Ecco la mia posizione secondo questo interessante e divertente test:
Grazie Fabrizio.
http://ingranaggiodellaliberta.blogspot.com/
sabato 30 maggio 2009
Test.........europee
venerdì 29 maggio 2009
A OGNUNO LA SUA BANCA
Mentre in Europa si discuteva su come le élites potevano guidare gli oppressi alla conquista del potere, gli anarchici americani discutevano di antitrust, di voto alle donne, di diritti e poteri dei consumatori, di difesa della proprietà individuale, di copyright. L’odio per uno stato liberticida e il principio della sovranità dell’individuo non sono affatto patrimonio esclusivo del liberalismo. Intervista a Pietro Adamo.
Pietro Adamo si occupa principalmente del protestantesimo radicale e della cultura politica dell’anarchismo, sui quali ha scritto vari saggi.
Sembra che il liberalismo sia attualmente l’unica tradizione politica rimasta sulla scena. Esistono però tradizioni di pensiero che potrebbero dare spunti interessanti, e fra queste l’anarchismo autoctono americano, così poco conosciuto in Italia. Da dove deriva tale tradizione?
La tradizione dell’anarchismo autoctono americano, che copre quasi tutto l’800, è stata una corrente di pensiero originale e articolata che si è fondata principalmente sulla realtà sociale e culturale americana, con rarissimi contatti con i movimenti e i teorici che hanno costituito l’anarchismo in Europa. Degli esponenti più noti di questa tradizione -Lysander Spooner, Benjamin Tucker, Josiah Warren, Stephen Pearl Andrews-, l’unico che conosceva bene le opere di Stirner, Bakunin, Kropotkin era Benjamin Tucker, che le fece anche tradurre o le tradusse egli stesso, ma fino a lui gli anarchici americani maturarono il loro anarchismo in modo assolutamente autoctono rispetto a quella tradizione europea (che parte da William Godwin e arriva fino a Errico Malatesta, e che comprende Stirner, Bakunin, Proudhon, Kropotkin, Reclus, Faure e tanti altri) che oggi definiamo “anarchismo classico”. Questa elaborazione autonoma americana, come dicevo, durò fino a circa il 1890, quando, con l’immigrazione di italiani, tedeschi, ebrei negli Stati Uniti si ebbe l’introduzione di tematiche tipicamente europee che fecero sì che i leader del movimento anarchico americano del primo ’900 -vale a dire Emma Goldman, Alexander Berkman, Johann Most, non a caso tutti immigrati- avessero come punto di riferimento non la tradizione libertaria americana, ma quella europea, essenzialmente Kropotkin e l’anarco-comunismo.
L’atteggiamento di questi anarchici americani nei confronti della proprietà era, comunque, quello di una difesa strenua e si proponevano di liberalizzare il mercato togliendo di mezzo tutti i monopoli, le corporazioni, le gilde, i trattamenti di favore, la concessione di patenti, perché questi strumenti, a loro giudizio, opprimevano il popolo. Non a caso saranno fra i primi a parlare della necessità di lottare contro le concentrazioni industriali che finiscono per diventare monopoli, parlavano cioè di antitrust. Per loro il prezzo dei prodotti era alto perché su queste cose veniva caricato il peso dei monopolisti, di gente che non lavorava. Dal loro punto di vista l’adozione di una politica liberale era intesa a difendere la gente che lavorava: i bottegai, gli artigiani, gli operai, i lavoratori a giornata. Io penso che ci siano addirittura dei modi per leggere persino Adam Smith in questo modo, ed infatti un anarchico americano contemporaneo, Bob Black, ha scritto delle paginette divertenti su Adam Smith e sul problema del lavoro che fanno intendere come per molti l’adozione del sistema del libero mercato e del libero scambio, cioè del sistema capitalista (anche se “capitalista” è il modo in cui noi chiamiamo la degenerazione del sistema della proprietà privata), può essere vista in chiave protettiva per i ceti più poveri, piuttosto che in chiave berlusconiana…
Il gradualismo degli anarchici americani nasce dal riconoscimento che non vi è altra possibilità di rivoluzione radicale che non sia rivoluzione delle coscienze. La rivoluzione è la maturazione dell’individuo, non tanto un rivolgimento politico, il quale, quando avviene, non può essere preso in sé stesso, ma solo in relazione alla rivoluzione nelle coscienze. Quando gli anarchici americani si confrontano direttamente con i meccanismi del politico (governi, parlamenti, polizie, eccetera) finiscono quasi sempre su posizioni anarchiche classiche. Quindi i meccanismi del politico vengono visti in senso estraniante, come un processo di continua sottrazione di diritti e potenzialità al cittadino, in sostanza come uno degli elementi fondanti del sistema di dominio di una parte minoritaria della società sulla maggioranza. Questo, tuttavia, non comporta, come invece accade all’anarchismo europeo, l’apertura alla necessità di una dimensione “altra”, utopica. A questo proposito, comunque, direi che le elaborazioni sono decisamente molto sfumate, perché l’unica possibilità che a molti di loro rimane, data la loro formazione ed i presupposti che essa comporta, è ipotizzare un ritorno allo stato della perfetta naturalità, ma è una mentalità che non viene direttamente accettata perché comporterebbe il contrasto fra natura e società, che a sua volta non viene accettato. Spooner, per esempio, contrappone ad ogni istituzione del politico il richiamo ad una società naturale fondata sul libero contratto e sulla libera iniziativa, ma si guarda bene dallo spiegare in concreto come questa si dia e come possa funzionare. Non lo fece Spooner, non lo fece Andrews, non lo fece Tucker, ma lo ha fatto Robert Nozick, un filosofo contemporaneo, in Anarchia, stato, utopia e non è un caso che in nota, dica “Per il retroterra di queste riflessioni si veda Lysander Spooner e Benjamin Tucker…”. L’operazione che gli anarchici americani classici non hanno fatto, cioè come liberarsi del politico senza ricadere in una naturalità impossibile, che altro non sarebbe che forma mascherata di politico, è stata tentata da Nozick e secondo me neanche lui c’è riuscito, semplicemente perché non è possibile. Sempre a questo proposito si possono trovare degli spunti in un paragone fra Spooner e Tucker: mentre in Spooner la contrapposizione fra società “politica” e società “naturale” finisce per essere plateale, nel caso di Tucker la formulazione è molto più produttiva e interessante perché da un lato c’è lo svelamento dei meccanismi autoritari del politico, mentre dall’altro c’è la consapevolezza che è in quell’ambito che occorre andare ad operare, che è una scelta dettata dalla necessità.
mercoledì 27 maggio 2009
“Il cattolicesimo reale”
Lunedì 25 maggio ’09 ore 21
Presentazione del libro di Walter Peruzzi,
“Il cattolicesimo reale”
attraverso i testi della Bibbia, dei papi, dei dottori della Chiesa, dei concili Roma, Odradek edizioni, 2008, pp. 524, € 32.00
Ascolta l'audio della serata in Mediateca ( mp3 ):
http://isole.ecn.org/ponte/mediateca/mediateca.html
domenica 24 maggio 2009
Nasce il Centro Studi Libertari Claustrofobia per ‘rifondare’ l’anarchismo
Di Domenico Letizia
Ecco ci siamo, alla presentazione di questo nuovo progetto: il Centro Studi Libertari Claustrofobia, che trovate all’indirizzo: http://www.claustrofobia.org/
Claustrofobia è un centro che si ripropone di analizzare o di ricanalizzare il pensiero anarchico e libertario in un ottica originaria, individualista, liberale o semplicemente pura: si tratta di riconoscere nei fondamentali della “civiltà liberale” gli elementi base per la demolizione della cultura degli assoluti categorici. Base della nostra proposta è, quindi, l´autodeterminazione dell´individuo in ogni campo, sia pure non in una visione solipsistica, ma tale da sottolineare le reciproche interdipendenze, accettando alcuni spunti sia dell’anarcocapitalismo che del pensiero anarchico classico. Ci si ritrova a studiare una società statale e a cercar ipotesi di società senza stato, tutto basato su documentazione ed analisi.
