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venerdì 29 gennaio 2010

Veronelli politico, anarchico liberal?


Luigi nasce a Milano nel 1926, frequenta il liceo classico Parini, poi l’Università statale, dove è allievo di Giovanni Emanuele Bariè, teorico della filosofia neotrascendentale. Nel ’43 ha 17 anni ed è antifascista ma non partecipa alla Resistenza, di ciò gli rimarrà sempre un dispiacere. Nel dopoguerra segue un ciclo di conferenze di Benedetto Croce presso la sede del Partito Liberale a Milano. Lì sentirà dal vecchio filosofo la frase che spesso citava: “l’umanità viene da un’anarchia selvaggia, il suo scopo è pervenire a un’anarchia superiore”. Luigi usava questa frase del moderatissimo filosofo idealista per convincere anche gli interlocutori più cinici e disincantati a prendere in considerazione la possibilità utopica.
Nel 1956 fonda la Veronelli Editore. Le pubblicazioni hanno subito il segno dei suoi interessi libertari, libertini, enogastronomici: “Racconti, novelle e novelline” di de Sade (che gli procurerà una denuncia e la condanna al rogo dei libri, l’ultimo rogo di libri fatto in Italia), “La proprietà è un furto” di Proudon, le poesie di Pagliarani, la rivista “Il gastronomo” e quella di filosofia “Il pensiero”, poi – interessante – per qualche anno (dal 1961 al 1964?) fu l’editore della rivista “Problemi del socialismo” diretta da Lelio Basso. Interessante e strano. Il socialismo di Lelio Basso aveva delle connotazioni libertarie, antistaliniste e consiliariste (Basso fu tra l’altro curatore delle traduzioni italiane degli scritti di Rosa Luxemburg) ma era fortemente marxista. Nel panorama politico pre ’68 – quindi prima dell’avvento di quella che verrà definita sinistra extraparlamentare – Basso si colloca idealmente a sinistra del PCI. Veronelli, nelle nostre chiacchiere, ha sempre avuto in stizza comunismo e marxismo.
Queste dichiarazioni erano origine di amichevoli baruffe (altre erano originate dalle sue proposte di partecipazione elettorale libertaria, dalla sua visione romantica della figura del contadino, dove i latifondisti non si distinguevano dai braccianti, dalla proposta delle de.co.). ......

(parte di articolo il resto qui: http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/ )

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"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo... In realta' vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità" ( Fabrizio De André )