inizio di tutto! IL CAPITALISMO DEVE TORNARE ALLE ORIGINI!

Domenico Letizia ha detto...

PS: E come disse Lord Josiah Stamp (Presidente della Bank of England negli anni ’20): Non basta sempe ribellarsi ai potenti perchè se gli lasciamo il potere di creare moneta loro si ricreerano il potere avuto in precedenza......


questa è ottima, bella citazione, un saluto davide.

"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )