Dal blog spagnolo http://www.mutualismo.org/ riporto la notizia del nuovo lavoro di Thomas Malone: Il futuro del lavoro, viene riportato un piccolo articolo su una delle conferenze che tenne l'autore a Barcellona per promuovere il suo libro. Insieme ad altri manager come Gary Hamel o sociologi come Manuel Castells, Thomas Malone analizza le ripercussioni delle nuove e sempre più intelligenti tecnologie della "società" dell'informazione sull'organizzazione del lavoro. Viene riportati un esempio di "gestione flessibile", un esperimento virtuale nel quale i viaggiatori di un aeroplano virtuale riescono a condurlo senza la necessità di un pilota.
Ecco qualche passo che sarà nel libro:
È possibile sopravvivere ad un volo in aeroplano pilotato da un ampio gruppo di persone invece che dall'abituale pilota? L'esperimento è stato già realizzato col pubblico in una conferenza. Il gruppo poteva controllare con una tavolozza un aeroplano virtuale farlo salire o scendere eseguendo i comandi sullo schermo. Con lo stesso procedimento, il gruppo di persone controllava che l'aeroplano muovesse verso destra o sinistra. Il risultato? L'aeroplano non è urtato non solo contro nessun ostacolo virtuale, ma è riuscito a raccogliere i punti extra ripartiti per l'itinerario. Questo esempio dimostra che offrire agli impiegati libertà, motivazione e flessibilità, incrementando la creatività, fa ottenere maggiori benefici per le imprese.
Leggete qui (in spagnolo:http://www.losrecursoshumanos.com/contenidos/1938--las-tecnologias-y-las-paradojas-del-poder.html )
domenica 12 luglio 2009
L'aeroplano autogestito
giovedì 9 luglio 2009
G8 A casa.........................
Un saluto e un caloroso messaggio di lotta a tutte le realtà antistataliste, anti G8.
Sono dalla vostra, massima solidarietà e speriamo che questa stupida iniziativa(mentre in Cina lo stato sta massacrando civili) finisca presto e che non crei altro massacrante statalismo. Lo so che non sarà così.
Buon anti G8
martedì 7 luglio 2009
domenica 5 luglio 2009
Il problema delle Privatizzazioni
Il testo tradotto di Thomas L. Knapp che illustra alla perfezione l'opinione dei libertari verso le privatizzazioni effettuate per e dallo stato . Il Center for a Stateless Society (http://c4ss.org/) ha traduttori anche in spagnolo, vi è bisogno di qualcuno di buona volontà che traduca in italiano.
Il problema delle Privatizzazioni
Nel corso degli ultimi 25 anni, la parola "privatizzazione" è divenuta da un'idea innovatrice ad un termine jolly per definire procedimenti abituali dei governi, abitualmente descritti come "società miste pubblico-private".
Alcune settimane fa [l’ 8 di maggio] l'Amministrazione Nazionale dell'Aeronautica e lo Spazio, NASA, annuncia la sua iniziativa di privatizzazione: imbottigliata nello sviluppare un ricambio per le attuali navette spaziali, l'agenzia vuole comprare, razzi e capsule per missioni gestite da imprese private. Altre proposte recenti di privatizzazione includono campi abbastanza diversificati come la gestione di Internet o i servizi di accoglienza negli Stati Uniti.
L'idea che ispira le privatizzazioni consiste nel considerare il settore privato ( il "mercato") operatore di maggior "efficienza" rispetto al settore pubblico, quello che suppone risparmi di costi al contribuente. Si dice, e con ragione che un'impresa privata può produrre per un dollaro un prodotto che ad un'impresa gestita dallo Stato costerebbe due dollari.
Nasce spontaneamente la domanda: Per quale motivo vi è la necessità del governo? Perché non comprare le cose direttamente nel mercato libero invece di portare il denaro alle imprese attraverso una burocrazia inefficiente che aumenta i costi dal prezzo di mercato al "prezzo di Stato?"
Gli anarchici più convinti non avranno bisogno di maggiore giustificazione per respingere “questi” processi di privatizzazione. Tuttavia, altri possono avere bisogno di maggior informazione nel capire che le “privatizzazioni” così fatte sono inaccettabili e sono un' abbondanza.
La privatizzazione,praticata oggi, è un processo che rinforza lo Stato e debilita il settore privato. Ironicamente, un processo che si vende come un trasposto ai "valori di impresa" dal settore pubblico ha portato giustamente al risultato contrario. In primo luogo, "privatizzazione" è una definizione erronea di questo tipo di processi. In un progetto governativo "privatizzato", lo Stato continua a mantenere l'autorità e il monopolio principale … portandosi sugose fette finanziarie attraverso metodi di "gestione" e "supervisione". Il controllo dello Stato su qualsiasi progetto lo mantiene nella nauseabonda sfera del politico, mentre le "commissioni" addizionali sparano il prezzo dai prezzi di mercato verso "prezzi politici." D'altra parte, le imprese che guadagnano i bandi o che vorrebbero prendere parte ad essi non sono necessariamente le più efficienti del mercato. Normalmente sono le imprese con migliori contatti ed influenza nella sfera politica. Ergo, la "privatizzazione", più che una forma di solvere le inefficienze dello Stato, è un vettore di quelle inefficienze verso il settore privato.
Infine, c'è una perversione totale nel funzionamento delle "società miste": sebbene in esse lo Stato mantenga l'autorità fondamentale, è l'impresa privata quella che si fa carico della maggior parte della responsabilità nei possibili risultati sfavorevoli.
Così quando un progetto di privatizzazione fallisce, i burocrati sono sempre pronti a dar la colpa alle imprese private, dimenticando che quelle imprese lavorano sotto una regolamentazione statale pazzesca.
Le imprese di mercato sono quindi quelle “sbagliate”: d'altra parte, le "imprese private" con le miglior connessioni politiche sono pronte a mettere il mestolo nel seguente processo (falso) di privatizzazione anche in caso di fallimento aspettando che l'opinione pubblica dimentichi l'incidente.
Da parte loro, le agenzie governative ottengono una reputazione perfetta ed intatta.
La privatizzazione, come oggi la si pratica, è un gioco truccato, “(faccia): lo Stato guadagna; (croce): l'impresa privata perde”. Se una privatizzazione dà risultati scandalosi, fallimenti, rovine, la colpa è del mercato e lo Stato dovrà intervenire per salvare le colpe del mercato. Se una privatizzazione ha un certo successo, lo Stato prende il credito del progetto e continua ad "ingrassare". L'alternativa alle privatizzazioni che si praticano oggi che potremmo chiamare "privatizzazione di incollatura", è un'autentica privatizzazione: i servizi che tradizionalmente “presta” lo Stato devono essere completamente tolti dei suoi artigli. La giustificazione delle “privatizzazioni di incollatura” è che, in realtà e tutti i burocrati lo sanno, il mercato è più efficiente del settore pubblico. Per qualunque cosa.
sabato 4 luglio 2009
Troppo grandi per fallire, troppo grandi per riuscire
Peter Wallison spiega perché il piano di Obama per riformare la finanza è l'apripista della trasformazione degli Stati Uniti nel nuovo baluardo del socialismo reale
di Peter J. Wallison
In un discorso tenuto ieri alla Casa Bianca il presidente Barack Obama ha illustrato a grandi linee la regolamentazione futura del sistema finanziario. Il presidente ha descritto sostenendo che esso pone le basi “per una crescita economica sostenuta” e “una trasformazione di entità mai vista dai tempi delle riforme seguite alla Grande Depressione”. Su questo non gli si può dare torto.
Il piano, se verrà approvato, trasformerà in modo fondamentale la natura del nostro sistema finanziario e della nostra economia. Gli assunti e le preoccupazioni che sottendono il progetto di Obama sono chiari, e diventano ancora più chiari se prendiamo in considerazione gli altri modi in cui questa amministrazione ha affrontato le conseguenze della concorrenza, primi tra tutti gli pseudo-fallimenti di General Motors e Chrysler e gli imminenti cambiamenti nella politica antitrust. Per quanto il presidente abbia affermato di sostenere il libero mercato, queste iniziative confermano il sospetto che l’amministrazione tema la “distruzione creativa” prodotta dal funzionamento del libero mercato, preferendo la stabilità all’innovazione, alla concorrenza e al cambiamento.
Secondo il Libro Bianco fatto circolare dall’amministrazione poco prima il discorso del presidente, la Federal Reserve sarebbe autorizzata a creare un regime normativo speciale (con tanto di requisiti di capitale, leva debitoria e liquidità) per qualsiasi azienda che presenti una «combinazione di dimensioni, leva e interconnessione tale da presentare una minaccia alla stabilità finanziaria in caso di fallimento». Inoltre, qualora una grande azienda finanziaria dovesse rischiare di chiudere I battenti, al tesoro verrà attribuito il potere di evitare la bancarotta e di nominare invece un curatore o un amministratore speciale al fine di “stabilizzare” la società in questione.
La scelta di particolari società finanziaria per questo tipo di trattamento speciale indica chiaramente al mercato che questi istituti sono troppo grandi per fallire. Così facendo, si attenuerà la percezione del rischio connesso alla concessione di prestiti a queste società finanziarie, il che, a sua volta, permetterà a queste ultime di ottenere finanziamenti ad un costo interiore rispetto ai concorrenti più piccoli.
In altri termini, il piano dell’amministrazione creerebbe in sostanza imprese a sostegno pubblico, non molto diverse da Fannie Mae e Freddie Mac, in ogni settore finanziario: assicurazioni, società di gestione di titoli, società finanziarie, holding bancarie e hedge fund. In ciascun settore alcune aziende, ma non altre, verranno prescelte per questo particolare tipo di tutela. Per la concorrenza, il risultato sarà devastante. Le imprese più grandi metteranno alle strette quelle più piccole e le piccole società più intraprendenti avranno minori opportunità di superare I vincitori appoggiati dalle autorità.
Per giunta, la proposta di mettere a disposizione uno specifico meccanismo di salvataggio per le grandi aziende rafforza l’impressione che queste società non verranno mai chiuse o messe in liquidazione. Appellandosi allo sconvolgimento del mercato che ha fatto seguito al crollo di Lehman Brothers, l’amministrazione sosterrà che fallimenti siffatti sono “causa di disordine”. Il fallimento, però, è una conseguenza dell’assunzione di rischi, ossia dell’origine stessa della forza della nostra economia mentre lo scopo del piano dell’amministrazione, in ultima analisi, è proprio prevenire il rischio e le sue conseguenze.
Lo scompiglio successivo al crollo di Lehman si è prodotto perché I soggetti operanti sul mercato si aspettavano che, dopo il salvataggio di Bear Stearns, tutte le società più grandi sarebbero state salvate dal fallimento. Quando Lehman non è stata salvata, tutti I concorrenti sul mercato hanno dovuto ricalibrare I rischi connessi alle loro relazioni con gli altri soggetti, provocando un congelamento del credito e il tentativo di fare incetta di contanti. Di per sé, il fallimento di Lehman non ha causato perdite sostanziose e, meno di due settimane dopo l’annuncio del fallimento, il curatore ha potuto vendere a quattro diversi acquirenti le componenti di Lehman attive nel campo dell’intermediazione, dell’investment banking e della gestione degli investimenti.
Confrontiamo tutto ciò con AIG, l’azienda presa dall’amministrazione quale esempio paradigmatico di società salvata dai poteri pubblici perché “troppo grande per fallire”.
Sotto il controllo pubblico, la società sta lentamente andando in disfacimento, a danno dei contribuenti.
La paura mostrata dall’amministrazione nei confronti degli esiti della concorrenza si ravvisa anche in ambiti diversi dalle politiche relative al settore finanziario. Prendiamo General Motors e Chrysler: sul mercato, le due case automobilistiche erano state sconfitte. Molto semplicemente, non sapevano costruire automobili che piacessero ad un numero sufficiente di americani.
La loro scomparsa non avrebbe messo a repentaglio la stabilità del sistema finanziario, anche se, indubbiamente, avrebbe creato grossi problemi a fornitori, concessionari e dipendenti. Ciò nonostante, l’amministrazione non ha permesso che le due società fallissero. A dispetto di tutte le chiacchiere sulle priorità del credito, il punto essenziale è che l’amministrazione si è servita dei soldi dei contribuenti per rovesciare il verdetto del mercato. Se vogliamo un assaggio di quello che farà l’amministrazione con l’autorità che vuole avere in relazione alle grandi società finanziarie, non dobbiamo cercare oltre.
Lo stesso modello relativo alla concorrenza sui mercati può essere ravvisato nella nuova politica antitrust del Dipartimento della Giustizia. Christine Varney, nuovo sottosegretario alla giustizia incaricato della politica antitrust, ha affermato che le politiche americane devono assomigliare di più a quelle europee. Fino ad oggi le politiche antitrust adottate dagli Stati Uniti hanno cercato di tutelare la concorrenza. l’Europa, dal canto suo, cerca di proteggere I concorrenti. Mettere al riparo I concorrenti significa soffocare le capacità delle aziende più abili, vuol dire permettere a manager e piani industriali inferiori di rimanere in attività e, così facendo, impedire di emergere alle aziende più valide. Anche in questo caso, la stabilità prevale sul cambiamento e sul progresso.
Il presidente ha affermato in varie occasioni, non ultima il discorso dell’altro ieri, di «essere sempre stato un convinto assertore della potenza del libero mercato», ma la ricetta offerta dalla sua amministrazione mette a nudo un convincimento ben diverso. In AIG, General Motors, Chrysler, Fannie Mae e Freddie Mac possiamo vedere quale futuro immagina l’amministrazione Obama per la nostra economia: una struttura sclerotica e immutabile di grandi aziende che collaborano, sono protette e fanno affidamento su uno Stato onnipotente.
Peter J. Wallison è senior fellow dell’American Enterprise Institute
Questo articolo è stato originariamente pubblicato sull'edizione del 18 giugno 2009 del Wall Street Journal, che ringraziamo per la cortese concessione alla riproduzione.
http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=8022
giovedì 2 luglio 2009
Continua il dibattito sul liberoscambismo…
Interventi di Letizia Domenico, Lanza Luciano, Nicolini Luciano.
Buona lettura:
http://www.cenerentola.info/archivio/numero114/articoli_n.114/dib.html