Claustrofobia prende il nome della rivista Claustrofobia cinque numeri usciti alla fine degli anni '70, frutto dell'opera solitaria di Riccardo La Conca, e rifacendoci un po’ allo scalpore che una simile rivista produsse in quei anni, Claustrofobia vuole inserirsi come una voce all’interno dell’anarchismo, analizzarlo e praticarlo.
Ecco cosa troviamo sul sito, alla voce ‘Chi siamo’: Claustrofobia.org nasce da un’alleanza tra libertari possibilisti liberoscambisti, si propone di creare un luogo di studio e di azione politica riunendo e conciliando, pur mantenendo le dovute differenze, anarcosindacalisti, mutualisti, agoristi e anarcoliberali rifacendosi all’individualismo anarchico e al liberalismo delle origini, alla tradizione dell’autosufficienza, delle comunità locali, del volontarismo federativo e della decentralizzazione, si propone di creare una struttura economica nuova, decentralizzata e autonoma, invitando i lavoratori a ritirarsi in una struttura economica non politicizzata dalle logiche statali, costruire la società giusta nel guscio di quella vecchia. Siamo uniti in un’opposizione allo Stato, al militarismo e all’intolleranza culturale (discriminazione sessuale, razzismo) basando la nostra strategia per la liberazione creando movimento e istituzioni alternative e rifiutando la politica elettorale.
E’ nato, ringrazio tutti dal gentilissimo creatore del sito al dott. Luigi Corvaglia tra i fondatori del nostro Centro. Ora oltre D. Letizia, D. Fidone, e speriamo presto anche F. Massimo Nicosia e lo stesso Riccardo La Conca, rivolgo l’invito a partecipare con critiche, proposte e analisi tutto il mondo anarchico e libertarian, personalmente spero anche in una partecipazione di Pietro Adamo, Nico Berti e nell’aiuto di alcune grandi riviste del libertarismo Italiano. Ma soprattutto spero nella partecipazione di tutti coloro che si sentono libertari, i presupposti per iniziare ci sono già: Iniziamo.
venerdì 22 maggio 2009
Dichiarazione di separazione
Noi affermiamo il diritto di esistere, e ci battiamo per ciò. Non cerchiamo di rovesciare nulla. Non cerchiamo di controllare nulla. Semplicemente vogliamo essere lasciati soli. Vogliamo vivere in pace con i nostri amici e vicini di casa. Per molto, molto tempo ci hanno sostenuto ‘’parassiti politici’’ per la nostra libertà , ci hanno preso a colpi, abbiamo fatto quello che si poteva far per evitare lesioni e abbiamo lavorato con il sistema per ottenere dei risultati. Cambiamo tutto. Noi vi è alcun vantaggio nel stare con i politici. Indipendentemente dai partiti al potere, i loro governi continuano a limitare, frenare e punire gli amanti della libertà. Respingiamo tutti. Ritiriamoci da tutti loro. Ritiriamola nostra obbedienza e recuperiamo il diritto di sciopero. Stanno costruendo le gabbie per tutto ciò che è umano. In nome della protezione, siete degli intrusi in tutti gli ambiti della vita umana. Sostenete il controllo dei nostri beni e le nostre decisioni, dei nostri viaggi e anche della nostra identità . Siamo consapevoli di rivendicare la proprietà. Capite chiaramente: Noi respingiamo la vostra autorità e respingiamo la vostra legittimità . Non avete diritto di fare le cose che fate. Tu stato, hai una potenza massiccia, ma non hanno il diritto di imporre su di noi la legittimità . Vi abbandoniamo. Non vogliamo essere più cittadini vostri. I vostri sistemi sono intrinsecamente anti-umani. Non siamo solo giovani arrabbiati. Siamo padri e madri di famiglia, zie, zii e nonni; ci sono imprenditori e dipendenti; siamo meccanici, ingegneri e gli agricoltori. Siamo infermieri e contabili, studenti e dirigenti. Questo non è una dichiarazione di sdegno; si tratta di una sobria dichiarazione, non vogliamo accettare più la sofferenza che voi provocate alle nostre vite. Per decenni ci siamo seduti in silenzio, sperando che le cose sarebbero cambiate, abbiamo sofferto insieme con tutti gli altri. Ma dopo aver raggiunto i limiti ancora e ancora, rinunciamo alla vostra politica. Noi cerchiamo nulla da voi. Noi vogliamo che le regole e il controllo non siamo imposte. Tutti noi desideriamo di vivere in pace sulla terra. Come sempre, ci saranno vicini, conoscenti, generosi. Ci saranno onesti e affidabili partner commerciali dipendenti. Noi respingiamo l'idea che gli altri hanno il diritto alla nostra vita e alla nostra proprietà. Vi auguriamo pace.
mercoledì 20 maggio 2009
Convegno di Studi: ARCHE' E ANARCHE'
CONVEGNO di STUDI, 29-30 MAGGIO 2009
ROMA-ALATRI
ARCHE' E ANARCHE'
con il patrocinio del Dipartimento di Studi politici
TUTTO IL PROGRAMMA: http://www.filosofiapolitica.net/public/convegni/Arch%C3%A8_Anarch%C3%A8.pdf
martedì 19 maggio 2009
Tasse, tasse.. Da quanto lo diciamo che son un problema?
Secondo i dati contenuti nel dossier di quasi 500 pagine pubblicato dall'Ocse, a pesare negativamente sulle buste paga degli italiani è anche il cuneo fiscale, che calcola la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto effettivamente finisce in tasca al lavoratore. Il peso di tasse e contributi, sempre per un lavoratore dal salario medio, single e senza carichi di famiglia, è del 46,5%. In questa classifica l'Italia risulta infatti al sesto posto fra i trenta Paesi Ocse. Più leggero è il drenaggio di imposte e versamenti contributivi se si esamina il caso di un lavoratore, sempre con un salario medio, ma sposato e con due figli a carico. In questo caso il cuneo e al 36% e l'Italia scivola qualche posizione sotto, collocandosi all'undicesimo posto nell'Ocse (partendo sempre dai Paesi dove massimo è il peso fiscale sulle buste paga). La crisi economica, insomma, tocca tutti, ma gli italiani sembrano svantaggiati già in partenza, vista la differenza salariale rispetto ai lavoratori di altri Paesi. Tornando alla classifica sui salari, infatti, un italiano in un anno guadagna mediamente il 44% in meno di un inglese, il 32% in meno di un irlandese, il 28% in meno di un tedesco, il 18% in meno di un francese.
Ci risiamo, tasse = decrescita, da quanto lo diciamo?
Ora anche l'Ocse molto moderatamente ma comunque lancia l'allarme: In Italia paghiamo troppe e inutile tasse, basta con lo statalismo, ora che ne dite? Gli italiani incassano ogni anno uno stipendio che è tra i più bassi tra i Paesi Ocse. Con un salario netto di 21.374 dollari, l'Italia si colloca infatti al 23esimo posto della classifica dei 30 paesi dell'organizzazione di Parigi. È quanto risulta dal rapporto Ocse sulla tassazione dei salari, aggiornato al 2008 e appena pubblicato. La classifica riguarda il salario netto annuale di un lavoratore senza carichi di famiglia. È calcolato in dollari a parità di potere d'acquisto.
Soluzione?
No stato, No tasse!